Mini, F. L’Europa in guerra, 2023

L’Europa in guerra / Fabio Mini. – Roma : Il Fatto, 2023. – 203 p. : ill. ; 22 cm. – (PF : Paper first).) – [ISBN] 978-88-314-3191-0.

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Il report contiene

Indice
Abstract
Premessa
Intervista di G. Monestarolo al generale Fabio Mini

Indice

• Premessa
• Il software della guerra: le dottrine dalla potenza alla pazzia
• Investire nella guerra
• La guerra in Ucraina
• L’interesse nazionale
• Il cambio di paradigma strategico
• Cosa dicono i numeri
• Le aree critiche
• Conclusioni
• Tavole

Abstract

La guerra in Ucraina è il risultato della difesa di un Paese membro delle Nazioni Unite dall’attacco della Russia. Poteva essere evitata, ma non l’ha voluto nessuno. Anzi, la patente di giustizia e legittimità è servita a inasprire il conflitto e ad allargarlo. Proprio la legittimità è un dogma dell’Occidente, che rappresenta un quarto delle terre emerse e un settimo della popolazione mondiale. Che produce il 50% del Pil globale e consuma parte di quello del resto del mondo. Gli Usa cercano di limitare lo sviluppo economico dell’Occidente europeo, negando qualsiasi strumento militare indipendente. E, fortunatamente per gli States, l’Europa è gestita da organi burocratici che ne riconoscono l’egemonia. Gli Stati Uniti esercitano quindi la supremazia globale e si oppongono alla Cina e alla Russia. E il vero ostacolo è rappresentato dalla potenza nucleare di Mosca, e non da quella commerciale della Cina. L’Ucraina è quindi uno dei passi statunitensi verso la sistemazione definitiva di una vecchia faccenda: il depotenziamento militare della Russia e quello economico dell’Europa. Ed è l’anticipazione del contrasto politico, economico e militare nei confronti della Cina. Tutto questo può giustificare un conflitto? Il pacifismo risponderebbe di no. La prassi politica risponderebbero di sì. Anzi, sono bastati eventi meno gravi per indurre l’Occidente a scendere in guerra: nei Balcani, in Iraq, in Siria, in Afghanistan, in Libia. È questa costante geopolitica e mentale a rivelare l’ennesimo e ipocrita segreto di Pulcinella: siamo in guerra.

Premessa

La guerra in Ucraina è stata la giusta difesa di un Paese membro delle Nazioni Unite dall’attacco alla sua sovranità da parte della Russia, suo confinante che l’ha invasa il 24 febbraio 2022. Questa è la patente di giustizia e legittimità esibita dall’Ucraina al Mondo all’atto dell’invasione. Una patente incontestabile se non fosse stata rilasciata dall’Occidente molto tempo prima dell’invasione, senza esami, quasi a volerla provocare. Una patente con validità retroattiva per tutte le infrazioni passate e a priori per quelle future. Una patente usata non per evitare il conflitto, ma per inasprirlo, allargarlo e prolungarlo. Una patente a prescindere da ciò che era accaduto pochi giorni prima, pochi mesi prima, pochi anni prima e diversi decenni prima. La guerra poteva essere evitata, ma non l’ha voluto nessuno. Ed è una guerra strana proprio per questa esistenza di un dopo senza che sia mai stato considerato un prima qualsiasi. La legittimità “a priori e a prescindere” è un dogma dell’Occidente. Ma chi è l’Occidente e su quali princìpi si basa la sua visione del mondo? È quella parte del mondo che rappresenta appena un quarto delle terre emerse e un settimo della popolazione mondiale. Quella che produce il cinquanta per cento del prodotto nazionale lordo ( pil ) globale (circa novantaquattro trilioni di dollari) e consuma gran parte di quello del resto del mondo. L’Occidente culturale si basa sui princìpi della civiltà classica ed europea, ma soprattutto sulla ricchezza materiale; sull’idea che esista una supremazia del denaro sullo spirito e che lo spirito stesso giudaico – cristiano sia superiore a qualsiasi altro: a priori e a prescindere. L’Occidente geopolitico comprende Stati Uniti, Canada, Unione Europea, altri Stati europei, Gran Bretagna, Israele, Giappone, Sud Corea e Australia.
L’Occidente che aderisce alle regole dettate dagli Stati Uniti e che dovrebbe salvare il cosiddetto “Ordine mondiale liberale” non si trova a suo agio nei fori internazionali come le Nazioni Unite, dove un filo di voce spetta a tutti gli Stati e non Stati esistenti. A causa dei veti incrociati riservati alle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, la voce è infatti l’unica facoltà riservata al resto del mondo. Non conta nulla, eppure gli Stati Uniti non la sopportano e da decenni tentano di trovare nuovi strumenti che non li mettano a confronto con le critiche di chi non la pensa al loro stesso modo formando “Gruppi” di consultazione e coordinamento. Nati ufficialmente per agevolare politiche finanziarie e monetarie, i vari “G” hanno esteso l’area d’interesse a quasi tutti i problemi mondiali e mascherano il vero sogno americano: essere il G1. Il G6, nato nel 1975 con Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Giappone, diventa G7 nel 1976 con l’ingresso del Canada. Diventa G8 nel 1994 con la Russia e torna G7 con l’esclusione di quest’ultima nel 2014. Il formato più ampio di tali gruppi è il G – 20 che comprende gli Stati del G7, quelli del brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), Unione Europea, Arabia Saudita, Australia, Argentina, Corea del Sud, Indonesia, Messico Turchia. Ma nel suo ambito più che la ricerca di cooperazione e stabilità vale la separazione tra chi sta da una parte e chi dall’altra e se questo comporta l’individuazione di avversari, tanto meglio: la potenza economica e militare serve a eliminarli. Periodicamente, in preda a frustrazioni da impotenza, vari politologi statunitensi propongono l’istituzionalizzazione di formati di Gruppi alternativi alle stesse Nazioni Unite. Nel 2018, nel timore che la presidenza Trump rinunciasse al ruolo di potenza egemonica proposero di formare un G9 (G7+ ue e Corea del Sud) nella considerazione che la potenza economica e militare di questi ultimi, unita alla loro accertata volontà di accettare le regole imposte dagli usa , riuscisse a salvare il loro Ordine mondiale 1 . Nel 2022 gli stessi autori, temendo che la coesione occidentale sulla questione Ucraina potesse venir meno, hanno proposto come “ultima speranza migliore” di mantenere il controllo globale un G12 (G9+ Australia, Nuova Zelanda e nato ) 2 . In pratica l’Occidente come Impero.

L’Occidente “decisionale” è formato dai governi dei singoli Stati e quindi espressione dei processi legislativi nazionali. Molti Stati europei hanno delegato all’Unione europea (ventisette Paesi membri) e alla Nato (trenta) l’amministrazione degli interessi comuni in materia politico – economica la prima e politico – militare la seconda. Entrambe hanno organizzazioni separate ma quasi speculari. Ciascuna di esse ha un Consiglio (Europeo e Atlantico rispettivamente) costituito dai capi di Stato dei Paesi membri e dai relativi vertici degli organi esecutivi (presidente della Commissione europea e segretario generale della nato). Ogni Paese membro accredita a ciascun Consiglio un proprio rappresentante permanente e per le questioni militari ciascuno di essi si avvale di un Comitato dei Capi di Stato maggiore della Difesa dei singoli membri diretti da un presidente e assistiti dai rispettivi staff. Per le questioni di politica estera e sicurezza militare l’Unione Europea ha creato una figura intermedia tra Consiglio e Commissione: l’alto rappresentante. L’Unione Europea ha anche un Parlamento eletto dai cittadini dei Paesi membri, la nato non ne ha bisogno e, visti gli scandali e la corruzione, forse nemmeno l’UE.

Questo Occidente europeo è cresciuto in capacità economica fino al punto da costituire una minaccia per quello atlantico e gli Stati Uniti da tempo cercano di limitarne o impedirne lo sviluppo in termini economici (con la dipendenza totale) e con la soggezione militare negando qualsiasi strumento militare indipendente. Fortunatamente, Fortunatamente, per gli Usa, l’Europa è in pratica gestita da organi burocratici largamente autoreferenziali che riconoscono l’egemonia politico – economica e militare degli Stati Uniti e ne costituiscono l’orbita. Con l’aggiunta delle alleanze extraeuropee, altrettanto burocratizzate, e i vari accordi bilaterali, gli Stati Uniti esercitano quindi la supremazia globale e si oppongono militarmente ed economicamente alla Cina e alla Russia (considerate erroneamente alleate). È un compito immane e dispendioso, ma è facilitato dal fatto di poter contare su burocrazie tecnicamente “irresponsabili” e con interessi corporativi in molti casi contrastanti con quelli europei e di altri alleati. I nemici vecchi e nuovi individuati nella Russia e nella Cina sono ben al di sotto della capacità globale degli
Usa. In campo economico hanno un complessivo di diciotto trilioni di cui 16,86 solo della Cina; in campo militare per i prossimi trent’anni possono solo creare fastidi comunque utili a giustificare la permanente corsa agli armamenti. Paradossalmente il vero ostacolo è rappresentato dalla potenza nucleare della Russia piuttosto che da quella commerciale della Cina. Il resto del mondo con orientamento incerto e con la maggioranza di popolazione e territori (America Latina, Africa e Asia) produce per trentuno trilioni ed è ininfluente nel bilancio di potere globale. L’Ucraina è quindi uno dei molti passi statunitensi verso la sistemazione definitiva di una vecchia faccenda: il depotenziamento militare della Russia e quello economico dell’Europa. Ed è l’anticipazione del contrasto politico, economico e militare di una relativamente nuova: la Cina. Le legittimazioni “a priori e a prescindere” adottate nei confronti dell’Ucraina sono i presupposti per raggiungere il primo di tali obiettivi, ma possono giustificare una guerra? Il pacifismo idealista e onirico risponderebbe di no. La prassi politica e il rituale diplomatico risponderebbero invece di sì. Anzi, sono bastati eventi molto meno gravi di quelli accaduti in Ucraina dal 1997 in poi per indurre l’Occidente a scendere in guerra, nel passato remoto e in quello recente, come nei Balcani, in Iraq, in Siria, in Afghanistan, in Libia e ovunque si siano affrontate le crisi con l’uso della forza militare. È questa costante geopolitica e mentale a rivelare l’ennesimo e ipocrita segreto di Pulcinella: siamo in guerra.
L’Europa tutta è in guerra. Il nostro piccolo continente peninsulare è spaccato dalla guerra ed essa è tornata in Europa perché noi europei e occidentali l’abbiamo fortemente voluta pensando di non doverla subire e facendola combattere soltanto all’Ucraina e alla Russia.
Abbiamo finto che le provocazioni non fossero parte della guerra, che la guerra dell’informazione, la censura di guerra, con la soppressione della libertà d’informazione fosse un gioco di parole, che i carri armati fossero un ricordo, che le armi nucleari non esistessero e che le sanzioni economiche fossero uno stimolo alla nostra crescita. E l’uomo europeo ora finge di meravigliarsi, rattristarsi e scandalizzarsi se le azioni e reazioni di guerra comportano il cinismo militare, il massacro dei civili, la distruzione delle case, la fuga delle popolazioni giovani e la fame di quelle anziane troppo vecchie e stanche per fuggire. Si consola, l’europeo, col canto delle sirene atlantiche che chiamano le stesse armi difensive se le usiamo noi e offensive se le usa l’avversario; che considerano i nostri atti di guerra come beneficenza e quelli avversari come delitti, i nostri sabotaggi come scelte ambientaliste e le risposte russe crimini di guerra. Mentre la stessa Europa, che se ne intende, avverte sibilando: «Questa è Guerra, scemo!»

Intervista all’autore

Giorgio Monestarolo intervista il gen. Fabio Mini
da Volerelaluna
L’Ucraina è in ginocchio e l’Europa alla canna del gas
pubblicato il 20 sett 2023 su
https://sinistrainrete.info/geopolitica/26375-fabio-mini-l-ucraina-e-in-ginocchio-e-l-europa-alla-canna-del-gas.html

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