Mahbubani, K. Occidente e Oriente chi perde e chi vince, 2019

Occidente e Oriente chi perde e chi vince / Kishore Mahbubani ; introduzione di Enrico Letta. – Milano : EGEA ; Bocconi, 2019. – XI, 131 p. ; 20 cm. – (Itinerari).) – [ISBN] 978-88-8350-292-7.. EAN: 9788883502927
https://it.wikipedia.org/wiki/Kishore_Mahbubani

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Il record contiene
Presentazione dell’editore
Sommario
Introduzione di Enrico Letta
Paragrafo: Hybris occidentale
Paragrafo: Errori strategici: Islam, Russia e le interferenze negli affari mondiali

presentazione dell’editore

Lo status plurisecolare dell’Occidente come centro della ricchezza e del potere globale sta volgendo al termine. Di fronte all’ascesa di nuove potenze come la Cina e l’India nell’ordine gerarchico mondiale, in che modo dovrebbero reagire i Paesi occidentali?
Kishore Mahbubani sostiene in maniera appassionata e provocatoria che l’Occidente non può più imporre il proprio potere e i propri ideali al Resto del Mondo; è solo prendendo coscienza del proprio declino che i Paesi occidentali possono prepararsi per un successo strategico a lungo termine.

Kishore Mahbubani – Wikipedia

Sommario

  • Svegliati Occidente! Introduzione all’edizione italiana, di Enrico Letta
  • Un nuovo ordine
  • Il dono dell’Occidente
  • Guerre occidentali suicide
  • Cecità delle élite occidentali
  • L’esplosione globale dei viaggi
  • Perché l’Occidente non si è accorto di nulla?
  • Hybris occidentale
  • Errori strategici: Islam, Russia e le interferenze negli affari mondiali
  • Una nuova strategia: minimalista, multilaterale e machiavellica
  • L’Occidente con il pilota automatico: le sfide diverse di Europa e Stati Uniti
  • Un mondo più pericoloso
  • Un mondo migliore, per americani ed europei
  • Insomma, l’Occidente ha perso?

Introduzione di Enrico Letta

Svegliati Occidente!
Introduzione all’edizione italiana
di Enrico Letta
*
Gli studenti ascoltano la lezione di Kishore Mahbubani. Lo fanno all’inizio col rispetto dovuto alla sua fama di diplomatico e di accademico che da Singapore ha saputo conquistarsi un consolidato riconoscimento globale. Poi il rispetto iniziale si tramuta in intenso interesse per quel che sta dicendo sulla crisi dell’Occidente vista da una prospettiva asiatica. Quando arriva alla sua tesi dell’Europa delle tre P, pace, prosperità e pessimismo, contemporanee e contraddittorie, il silenzio in aula è totale e la curiosità diventa voglia di non perdersi nemmeno una parola del suo ragionamento. L’Europa, spiega, riesce a vivere insieme tre sentimenti che sono palesemente contraddittori tra di loro. La prosperità, l’essere in pace e il pessimismo sono i caratteri con i quali si può infatti ben raccontare l’Europa di oggi. Mai come adesso la prosperità è stata, in Europa, così alta e così diffusa. Mai come adesso, in Europa, vi è stata tanta pace. E allo stesso tempo mai come adesso, in Europa, vi è stato un sentimento così diffuso, profondo e cupo di pessimismo per il futuro. Il fatto che tutte e tre queste dinamiche abbiano le loro punte di sviluppo più avanzate in questo tempo di cambiamenti così impetuosi rende la contemporaneità delle tre particolarmente inquietante. Possiamo forse dire, chiosa uno studente interpretando quel che tutti in aula stiamo pensando, che questa miscela di sentimenti così contraddittori è probabilmente la base della nascita dei cosiddetti populismi per come li abbiamo visti svilupparsi in Europa e negli Stati Uniti in questo ultimo sconvolgente triennio. Mahbubani completa il suo ragionamento davanti alla classe, con una forte incitazione agli occidentali a rendersi conto di queste contraddizioni e a capire quanto ci sia invece bisogno, nel mondo complesso di oggi, di un protagonismo positivo dei valori migliori che il mondo occidentale ha saputo sviluppare. Insomma, uno «svegliati Occidente!» forte ed efficace, espresso da una personalità poliedrica e intellettualmente affascinante.
Il grado di interesse degli studenti è sempre il miglior termometro per valutare l’efficacia dei ragionamenti, la qualità delle idee che vengono loro proposte da chi si alterna alla cattedra. Con Mahbubani in classe l’interesse è sempre al massimo. Son sempre rimasto colpito, nelle diverse occasioni in cui ho avuto modo di verificare l’efficacia del suo sviluppare ragionamenti complessi in maniera semplice e accattivante, di come riesca ogni volta a essere unico e originale nelle sue riflessioni, in particolare in quelle che toccano i problemi che attanagliano l’Occidente di oggi. Il suo punto di vista, che si tratti di lezioni universitarie, di conferenze, di articoli o – come in questo caso – di libri, riesce sempre a catturare l’attenzione, soprattutto di noi occidentali, oggetto preferito delle sue analisi. Il suo metodo argomentativo unisce, in ogni circostanza, il rigore dei fatti e l’originalità delle immagini, per un risultato finale che stupisce sempre e non lascia mai indifferenti.
Ho avuto l’occasione in tante diverse situazioni di ascoltare e di dibattere le tesi di Kishore Mahbubani. Ho sempre imparato qualcosa, non son mai rimasto uguale a prima, ho spesso condiviso, alle volte ho discusso le sue conclusioni, non son mai rimasto indifferente.
Questo libro è uno dei più interessanti che Mahbubani abbia scritto ed è una fortuna che il pubblico italiano possa averlo a disposizione. Son sicuro che esso aiuterà a comprendere meglio i profili della crisi che sta attanagliando quel che un tempo è stato chiamato Occidente. E penso che sull’Europa e sull’Occidente il punto di vista, competente e profondo, di un non occidentale, un asiatico, addirittura uno che si definisce orgogliosamente asiatico, sia davvero un valore aggiunto eccezionale per chi voglia cercare di capire meglio e trovare soluzioni. In fondo, sono anni che la politica mondiale ruota attorno agli stravolgimenti politici che i principali Paesi occidentali stanno vivendo al loro interno. Ha iniziato la terribile sequenza Brexit – Trump alla quale hanno fatto seguito i terremoti che hanno scosso quasi tutto il continente europeo. L’Italia non solo non ha fatto eccezione, ma, come spesso capita al nostro Paese, ha amplificato l’eco degli sconvolgimenti generali e aggiunto ulteriori capitoli e nuove forme ai modi con i quali si sono evoluti l’avvitamento dell’Occidente, la crisi dei suoi valori e la nascita dei nuovi muri che stanno caratterizzando questo tempo di paure. Si tratta di fenomeni che sconvolgono l’Occidente ma ai quali anche le altre parti del mondo non sono estranee, potrebbe contro argomentare qualcuno. Si potrebbe far riferimento all’impatto delle nuove tecnologie, al fatto che esse abbattono le intermediazioni, i filtri e i corpi intermedi che hanno costruito la tradizionale solidità dei nostri sistemi democratici. E una parte di verità in questo c’è senz’altro. Ma il fatto stesso che questi cambiamenti tecnologici portino a risultati così diversi tra l’Occidente e molti Paesi asiatici avvalora ulteriormente, per esempio, la tesi che proprio nel nostro campo siano in azione dei virus tremendamente efficaci, che da noi attecchiscono appunto per il misto di paure e pessimismo che stanno alla base del nostro modo di vivere la modernità.
E proprio perché parte dei problemi dell’Occidente è causata dalla crescita impetuosa dell’Asia, uno sguardo asiatico, come quello che ci offre Kishore Mahbubani, è particolarmente utile e interessante. Se poi questo sguardo è quello di chi, tra le tante cose, ha, prima, operato per anni a New York nell’ambito delle Nazioni Unite e, poi, fondato e gestito a Singapore una delle migliori scuole universitarie di Affari Pubblici a livello globale, si capisce perché la lettura di queste pagine sia un obbligo per chi si preoccupa dei mali dell’Occidente ed è impegnato a ragionare sulle necessarie evoluzioni.

Paragrafo Hybris occidentale

Il momento di massima presunzione occidentale coincide con la riaccensione dei motori del Resto del Mondo, in particolare in Cina e in India. Aveva cominciato la Cina con la mossa mozzafiato di Deng Xiaoping che nel 1978 aveva lanciato le Quattro Modernizzazioni. Ma i fatti di Tienanmen nel 1989 avevano rinforzato la cecità dell’Occidente, confermando nei suoi governanti la convinzione di essere i soli ad aver trovato la formula magica della crescita economica e della stabilità politica. Analogamente, quando, nel 1990-1991, importanti personalità indiane come Manmohan Singh e Montek Singh Ahluwalia si sono recate con le loro ciotole delle elemosine al Fondo Monetario Internazionale allo scopo di ottenere l’assistenza occidentale per risolvere una grave contrazione finanziaria nel loro Paese, il predominio occidentale è sembrato ovvio.

Un altro evento che, in quel torno di tempo, ha impedito all’Occidente di cambiare strada è stata la crisi finanziaria asiatica del 1997-1998. Verso la metà degli anni Novanta, qualcuno in Occidente aveva cominciato a notare che era in corso un’importante rinascita economica asiatica. Crebbe il desiderio di fare affari con l’Asia. Lo sperimentai di prima mano quando visitai diverse capitali europee per promuovere l’idea di Singapore per un primo incontro tra capi di governo asiatici ed europei (ASEM, Asia-Europe Meeting). Il primo summit fu tenuto con grande risonanza a Bangkok l’1-2 marzo 1996. Tuttavia, un anno più tardi, quando una lunga serie di economie – tra le altre, Indonesia, Malaysia, Thailandia e Corea del Sud – fu colpita dalla cosiddetta crisi finanziaria asiatica, l’Europa perse nuovamente interesse per l’Asia. La condiscendenza occidentale ricomparve, se possibile ancora più marcata.

In breve, i due critici decenni caratterizzati dal ritorno della Cina e dell’India, gli anni Novanta e la prima decade del terzo millennio, coincisero con un periodo di massima insularità e autocompiacimento dell’Occidente. I suoi leader non si accorsero – o ignorarono – alcune significative pietre miliari. Nel 2014, se misuriamo il PIL in termini di parità del potere di acquisto (PPP), l’India ha sorpassato il Giappone per diventare la terza più grande economia del mondo. La Cina ha compiuto progressi ancora più impressionanti. Nel 2000, il PIL degli Stati Uniti in termini nominali era nove volte più grande di quello della Cina. Nel 2010, a causa della rapida crescita cinese per tutto il decennio intercorso, il PIL degli USA era ormai soltanto 2,5 volte quello della Cina 1 . Ma in termini di PPP, nel 2014, la Cina è emersa addirittura come la più grande economia del mondo, pur essendo stata, nel 1980, un decimo dell’economia americana 2 .

Note

1 Fonte: World Bank Database (giugno 2017).
2 Fonte: IMF World Economic Outlook (aprile 2017).

Paragrafo Errori strategici: Islam, Russia e le interferenze negli affari mondiali

Se i governi occidentali avessero preso atto di questa grande rinascita, si sarebbero concentrati sui veri problemi che agitavano le loro società. Invece, accecati dalla loro hybris, hanno commesso una serie di errori strategici, intervenendo nei Paesi islamici, sottovalutando l’Islam come religione e non riuscendo ad affrontare il problema alle radici quando si è arrivati al terrorismo. L’intervento più incauto è stato invadere l’Iraq nel marzo 2003. In teoria, la guerra in Iraq è avvenuta in seguito all’11 settembre. In pratica, è stata solo una dimostrazione dell’arroganza e dell’incompetenza strategica occidentale, e in particolare statunitense. Dire che questa guerra è stata un atto di enorme stupidità è un understatement . È stata un atto di follia sotto diversi punti di vista. Gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq per vendicare l’attacco compiuto da un militante islamista, Osama bin Laden. Eppure, così facendo, abbattevano un forte leader laico che si era opposto a Osama bin Laden: Saddam Hussein. Gli Stati Uniti hanno anche dichiarato di essere preoccupati dalla potenza iraniana. Distruggendo Saddam e i Talebani, gli Stati Uniti hanno dato un grande aiuto alla potenza iraniana. George W. Bush ha sostenuto che l’invasione dell’Iraq aveva lo scopo di creare in quel Paese una democrazia forte e stabile. Invece, con l’assistenza di esperti che si sono formati nelle migliori università del mondo, ha creato un colossale pasticcio. L’Iraq è oggi diventato l’esempio da manuale di come non si invade un Paese. Lee Kuan Yew, padre fondatore e primo ministro di Singapore, amico degli Stati Uniti, ha notato sarcasticamente che persino i giapponesi hanno saputo fare di meglio nella Seconda Guerra Mondiale.

L’intervento in Iraq è stato un disastro. La cosa peggiore è che ha rafforzato in 1,5 miliardi di musulmani la convinzione che la perdita di vite musulmane non conta niente per l’Occidente. Una bella domanda alla quale potranno rispondere gli storici del futuro è se l’ondata di azioni terroristiche di matrice islamica nelle capitali occidentali è stata una conseguenza indiretta di questa campagna insensata di bombardamenti delle società islamiche.

In tutti i suoi rapporti con il mondo islamico, l’Occidente commette un errore fondamentale: sottovaluta la religione dell’Islam. Gli analisti occidentali studiano il mondo islamico e vedono una serie di società deboli. Il mondo islamico viene associato a Stati falliti come l’Afghanistan e la Somalia, o a Stati «spezzati», come Iraq e Siria. Eppure, anche se molte società islamiche sono in difficoltà, l’Islam in sé non ha fatto che crescere e rafforzarsi. In effetti, anzi, l’Islam potrebbe essere la religione più dinamica e vibrante della Terra. Secondo il Pew Research Center,  tra il 2015 e il 2060 [la popolazione musulmana] crescerà a una velocità più che doppia rispetto alla popolazione mondiale complessiva e, nella seconda metà di questo secolo, sorpasserà il Cristianesimo come il più grande gruppo religioso del mondo. Mentre le proiezioni della popolazione mondiale indicano una crescita del 32 per cento nel prossimo decennio, si prevede che il numero dei musulmani aumenterà del 70 per cento – da 1,8 miliardi nel 2015 a quasi 3 miliardi nel 2060. Nel 2015, i musulmani costituivano il 24,1 per cento della popolazione globale. Quarantacinque anni più tardi, si prevede che più di tre persone su dieci nel mondo saranno musulmane (31,1 per cento) 1 .

Non si tratta soltanto di un aumento numerico. I musulmani stanno diventando più religiosi. La mente occidentale, amando estrapolare le proprie idee per generalizzarle alla condizione umana, presume che la modernizzazione e lo sviluppo economico conducano a una minore religiosità e a un più diffuso atteggiamento laico in qualsiasi società. Nel mondo islamico, sta accadendo il contrario: lo sviluppo economico e il più alto livello di istruzione stanno portando a una maggiore religiosità. Un numero maggiore di donne porta l’ hijab , anche in regioni del mondo in cui nei secoli è stato raramente indossato come nell’Asia centrale e nell’Asia sudorientale. E, mentre il mondo islamico diventa più istruito e più religioso, non dimentica il rapporto millenario con società occidentali più forti e militarmente superiori. Molti giovani musulmani risentono della debolezza delle società islamiche di fronte all’Occidente. Molti di loro, perciò, sono sedotti dalla retorica violenta dei religiosi islamici che sottolineano l’indifferenza dell’Occidente per la perdita di vite musulmane. I giovani che hanno compiuto gli attacchi terroristici del 3 giugno 2017 a Londra erano influenzati dal predicatore islamista Musa Jibril, che aveva tweettato: «Nessun intervento in Siria per oltre 2 anni xché quelli che venivano uccisi erano musulmani! Eppure la Francia è intervenuta prontamente a massacrare i musulmani del Mali!» 2 .

È un punto delicato, da affrontare con la massima sensibilità. Andando a caccia di una serie di individui che sono stati infiammati dalla retorica islamista, l’Occidente persegue una strategia vana, come troncare la cima dell’iceberg per salvare il Titanic . Finché non si affronta l’iceberg, il problema non sarà mai risolto. L’Occidente dovrebbe impegnarsi in una profonda riflessione sul suo comportamento nei confronti del mondo islamico negli ultimi due secoli. Il ricordo di questo fatto storico continuerà ad avvelenare le relazioni tra Islam e Occidente nei due secoli a venire.

Il secondo importante errore strategico dell’Occidente è stato mortificare ulteriormente la già umiliata Russia. Lo scioglimento unilaterale dell’impero sovietico da parte di Gorbachev è stato un inimmaginabile regalo geopolitico all’Occidente, e in particolare agli Stati Uniti. La Russia che restava era un’ombra dell’impero sovietico. Dopo aver vinto la Guerra Fredda senza sparare un colpo, sarebbe stato saggio per l’Occidente ascoltare il consiglio di Churchill: «Nella vittoria, magnanimità». Invece, l’Occidente ha fatto l’esatto contrario. Nonostante l’implicita assicurazione data a Gorbachev e ai leader sovietici nel 1990 3 , l’Occidente ha esteso la NATO ai Paesi già membri del precedente Patto di Varsavia: Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia. Thomas Friedman aveva pienamente ragione quando ha scritto:

Mi sono battuto contro l’espansione della NATO fino ai confini della Russia dopo la Guerra Fredda, quando la Russia era in assoluto la più democratica e la meno minacciosa di sempre. Resta una delle cose più stupide che abbiamo mai fatto e, ovviamente, ha gettato le basi per l’ascesa di Putin 4 .

L’umiliazione della Russia ha condotto a un inevitabile contraccolpo. Il popolo russo ha eletto un uomo forte, Vladimir Putin, perché difenda fortemente gli interessi nazionali russi.

Putin è stato eletto presidente nel 2000 e rieletto nel 2012, e ha anche ricoperto la carica di primo ministro dal 1999 al 2000 e dal 2008 al 2012. Eppure, persino mentre Putin era in carica, negli anni Duemila, l’Occidente ha minacciato di allargare la NATO all’Ucraina, nonostante eminenti statisti americani come Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski mettessero in guardia contro questa mossa. Parlando dell’Ucraina, Kissinger ha detto: «Non credo sia una legge di natura che ogni Stato debba avere il diritto di essere un alleato nel quadro della NATO» 5 . Brzezinski ha dichiarato: «Alla Russia si dovrebbe garantire credibilmente che l’Ucraina non diventerà un membro della NATO» 6 . Questi avvertimenti sono stati ignorati. Gli Stati Uniti hanno appoggiato le manifestazioni contro il presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich quando il suo regime è stato abbattuto nel 2014. Putin sapeva che il governo seguente avrebbe potuto portare l’Ucraina nella NATO. Il risultato prevedibile era che la Crimea, già appartenuta alla Russia dal 1783 al 1954, sarebbe stata usata dalla NATO contro la Russia. Putin ha sentito che non aveva altra scelta che riprendersi la Crimea. Persino Gorbachev lo ha appoggiato 7 .

L’episodio della Crimea ha mostrato che c’è un limite all’umiliazione che una nazione può subire. Era inevitabile che il popolo russo dicesse: quando è troppo è troppo. L’elezione di Putin ha rispecchiato la volontà popolare. Il popolo ha voluto un uomo forte capace di «mettere un dito nell’occhio» dell’Occidente. È quello che Putin ha fatto invadendo la Crimea e sostenendo Assad in Siria. Non ci sono santi nei giochi geopolitici. C’è solo la legge del taglione. Se l’Occidente avesse mostrato rispetto per la Russia, invece di umiliarla, non ci sarebbe stato un Putin. Nell’estate 2017, Putin è stato attaccato dai media americani per aver interferito nelle elezioni statunitensi. Una simile interferenza è chiaramente sbagliata. Tuttavia, in questo dibattito del 2017, nessun leader americano si è posto la domanda: ma gli Stati Uniti non si sono mai resi colpevoli di interferenze nelle elezioni di altri Paesi? Dov Levin dell’Institute of Politics and Strategy alla Carnegie Mellon University ha compilato un database che documenta più di 80 casi tra il 1946 e il 2000 8 . Non ci sono santi neppure in Occidente, anche se continuano regolarmente a correre il rischio di credersi tali.

E questo vale anche per il terzo errore dell’Occidente: l’intervento sconsiderato negli affari interni di diversi Paesi. Non è una coincidenza che la fine della Guerra Fredda sia stata seguita da un proliferare di rivoluzioni cosiddette «colorate». Un elenco parziale include: Iugoslavia nel 2000 (dei Bulldozer), Georgia nel 2003 (delle Rose), Ucraina nel 2005 (Arancione), Iraq nel 2005 (Porpora), Kirghizistan nel 2005 (dei Tulipani), Tunisia nel 2010 (dei Gelsomini), Egitto in 2011 (del Loto). Molte di queste rivoluzioni colorate erano state generate internamente. Tuttavia, quando sono emerse, l’Occidente si è precipitato a sostenerle poiché nelle menti dei responsabili politici occidentali, specialmente statunitensi, l’esportazione della democrazia era qualcosa di buono in sé. Così, hanno creduto di porsi all’altezza dei più elevati principi morali della civiltà occidentale.

Pochi nel Resto del Mondo sono convinti che il correre in soccorso della democrazia all’estero, dopo la Guerra Fredda, nasca da un impulso morale. Al contrario, questo comportamento è piuttosto percepito come un ultimo, vano tentativo di continuare con altri mezzi i due secoli di dominazione occidentale della storia del mondo. Non sfugge che la cinica promozione della democrazia ha luogo in Paesi poco docili come l’Iraq e la Siria, e non in Paesi amici come l’Arabia Saudita. Ma il disastro maggiore avviene quando, fallito l’intervento, come in Iraq o in Libia, l’Occidente molla tutto e se ne va, senza assumersi alcuna responsabilità per le conseguenze negative che ha provocato. Una verità penosa ma innegabile è che questo incauto tentativo di «esportare la democrazia» ha aumentato, invece di diminuire, le sofferenze umane in molti Paesi.

Negli ultimi tre decenni, l’Occidente ha perso l’orientamento e si è allontanato significativamente dalla sua strada. Deve cambiare direzione. Ma prima di formulare una nuova strategia, deve accettare il cambiamento di mentalità delle popolazioni non occidentali. Il Resto del Mondo non sopporterà lo stesso grado di interventismo occidentale che ha accettato in passato. Finché non comprenderà questo punto, l’Occidente non capirà la ragione per cui gli occorre una nuova strategia per continuare ad avere successo.

Un importante evento recente illustra come l’ignoranza della storia sia causa di incomprensione tra l’Occidente e il Resto del Mondo. Quando è avvenuto l’11 settembre, la maggior parte degli americani si è sentita vittima innocente di un attacco non provocato. I più attenti osservatori internazionali vi hanno visto una reazione alle umiliazioni inflitte per secoli al mondo islamico. Non sono solo i musulmani a crederlo. Uno dei massimi romanzieri latinoamericani, Gabriel García Márquez, ha chiesto al presidente americano di allora:

Come ti senti adesso che l’orrore sta scoppiando nel tuo cortile, e non nel soggiorno del tuo vicino? […] Lo sai che tra il 1824 e il 1994 il tuo Paese ha compiuto 73 invasioni in Paesi dell’America latina? […] Per quasi un secolo il tuo Paese è stato in guerra con il mondo intero. […] Come ci si sente, Yankee, a scoprire che l’11 settembre la lunga guerra alla fine è arrivata a casa tua 9 ?

L’Occidente deve riconoscere che l’umanità è una sola. Sette miliardi di persone vivono in 193 cabine separate della stessa barca. Il grande problema è che, mentre abbiamo capitani o personale di bordo che si occupano di ogni cabina, non abbiamo capitano o equipaggio che si assuma la responsabilità dell’intera barca. Possiamo e dovremmo rafforzare le istituzioni della governance globale, come l’ONU, il FMI, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità affinché si prendano cura delle comuni sfide globali 10 .

Non giova che gli Stati Uniti siano guidati da un presidente che rifiuta di riconoscere la nostra comune appartenenza a un’unica tribù umana che vive su un fragile, piccolo pianeta, il solo luogo abitabile nell’universo conosciuto. Se mandiamo in malora il pianeta che abbiamo, non esiste un pianeta B dove andare. Fortunatamente, la diffusione del ragionamento logico moderno da parte dell’Occidente ha reso il Resto del Mondo più razionale e responsabile.

Anche se Donald Trump, il leader della società più istruita della Terra, sta adottando decisioni poco sagge sul cambiamento climatico ed è in procinto di lanciare una nuova corsa agli armamenti nucleari, questo genere di ignoranza alla fine dovrà piegarsi a una comunità umana più ampia e meglio informata, che si ribellerà contro un modo di pensare tanto sbagliato. L’Occidente ha fatto un favore al mondo condividendo con il Resto del Mondo la sua cultura raziocinante. Ora il Resto del Mondo, dopo avere avuto lo stesso accesso alle migliori fonti di informazione, sarà in grado di educare l’Occidente alle virtù della cooperazione per proteggere e preservare il pianeta Terra. Proprio mentre Donald Trump ritirava l’America dalla battaglia contro il cambiamento climatico, i due Paesi più popolosi, Cina e India, invece di limitarsi ad accusare l’Occidente di aver causato la crisi climatica (il che è tecnicamente corretto), sono andati avanti. E – guarda un po’, l’avreste detto? – le popolazioni cinesi e indiane sostengono i loro governi. Con un maggiore accesso all’informazione, ora sanno che, se il cambiamento climatico si aggrava, ne soffriranno. Non era affatto scontato che Cina e India avrebbero continuato a mostrarsi ragionevoli sul cambiamento climatico dopo che Trump ha reso l’America irragionevole. Il fatto che non si siano lasciate contagiare merita di essere celebrato.

Note

1 Michael Lipka e Conrad Hackett, «Why Muslims are the world’s fastest-growing religious group», Fact Tank , 6 aprile 2017, http://www.pewresearch.org/fact-tank/2017/04/06/why-muslims-are-the-worlds-fastest-growing-religious-group/ .

2 Ahmad Jibril, Twitter, 13 gennaio 2013, https://twitter.com/ahmadmusajibril/status/290455071479705601 .

3 Angus Roxburgh, lettera, «Nato is misquoting Mikhail Gorbachev», The Guardian , 8 marzo 2015, https://www.theguardian.com/world/2015/mar/08/nato-is-misquoting-mikhail-gorbachev .

4 Thomas L. Friedman, «Why Putin doesn’t respect us», The New York Times , 4 marzo 2014, https://www.nytimes.com/2014/03/05/opinion/friedman-why-putin-doesnt-respect-us.html?_r=0 .

5 Juliane von Mittelstaedt e Erich Follath, «Interview with Henry Kissinger: ‘Do we achieve world order through chaos or insight?’», Der Spiegel , 13 novembre 2014, http://www.spiegel.de/international/world/interview-with-henry-kissinger-on-state-of-global-politics-a-1002073.html .

6 Sebastian Fischer e Holger Stark, «Brzezinski on Russia: ‘We are already in a Cold War’», Der Spiegel , 2 luglio 2015, http://www.spiegel.de/international/world/interview-with-zbigniew-brzezinski-on-russia-and-ukraine-a-1041795.html .

7 «Mikhail Gorbachev hails Crimea result as ‘happy event’», NBC News , 18 marzo 2014, https://www.nbcnews.com/storyline/ukraine-crisis/mikhail-gorbachev-hails-crimea-result-happy-event-n55416 .

8 «Database tracks history of U.S. meddling in foreign elections», NPR , 22 dicembre 2016, http://www.npr.org/2016/12/22/506625913/database-tracks-history-of-u-s-meddling-in-foreign-elections .

9 Kishore Mahbubani, Beyond the Age of Innocence: Rebuilding Trust between America and the World , New York, Public Affairs, 2005, p. 144.

10 Kishore Mahbubani, The Great Convergence: Asia, the West, and the Logic of One World , New York, Public Affairs, 2013, pp. 3-4.


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