Chris Hedges: Perché i nostri movimenti di massa popolari falliscono
Perché i nostri movimenti di massa popolari falliscono
di Chris Hedges – Scheerpost
Dal 2010 fino alla pandemia globale del 2020 ci sono stati dieci anni di rivolte popolari. Queste rivolte hanno scosso le fondamenta dell’ordine globale. Hanno denunciato la dominazione delle corporation, i tagli delle politiche di austerità e chiesto giustizia economica e diritti civili. Ci sono state proteste a livello nazionale negli Stati Uniti incentrate sugli accampamenti Occupy durate 59 giorni. Ci sono state sollevazioni popolari in Grecia, Spagna, Tunisia, Egitto, Bahrein, Yemen, Siria, Libia, Turchia, Brasile, Ucraina, Hong Kong, Cile, la Rivoluzione delle candele della Corea del Sud. Politici screditati furono cacciati dalle loro cariche in Grecia, Spagna, Ucraina, Corea del Sud, Egitto, Cile e Tunisia. Le riforme, o almeno la loro promessa, ha dominato il discorso pubblico. Sembrava annunciare una nuova era.
Poi la reazione negativa. Le aspirazioni dei movimenti popolari furono schiacciate. Il controllo statale e la disuguaglianza sociale si espansero. Non c’è stato alcun cambiamento significativo. Nella maggior parte dei casi le cose sono peggiorate. L’estrema destra è emersa trionfante.
Quello che è successo? In che modo un decennio di proteste di massa che sembravano annunciare l’apertura democratica, la fine della repressione statale, l’indebolimento del dominio delle multinazionali e delle istituzioni finanziarie e un’era di libertà si sono trasformati in un ignominioso fallimento? Che cosa è andato storto? Come hanno fatto gli odiati banchieri e politici a mantenere o riprendere il controllo? Quali sono gli strumenti efficaci per liberarci dal dominio aziendale?
Vincent Bevins nel suo nuovo libro “If We Burn: The Mass Protest Decade and the Missing Revolution” racconta come abbiamo fallito su diversi fronti.
Andrea Fumagalli, Paolo Maranzano, Roberto Romano: Nadef senza impatto sull’economia
Nadef senza impatto sull’economia
di Andrea Fumagalli, Paolo Maranzano, Roberto Romano
Dall’analisi della Nadef la prossima legge di bilancio “muoverà” 30 miliardi ma avrà un impatto di appena 0,2% del Pil. Perché? In osservanza ai precetti neoliberisti e in barba alla Costituzione il governo ha l’obiettivo solo di tagliare le tasse, mentre dovrebbe aiutare la transizione e aumentare la coesione sociale
Preambolo
Lo smarrimento, o la inedita consapevolezza, del governo circa i vincoli di bilancio sono il tratto distintivo della NADEF 2023 (aggiornamento al 27 settembre 2023). Tuttavia non possiamo nemmeno attribuire a questa compagine governativa tale smarrimento. Piuttosto è frutto di una storia economica, sociale e politica che ha rimosso i precetti costituzionali e il piano “normativo” ad essi sotteso. La finanza pubblica con il passare degli anni è passata da strumento di governo dei fenomeni economici a un esercizio ragionieristico che assicura l’indipendenza del mercato, così come i suoi meccanismi allocativi. Inoltre la discussione politica è (amaramente) piegata solo sulle tasse e le imposte, sempre “troppo alte”, che appesantiscono e che rallentano la cosiddetta “mano invisibile” del mercato.
Sostanzialmente è elusa la seconda parte dell’articolo 3 della Costituzione (“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”), così come l’articolo 53 (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”). Infatti la Costituzione affida alla Repubblica un compito preciso, cioè quello di “rimuovere gli ostacoli”, mentre l’articolo 53 lo declina in spesa pubblica che deve essere finanziata in base alla propria capacità contributiva. La spesa pubblica è lo strumento (normativo) di politica economica che, meglio della riduzione delle tasse, la Costituzione assegna alle istituzioni della Repubblica (il Parlamento e il governo nella fattispecie) per la rimozione dei vincoli economici, sociali e politici che impediscono a tutti i cittadini di diventare protagonisti dei grandi cambiamenti sociali.
Roberto Gilodi: Walter Benjamin tra salvezza e oblio
Walter Benjamin tra salvezza e oblio
di Roberto Gilodi
Chi sono i veri maestri e che cosa impariamo da loro? E noi come ci disponiamo dinanzi a colui che eleggiamo a nostro maestro? Il problema sotteso a queste domande può sembrare anacronistico nell’età dell’informazione globale disponibile in ogni momento e in ogni luogo. In realtà è tutt’altro che inattuale, anzi: la relazione maestro allievo è oggi più necessaria che mai perché restituisce al sapere la sua naturale fisiologia, che è fatta di tempi e di luoghi, di durata, di incertezza, di ostacoli, di sconfitte e successi, perfino di tratti fisiognomici, un impasto di situazioni, un’alternanza di stati emotivi, che toccano le esistenze degli allievi restituendo all’acquisizione del sapere quella dimensione umana che l’offerta infinita e gratuita della rete ha cancellato.
La collana ‘Eredi’ di Feltrinelli diretta da Massimo Recalcati promuove ormai da molti anni incontri con i maestri affidati alla memoria degli allievi. Allievi, non sempre per avere frequentato direttamente i maestri, anzi, spesso si tratta di relazioni lontane nel tempo, in cui non sono solo in gioco i contenuti insegnati ma anche, e forse soprattutto, gli stili di pensiero.
Osservando queste relazioni si sono potuti evidenziare i tragitti individuali di apprendimento e con essi la mutazione sostanziale del concetto di magistero nei diversi stadi della Modernità.
A fine Settecento, soprattutto in Germania, non era infrequente incontrare nei romanzi di formazione un Meister, un maestro che insegnava il mestiere ai suoi garzoni di bottega. ’Meister’ non a caso si chiama il protagonista di quello che a torto o a ragione è stato considerato il capostipite dei romanzi di formazione, Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister di Goethe.
Fabrizio Poggi: Ucraina, le ultime trovate antistoriche delle “democrazie liberali”
Ucraina, le ultime trovate antistoriche delle “democrazie liberali”
di Fabrizio Poggi
L’adesione ad alcuni valori oggi distintivi nelle “democrazie liberali”, sembra non mettere al riparo da figuracce meschine, ancorché rivelatrici del reale stato dei fatti. Al recente vertice sulla sicurezza, a Varsavia, la Ministra della difesa olandese, Kajsa Ollengren, coniugata con la produttrice televisiva Irene van den Brekel, ha spiattellato pubblicamente quale sia il reale atteggiamento di quelle stesse “democrazie” verso l’Ucraina golpista. È nell’interesse dei nostri paesi, ha detto Kajsa, «sostenere l’Ucraina. Questo perché sono essi a combattere in questa guerra e non noi. Credo anche che dobbiamo essere coinvolti nel dialogo coi nostri colleghi americani e amici. Perché anch’essi hanno lo stesso interesse. Perché il sostegno all’Ucraina è un sistema molto a buon prezzo di ottenere che la Russia cessi di essere una minaccia per gli alleati della NATO. È perciò necessario continuare il sostegno».
Convenite che non ci sia in fondo tanta differenza tra queste esternazioni e l’atteggiamento che hanno i nazigolpisti di Kiev nei confronti dei propri stessi cittadini, presi a bastonate nelle strade, arruolati nell’esercito, mandati al fronte e poi fucilati dai reparti punitivi di “Azov”, come avvenuto in questi giorni non lontano dal villaggio di Dronovka.
Piccole Note: Hamas – Israele. La guerra e i suoi tragici imprevisti
Hamas – Israele. La guerra e i suoi tragici imprevisti
di Piccole Note
Le scene strazianti degli israeliani uccisi nell’attacco di Hamas e le scene di violenza contro i civili innocenti che hanno inondato il mondo rendono arduo l’esercizio di informare con la necessaria lucidità. Quella lucidità più indispensabile che mai in un momento in cui tutto sembra precipitare nell’abisso di un conflitto che potrebbe inghiottire il mondo intero, dal momento che c’è chi spinge per allargare il fronte dello scontro, dall’Iran alla Russia (?), nulla importando del destino del popolo israeliano e del popolo palestinese, che questa prospettiva precipiterebbe in un baratro rispetto al quale l’orrore di questi giorni impallidirebbe.
Inutile sottolineare la drammaticità di quanto sta avvenendo: a oggi sono 700 le vittime israeliane e nel Paese imperversano ancora cellule di militanti di Hamas, mentre Tel Aviv bombarda Gaza, dove si contano oltre 560 morti, numeri destinati ad aumentare in maniera drammatica.
Israele si sta mobilitando per un intervento di terra, una prospettiva che prelude a una strage di palestinesi e presenta tante e tali variabili che il suo costo potrebbe risultare insopportabile per Tel Aviv.
Andrea Zhok: Un Nobel politico
Un Nobel politico
di Andrea Zhok
A scanso di equivoci, cerchiamo di dire le cose come stanno.
Il Nobel 2023 assegnato a Drew Weissman e Katalin Karikó è un Nobel politico. Questo non significa che i ricercatori in questione non meritino riconoscimenti o non siano bravissimi. Ovviamente lo scrivente non è in grado di fare valutazioni del genere.
A prescindere dai meriti dei soggetti premiati, ciò che definisce il manifesto carattere politico del premio è la sua tempistica.
La motivazione dell’Accademia svedese delle Scienze recita: «per le loro scoperte sulle modifiche alle basi azotate dei nucleosidi che hanno reso possibile lo sviluppo di vaccini a mRNA efficaci contro COVID-19». [Prize motivation: “for their discoveries concerning nucleoside base modifications that enabled the development of effective mRNA vaccines against COVID-19”] Si fa cioè esplicito riferimento all’efficacia di un vaccino che esiste dal 2021.
Giuseppe Masala: Europa tra feticcio del valore nominale della moneta e rischio di decadenza reale
Europa tra feticcio del valore nominale della moneta e rischio di decadenza reale
di Giuseppe Masala
Vi ricordate o avete sentito parlare della canzonetta “Se potessi avere mille lire al mese”? Mille lire, rappresentavano il non plus ultra per avere una vita agiata e senza soverchie preoccupazioni. Correva l’anno 1939 quando la cantò Gilberto Mazzi. All’alba dell’entrata dell’Italia nella moneta unica sapete cosa ci compravamo con 1000 lire? Ci compravamo appena un caffè al bar. Nulla di più. Eppure erano esattamente le stesse mille lire di cui cantava Gilberto Mazzi nel 1939: questo ovviamente dal punto di vista nominale perché chiaramente dal punto di vista reale qualcosa era cambiato. E precisamente a essere cambiato era il valore reale delle famose mille lire; valore reale chiaramente eroso da quel peculiare fenomeno noto come inflazione, ovvero l’aumento generale dei prezzi dei beni e dei servizi che erode appunto il valore della moneta. Nel corso dei decenni quelle mille lire si erano talmente depauperate fino al punto da non comprarci sostanzialmente più nulla (un caffè) nell’epoca in cui la lira stessa fu sostituita dall’Euro.
Lucilio Santoni: La lingua morta di Elly Schlein
La lingua morta di Elly Schlein
di Lucilio Santoni
Uno sport di moda nella politica italiana di sinistra, in queste ultime settimane, è sparare addosso a Elly Schlein incolpandola di parlare una lingua incomprensibile al popolo. La pistola più recente è quella di Adriano Sofri che, nell’articolo “La lingua di Elly Schlein” apparso qualche giorno fa su Il Foglio, la accusa di non saper parlare come mangia. Capacità che avrebbero, invece, operai e lavoratori: loro sì che parlano come mangiano! Ma Sofri, come dicevo, è solo l’ultimo di una lunga serie.
A me in generale non piacciono i luoghi comuni, i proverbi, le frasi fatte, poiché tendono a semplificare la realtà che, invece, come sappiamo, è complessa e articolata. Proverò quindi qui ad approfondire come mai la segretaria del PD ha difficoltà, secondo i suddetti intellettuali di sinistra, a farsi capire. Per farlo, innanzitutto, mi avvalgo di una bella poesia (datata anni ’70) dell’iraniano Ahmad Shāmlu:
Fabrizio Marchi: Il diritto di resistere
Il diritto di resistere
di Fabrizio Marchi
Voglio chiarire subito un punto fondamentale: la resistenza armata del popolo palestinese all’occupazione israeliana e al regime di apartheid a cui è sottoposto da settant’anni è un diritto legittimo sancito anche dall’ONU.
La resistenza palestinese ha dimostrato con l’azione di oggi una notevole vitalità e spregiudicatezza, riuscendo, sia pure con mezzi rudimentali (hanno utilizzato anche dei deltaplani per penetrare in territorio israeliano) a sorprendere le barriere difensive dell’esercito israeliano. E’ uno smacco pesante per Israele che, ovviamente, sta rispondendo con la solita inaudita sproporzione di forze e si fermerà solo quando avrà causato fra i palestinesi almeno venti volte il numero dei morti che ha subìto nell’attacco di questa mattina.
E’ molto probabile che questa azione delle milizie di Hamas (e, sembra, anche della Jihad palestinese, che è altro, è bene ricordarlo, dalla Jihad islamica presente in altri paesi mediorientali) abbia purtroppo provocato anche delle vittime civili fra gli israeliani, e di questo naturalmente ce ne duole.
Redazione Contropiano: “Soluzione finale” oppure…?
“Soluzione finale” oppure…?
di Redazione Contropiano
Siamo stati tutti risvegliati da un sonno tossico.
Perché solo in un universo drogato si può pensare che un intero popolo, come quello palestinese, massacrato per quasi 80 anni, ingannato con una lunga serie di “accordi di pace” mai tradotti in fatti, abbandonato e tradito spesso dai “fratelli”, rinchiuso in bantustan circondati da muri e filo spinato, usato come poligono di tiro per cecchini in addestramento o come laboratorio sperimentale per nuove armi super-tecnologiche, affamato scientificamente… possa accettare per sempre questa condizione inumana.
Tra le molte similitudini storiche fatte in queste ore (“11 settembre”, “guerra del Kippur”, ecc) stupisce che non sia venuta in mente a nessuno la battaglia disperata che più si avvicina al “Diluvio di Al Aqsa” per quanto riguarda la logica degli assediati e quella degli assedianti: l’insurrezione del ghetto di Varsavia, aprile-maggio del 1943.
Paolo Di Marco: La Yugoslavia ….e la nuova Europa dei fratelli Grimm
La Yugoslavia ….e la nuova Europa dei fratelli Grimm
di Paolo Di Marco
1- l’intervento all’ONU di Vučić (da l’Antidiplomatico)
Il 20 Settembre, davanti a un’assemblea generale delle Nazioni Unite tutta presa dal conflitto ucraino, il presidente serbo Vučić ha fatto un discorso di grande coraggio e lucidità:
“Sono davanti a voi come rappresentante di un Paese libero e indipendente, la Serbia, che si trova nel percorso di adesione all’Unione europea ma che, al tempo stesso, non è pronto a voltare le spalle alle sue tradizionali amicizie costruite da secoli )”. “Voglio alzare la voce a nome del mio Paese, ma anche a nome di tutti coloro che oggi, a 78 anni dalla fondazione delle Nazioni Unite, credono veramente che i principi della Carta delle Nazioni Unite siano l’unica difesa essenziale della pace nel mondo, del diritto alla libertà e all’indipendenza dei popoli e degli Stati. Ma anche di più: sono la garanzia della sopravvivenza stessa della civiltà umana. L’ondata globale di guerre e violenze che colpisce le fondamenta della sicurezza internazionale è una conseguenza dolorosa dell’abbandono dei principi delineati nella Carta delle Nazioni Unite […] Il tentativo di smembrare il mio Paese, formalmente iniziato nel 2008 con la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo è ancora in corso. Per la precisione, la violazione della Carta delle Nazioni Unite nel caso della Serbia è stato uno dei precursori visibili di numerosi problemi che tutti dobbiamo affrontare oggi, che vanno ben oltre i confini del mio Paese o il quadro della regione da cui provengo. Più in generale, dall’ultima volta che ci siamo incontrati qui, il mondo non è né un posto migliore né più sicuro. Al contrario, la pace e la stabilità globale sono ancora minacciate. […]
Piccole Note: L’arroganza USA ha perso anche l’Ucraina
L’arroganza USA ha perso anche l’Ucraina
di Piccole Note
L’arroganza con cui si è affrontata la Russia ha portato a sottovalutarla. I tragici errori e le menzogne necessarie ad alimentare la guerra. L’inutile strage dei soldati ucraini
“Il pegno dell’arroganza è duro. A quattro mesi dall’inizio della decantata controffensiva dell’Ucraina – che, a fronte di enormi perdite di uomini e mezzi, ha ottenuto conquiste territoriali minime – il sostegno a Kiev si sta ampiamente erodendo”. Così Robert English, ex analista del Pentagono e direttore degli studi sull’Europa centrale presso la University of Southern della California in una nota molto articolata scritta per il National Interest, della quale riportiamo ampi stralci.
Anche la Russia ha armi e tecnologia…
“La delusione [per l’esito della controffensiva] deriva dal crescente peso economico della guerra e dai diuturni scandali prodotti dalla corruzione ucraina. Ma tutto ciò è aggravato dalla reazione contro l’eccessiva fiducia e l’arroganza dell’establishment che guida la politica estera occidentale, soprattutto americana”.
Redazione: “Il tempo non gioca a favore dell’Ucraina nè della Nato”
“Il tempo non gioca a favore dell’Ucraina nè della Nato”
di Redazione
John Raine, analista dell’International Institute for Strategic Studies (IISS), un famoso e storico think tank britannico molto integrato con gli ambiti Nato, non vede bene la situazione in Ucraina sia per quanto riguarda il futuro del governo di Kiev che per gli interessi della Nato.
“Mentre l’estate volge all’autunno, l’offensiva primaverile dell’Ucraina continua a essere inghiottita dalle difese russe pesantemente minate. In Europa e negli Stati Uniti il sostegno all’Ucraina e il contenimento della Russia continuano, ma la forma e la durata di tale sostegno sono messe in discussione” scrive Raine, pessimista anche su altri aspetti del conflitto.
“L’arco temporale previsto per il conflitto non solo si estende oltre quanto inizialmente previsto, ma va anche oltre ciò che i regolamenti finanziari e militari possono facilmente accogliere. In Russia né le sanzioni né l’isolamento hanno indebolito la posizione del presidente Vladimir Putin né hanno scosso il suo elettorato”.
Secondo l’analista britannico, né Kiev né Mosca sono pronte a rinunciare o a concludere un accordo. Le battaglie saranno brutali e lunghe.
Jeffrey Sachs: I 4 eventi che infrangono le speranze neocon di un’ulteriore espansione della NATO verso est
I 4 eventi che infrangono le speranze neocon di un’ulteriore espansione della NATO verso est
di Jeffrey Sachs – Common Dreams
Stiamo entrando nella fase finale della debacle neo conservatrice degli Stati Uniti in Ucraina, che dura da trent’anni. Il piano neocon di circondare la Russia nella regione del Mar Nero tramite la NATO è fallito. Le decisioni prese ora dagli Stati Uniti e dalla Russia avranno un’enorme importanza per la pace, la sicurezza e il benessere di tutto il mondo.
Quattro eventi hanno infranto le speranze neocon di un’espansione della NATO verso est, in Ucraina, Georgia e oltre. Il primo è molto chiaro. L’Ucraina è stata devastata sul campo di battaglia, con perdite tragiche e atroci. La Russia sta vincendo la guerra di logoramento, un risultato prevedibile dall’inizio ma che i neocon e i media mainstream continuano a negare.
Il secondo è il crollo del sostegno in Europa alla strategia neocon degli Stati Uniti. La Polonia non parla più con l’Ucraina. L’Ungheria si è opposta da tempo ai neocon. La Slovacchia ha eletto un governo anti-neocon. I leader dell’UE, tra cui Macron, Meloni, Sanchez, Scholz, Sunak e altri, hanno tassi di disapprovazione molto più alti delle approvazioni.
comidad: Caro bollette e nazisti sono la nuova normalità
Caro bollette e nazisti sono la nuova normalità
di comidad
Pare proprio che il generale Vannacci in versione di filosofo vada rivalutato e che tutto si giochi attorno al concetto di “normalità”. A offrirci la parola definitiva sulla nozione di “normalità”, è arrivato però Stefano Besseghini, il presidente di Arera, l’Autorità che si occupa di “tutela del consumatore” in campo energetico. Besseghini ci ha tutelato davvero alla grande, infatti apprendiamo da “Fanpage” il suo verbo: la “nuova normalità” è l’aumento delle bollette elettriche e anche di quelle del gas, perciò in molti dovranno abituarsi all’idea di andare a dormire sotto i ponti; e, se si lamentano, sono pure anormali.
Sarà per questo motivo che i redattori di “Fanpage”, da bravi commando del politicorretto, sono immediatamente corsi a occuparsi delle vere emergenze, di cose serie come i rigurgiti neopatriarcali nello spot pubblicitario di Esselunga. Peccato che alle casse dei supermercati sia possibile anche pagare le bollette, per cui c’è il rischio che al prossimo spot la bambina, invece di regalare una pesca al papà separato, gli sbatta in faccia la bolletta facendogli presente quanto venga a costare vivere in due appartamenti diversi. Che sia in versione patriarcale o matriarcale, l’unità familiare ritornerà in auge, se non altro come mezzo per risparmiare sulle bollette.
Paolo Massucci: Considerazioni epocali
Considerazioni epocali
di Paolo Massucci
Il timore per il futuro premia in Europa i partiti conservatori, allorché si teme che i partiti progressisti faranno pagare ai lavoratori i costi della riconversione energetica: in ogni caso la soluzione dei problemi ambientali dentro il capitalismo, lo stesso che li produce, rimane poco credibile
Oggi il panorama dei partiti politici europei si divide tra un polo di centro-sinistra progressista e un polo conservatore di centro-destra. Dal punto di vista della filosofia politica, il primo si può definire neoliberista e semilibertario. Nello specifico, libertario sulle questioni morali, sessuali, religiose, ma autoritario e invasivo, sin nei dettagli, sulla vita economica e sugli scambi in denaro e merce dei cittadini, in un modello di “uguaglianza” estremamente burocratizzata dei diritti civili formali e dimenticanza dei diritti sociali: pari diritti alla nascita, pari diritti “astratti”. La libertà in campo etico favorisce le trasformazioni culturali, aprendo al mercato – quindi all’espansione capitalistica – nuovi bisogni e nuovi spazi.
Alessio Galluppi: La fragilità di Israele sotto attacco nel vortice della crisi
La fragilità di Israele sotto attacco nel vortice della crisi
di Alessio Galluppi
Attaccato da aria e da terra Israele si sveglia fragile e impaurito nelle prime ore del mattino del 7 ottobre 2023 e che vede ancora stamattina l’esercito Israeliano in un disperato tentativo di riconquistare il controllo di almeno ventidue villaggi e cittadine Israeliane prossime al confine con Gaza. Nonostante la reazione criminale di Israele che è e sarà sempre di più di estrema violenza, con un altissimo sacrificio di vite umane tra donne e bambini di Gaza, è chiaro che questa offensiva militare Palestinese era inevitabile, proprio per motivi di sopravvivenza dalla pulizia etnica e uccisione di bambini che l’IDF e le truppe di occupazione Israeliane portano avanti quotidianamente e con crescente violenza da tre anni in tutta la West Bank.
Uno stillicidio quotidiano operato con la collaborazione della direzione della ANP (Autorità Nazionale Palestinese), dei paesi Arabi e dell’Arabia Saudita e legittimata dall’Occidente che non può rinunciare al proprio storico avamposto imperialista in Medio Oriente.
Quello che viene definito come “attacco terroristico di Hamas” è una azione di difesa di massa che parte dalla striscia di Gaza – ovvero una vera e propria prigione, un lager a cielo aperto circondato da alte mura fortificate e armate Israeliane – per far respirare gli sfruttati Palestinesi di West Bank. Non si tratta – come si cerca di far credere – di una azione circoscrivibile a un pugno di miliziani di Hamas, ma si è trattato e si sta trattando di una vera incursione delle masse sfruttate di Gaza, che una volta che il colpo delle milizie ha conquistato militarmente e di sorpresa gli avamposti dell’esercito Israeliano lungo diversi punti del confine militarizzato di Gaza, ha sfondato le recinzioni in più punti e ha dato vita a una invasione verso i centri abitati Israeliani in una sorta di euforia liberatoria di un popolo sfruttato, oppresso e segregato da troppo tempo.
Redazione: Coro unanime a senso unico pro Israele
Coro unanime a senso unico pro Israele
di Redazione
Da “destra” a “sinistra” si assiste a un generale allineamento della chiacchiera politica e giornalistica: un coro unanime indirizzato, senza se e senza ma, a sostegno del governo di Israele. Questo al netto delle parole e dei gesti di doverosa considerazione verso le vittime civili “tutte”.
Anche stavolta una storia lunga e dolorosa di oppressione e violenza coloniale, perpetrata nel silenzio, nella complicità e talvolta col sostegno dell’Occidente a guida USA, viene colpevolmente rimossa e schiacciata su un singolo avvenimento, per quanto grave e controproducente esso sia, in modo da alimentare una ormai ben nota narrazione di comodo: c’è un aggredito e un aggressore, il primo detiene le ragioni del Bene, l’altro lo stigma del Male.
Peccato che nell’annosa questione israelo-palestinese tale logica valga ancora meno: non solo perché i crimini israeliani, per quanto coperti dal silenzio, sono una costante che non ha mai smesso di produrre morti e distruzione, ma anche e soprattutto perché non possono esserci aggredito e aggressore quando alla base di tutto c’è una asimmetria eclatante di potere e responsabilità storica.
Redazione: Le reazioni internazionali sulla situazione in Palestina e Israele
Le reazioni internazionali sulla situazione in Palestina e Israele
di Redazione
Qui di seguito alcune delle reazioni internazionali all’azione militare della Resistenza palestinese in Israele. La comunità internazionale non è composta solo da Stati Uniti ed Unione Europea e le reazioni appaiono piuttosto diffenziate.
La posizione di Hetzbollah
Quella che segue è la risposta del leader di Hetzbollah, Nasrallah all’appello alla resistenza lanciato da Hamas, chiamato in codice “Diluvio di Al-Aqsa”:
“Hezbollah si congratula con il popolo palestinese che resiste e con gli eroici combattenti delle fazioni palestinesi, in particolare con i nostri cari fratelli delle Brigate Al-Qassam e del Movimento di Resistenza Islamica, Hamas, per l’operazione eroica di ampio respiro e divinamente sostenuta, che promette una vittoria completa”.
“Questa operazione trionfale è una risposta decisiva ai continui crimini dell’occupazione e alle continue violazioni contro le santità, gli onori e le dignità.
Il Pungolo Rosso: L’11 settembre di Israele
L’11 settembre di Israele
di Il Pungolo Rosso
Chi pensava che le esercitazioni militari organizzate qualche settimana fa a Gaza dal comando unificato delle diverse fazioni palestinesi (attenzione: non dalla sola Hamas, come piace dire, mentendo, alla disinformazione di regime) fossero l’ennesima manifestazione di intenti, retorica quanto materialmente impotente, e pertanto incapace di imprimere una svolta nella lotta di liberazione, ha ricevuto una secca smentita.
Da ieri sappiamo che lo Stato israeliano, da sempre raccontatoci (e raccontatosi) come un Moloch invincibile, in virtù dei suoi insuperabili servizi segreti, dei suoi armamenti di ultima generazione e soprattutto delle sue forze speciali, tra le più letali al mondo, non è così invulnerabile come si credeva. Le tante spie presenti a Gaza, gli scudi missilistici e il pattugliamento permanente di terra, cielo e mare da parte di droni, veicoli a controllo remoto e fregate militari non sono bastati per impedire alle forze palestinesi di evadere dalla prigione di Gaza per prorompere militarmente nelle colonie israeliane e restituire un po’ di terrore all’occupante sionista.
Nei tanti video amatoriali che circolavano in rete fin dalle prime ore della mattina si sono visti carri armati Merkava, spacciati come indistruttibili, messi fuori gioco da armamenti non certo sofisticati. Schemi di difesa missilistica completamente nel pallone (la richiesta di ordinativi e commesse militari non ne beneficerà granché!), generali che fino a ieri comandavano battaglioni d’assalto, portati via in mutande come ostaggi.
Sergio Cararo: Palestina. E’ una insurrezione popolare, non una guerra
Palestina. E’ una insurrezione popolare, non una guerra
di Sergio Cararo
Il 7 ottobre il mondo si è svegliato con la notizia di una vera e propria insurrezione del popolo palestinese ben coordinata che ha completamente colto di sorpresa, demolendolo, il mito degli apparati di sicurezza e di spionaggio israeliani. Ma ha colto di sorpresa anche il resto il mondo, sia quello più ostile che quello più sensibile alla causa palestinese.
Il governo israeliano, i mass media e le cancellerie occidentali – le uniche ancora una volta schierate con Israele – hanno parlato di guerra. Alcuni aspetti dell’azione militare palestinese sono indubbiamente di carattere bellico ma il contesto appare più quello di una insurrezione popolare contro una pluridecennale e brutale occupazione israeliana che di una guerra tra eserciti convenzionali.
Quella tra palestinesi e israeliani non è mai stata una guerra simmetrica. La sproporzione di forze è stata sempre pesantissima, il bilancio delle vittime civili è sempre stato asimmetrico a sfavore dei palestinesi.
Vincenzo Costa: L’Occidente dell’apericena contro Hamas
L’Occidente dell’apericena contro Hamas
di Vincenzo Costa
Hamas e i palestinesi non aprono una prospettiva di pace, dicono i commentatori. Ma che scelta hanno? Che prospettiva ha offerto loro l’Occidente? Ma non è importante. A salvare i nostri valori ci penserà l’apericena in versione solidale.
Hamas all’attacco: il limbo e le generazioni che vengono
L’Occidente non ha più risorse culturali perché ha rimosso la sua propria storia. Non quella degli altri, ma la propria. Non ha rapporto con le sue radici greche, con quelle cristiane. Non ha più alcun rapporto con la storia, e ciò che si chiama filosofia analitica, che è la filosofia del dominio anglosassone, è l’espressione di questa rimozione.
Si tratta di un’ideologia, il cui nucleo consiste nell’estrarre un frammento temporale da una sequenza. Le cose non hanno più storia, radici, motivazioni. Cadono da cielo, sono frutto di follia e di irrazionalità.
Una volta destoricizzate si prestano al ragionamento che il filosofo analitico predilige, e che è ovviamente la forma ideologica del dominio oggi: c’è un aggressore e c’è un aggredito.
Andrea Legni: La resistenza palestinese ha lanciato un’offensiva senza precedenti contro Israele
La resistenza palestinese ha lanciato un’offensiva senza precedenti contro Israele
di Andrea Legni
Circa cinquemila razzi lanciati in poche ore all’interno del territorio israeliano e la contemporanea incursione via terra di un numero imprecisato di miliziani armati che hanno sfondato i confini israeliani e fatto irruzione negli insediamenti israeliani. Le notizie sono frammentate e difficili da verificare ma è certo che alcuni mezzi blindati dell’esercito israeliano sono stati conquistati dai palestinesi, mentre le immagini che circolano sui canali social palestinesi mostrano diversi soldati dell’esercito israeliano presi in ostaggio. Altre immagini mostrano miliziani armati palestinesi che entrano armi in pugno dentro una base militare israeliana vicino a Rafah, della quale avrebbero preso possesso. Di certo c’è che quella lanciata da Gaza nella notte è la più imponente offensiva della resistenza palestinese almeno dai tempi della seconda Intifada, tale da aver costretto il governo israeliano a dichiarare precipitosamente lo stato di guerra richiamando in servizio i soldati riservisti. «Questo è il giorno della più grande battaglia per porre fine all’ultima occupazione sulla terra», ha dichiarato il comandante militare di Hamas, Mohammad Deif.
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