Newsletter Sinistrainrete 20231023

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Sandro Moiso: Il morbo neoclassico

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Il morbo neoclassico

di Sandro Moiso

Steve Keen, L’economia nuova. Moneta, ambiente complessità. Pensare l’alternativa al collasso ecologico e sociale, Meltemi editore, Milano 2023, pp. 220, 18 euro

hawaii 2023.jpgAl contrario di quanto riguarda il Covid 19 e altri virus e morbi manifestatisi sul pianeta negli ultimi decenni, vi è un morbo altrettanto pericoloso, e forse ancor più devastante dal punto di vista sociale, di cui si può affermare con certezza che si è diffuso a partire dai laboratori universitari, in questo caso americani, nel corso degli ultimi cinquant’anni: quello dell’economia cosiddetta neoclassica.

Steve Keen, professore di Economia alla Western Sidney University e Distinguished Research Fellow alla University College di Londra, importante critico della scienza economica convenzionale e uno dei pochi economisti ad aver previsto la crisi economica del 2007-2008, in questo testo appena uscito per Meltemi, nella collana «Rethink», cerca di dimostrarne l’infondatezza soprattutto sulla base dell’attuale e più che evidente cambiamento climatico di cui la suddetta teoria non ha mai tenuto sufficientemente conto.

Il giudizio espresso dall’autore sull’insieme degli assiomi del paradigma neoclassico è netto e tagliente:

Ripensando ai cinquant’anni trascorsi da quando mi sono reso conto dei difetti dell’economia neoclassica, il termine che esprime al meglio i miei sentimenti a riguardo è, come Marx disse del proto-neoclassico Jean-Baptiste Say, “insulsa” (Marx, Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica,1857). Al meglio, il capitalismo è visto come un sistema che evidenzia l’armonia dell’equilibrio, dove ognuno viene pagato il proprio giusto salario (secondo il suo “prodotto marginale”), la crescita procede senza intoppi secondo un tasso che massimizza nel tempo l’utilità sociale e tutti sono mossi dal desiderio di consumare, invece che dall’accumulazione e dal potere, perché, per citare Say, “i produttori, benché abbiano tutti l’aria di chiedere soldi in cambio dei loro prodotti, in realtà vogliono scambiarli con altri prodotti” (Say, Catechisme d’economie politique, 1821, capitolo 18).

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Thierry Meyssan: La censura militare israeliana vi nasconde la verità

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La censura militare israeliana vi nasconde la verità

di Thierry Meyssan

Era l’informazione più importante dell’operazione “Diluvio di Al Aqsa”, eppure ci è sfuggita. L’attacco a Israele non è stato sferrato dagli jihadisti di Hamas, ma da quattro formazioni armate. È la prima volta dopo cinquant’anni che i palestinesi di Gaza si uniscono.

Lo si voglia o no, i lunghi anni d’indifferenza occidentale alla sorte dei palestinesi finiscono. Si dovrà cominciare ad applicare il Diritto internazionale

219833 6.jpgContrariamente a quanto ho scritto la scorsa settimana basandomi su dispacci di agenzia occidentali e arabi, filtrati dalla censura militare israeliana, l’attacco a Israele del 7 ottobre 2023 (operazione “Diluvio di Al Aqsa”) non è stato sferrato unicamente da Hamas. È stato deciso da un nucleo operativo unitario delle forze della Resistenza palestinese. Hamas, la formazione di gran lunga più rilevante, ha fornito la parte essenziale delle truppe, ma vi hanno partecipato altri tre gruppi:

• la Jihad islamica (sunnita e khomeinista);

• il Fronte popolare di liberazione della Palestina (marxista);

• il Fronte popolare di liberazione della Palestina-Comando generale (FPLP-CG).

La stampa occidentale ha dato conto dei barbari crimini commessi da alcuni assalitori, ma non del rispetto di altri. La verifica ha dimostrato che le accuse di stupri e di decapitazione di neonati [1] sono propaganda di guerra. Un giornalismo miope e bugiardo che non deve più stupirci.

Questa precisazione modifica l’interpretazione dell’accaduto. Non è un’operazione jihadista dei Fratelli Mussulmani, ma un attacco unitario dei palestinesi di Gaza. Solo Al Fatah di Cisgiordania  che si tiene a distanza dai gruppi citati e il cui presidente Mahmoud Abbas è gravemente malato  non vi ha partecipato.

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Giulia Bertotto: Sangue, burro e greggio. Dove va il mondo? Follow the “Dedollarizzazione”

lantidiplomatico

Sangue, burro e greggio. Dove va il mondo? Follow the “Dedollarizzazione”

di Giulia Bertotto

Ci sono eventi, complessi e multifattoriali, che cambiano il corso della storia, come la caduta dell’Impero Romano d’Occidente o la Guerra del Peloponneso, e la de dollarizzazione del mondo, è un processo forse meno visibile, ma non da meno.

Ne parla in maniera documentata e avvincente Giacomo Gabellini nel suo saggio De dollarizzazione Il declino della supremazia monetaria americana (Diarkos 2023), uno studio dettagliato sulla perdita di egemonia economica da parte dell’Occidente, arricchito da un inserto finale con grafici e tabelle.

Alla fine della Guerra Fredda, al dissolversi dell’Unione Sovietica, la superiorità economica e militare statunitense non era in discussione, ma si sa, ogni supremazia ha una fine, soprattutto se intanto “Il resto del mondo continua a pagare per l’esercizio della potenza americana permettendo agli Usa di dispiegare i cannoni e consumare burro”[1]. Il 75 per cento del mondo è infatti stufo della vampirizzazione da parte degli USA, una potenza arrugginita che ha “Un’economia deindustrializzata, terziarizzata, finanziariamente ipertrofica, sovra indebitata, gravata da pesanti squilibri strutturali e afflitta da inflazione perdurante”[2].

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Michele Franco: Eurocentrismo e solidarietà internazionalista

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Eurocentrismo e solidarietà internazionalista

di Michele Franco

In questi duri e drammatici giorni che stanno scandendo la ripresa della Resistenza Palestinese all’inenarrabile ciclo di oppressione neo/coloniale che da molti decenni strangola ogni possibilità di emancipazione del popolo palestinese e del complesso dei popoli medio/orientali avvertiamo – anche tra persone che solidarizzano con la causa palestinese – alcuni distinguo verso determinate “forme di lotta” che vengono “giudicate” attraverso un punto di vista “freddo” e sostanzialmente astratto.

Un “punto di vista” che interpreta gli sconvolgimenti in Palestina (ma, probabilmente, lo stesso metro di misura si applicherebbe in qualsivoglia area di crisi fuori dal “giardino euro/atlantico”) dai divani delle nostre case occidentali dove – oggettivamente – le forme del dominio capitalistico, per quanto accentuate, sono diverse e non assolutamente paragonabili alla spietatezza e all’assenza di ogni anelito di “umanità” che è la caratteristica fondante con cui si riproduce l’occupazione israeliana in Palestina e, ancora di più, nella Striscia di Gaza.

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comidad: La labile identità ebraica di Israele

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La labile identità ebraica di Israele

di comidad

L’approccio comparativo è importante in quasi ogni analisi, ma ci sono casi in cui potrebbe risultare fuorviante. Gli Stati Uniti e i loro satelliti occidentali non possono più essere considerati validi termini di paragone, se non a rischio di gravi distorsioni ottiche. A confronto delle dirigenze statunitensi o europee, qualsiasi altra cricca di potere appare un incrocio tra un’Opera Pia e la Scuola di Atene dipinta da Raffaello; e rispetto ai vari Biden, Blinken, von Der Leyen e Scholz, ogni leader politico da loro criminalizzato sembra un santo e un genio. Le sedicenti élite occidentali versano in un tale stato di depravazione che si può cadere nell’errore di adottare il loro caricaturale manicheismo applicandolo all’incontrario. Stabilire gerarchie morali e antropologiche tra male assoluto e mali relativi, per molti risulta divertente, ma comunque rimane un diversivo. Quando un Putin denuncia i guasti e i crimini combinati in Medio Oriente dagli Stati Uniti risulta persino troppo moderato ed eufemistico nei toni, ma il punto è che anche le dirigenze russe hanno svolto il loro ruolo di sponda nell’incancrenire la situazione.

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Fabrizio Marchi: Craxi, Arafat, Sigonella, i giganti e i nani

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Craxi, Arafat, Sigonella, i giganti e i nani

di Fabrizio Marchi

Bettino Craxi, segretario del Partito Socialista Italiano e allora Presidente del Consiglio, il 6 novembre del 1985 pronunciò un celebre discorso in Parlamento – contestato soprattutto dalla destra post fascista del MSI e dal Partito Repubblicano (che per questo aprì di fatto la crisi di governo) – in cui dichiarò legittima la lotta armata dei palestinesi per liberare la propria terra, diritto peraltro sancito dalla stessa carta delle Nazioni Unite.

Consiglio a tutti di vedere il video:   https://www.youtube.com/watch?v=Y3ra4S1HVHs

Sono stato un fiero avversario di Craxi e della sua politica per varie ragioni che non attengono questo articolo, ma ciò non mi impedisce di valutare lucidamente le cose e anche la sua figura che a mio parere è comunque quella di un gigante rispetto alla statura media dei nani che affollano l’attuale classe politica da destra a “sinistra”, senza nessuna esclusione.

Come molti non sanno, specialmente i più giovani (per questo è necessario studiare la storia; perché serve a capire il presente), Craxi fu il protagonista della famosa vicenda che ebbe il suo momento topico nell’aeroporto militare di Sigonella, in Sicilia.

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Il Lato Cattivo: Il punto d’esplosione delle contraddizioni israeliane

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Il punto d’esplosione delle contraddizioni israeliane

Dieci tesi sugli sconvolgimenti in corso in Medio Oriente

di Il Lato Cattivo

I

L’offensiva lanciata da Hamas sul territorio israeliano il 7 ottobre 2023 e le sue conseguenze immediate rappresentano a nostro avviso, fin d’ora, una svolta di primaria importanza nelle evoluzioni economiche, politiche e militari del Medio Oriente. Non scriviamo queste parole a cuor leggero, con indifferenza nei confronti della sofferenza delle vittime e dei loro cari o, peggio, con simpatia per l’impiego indiscriminato della violenza contro i civili. Semplicemente, riteniamo che l’analisi degli eventi debba necessariamente fare astrazione da questi aspetti per apprezzarne correttamente il significato. Non è possibile privilegiare un’interpretazione strettamente locale degli avvenimenti a discapito di quella internazionale, o viceversa. È necessario perseguirle entrambe. Questo pugno di tesi non sono che un primo tentativo.

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Mario Pezzella: Fermare la spirale della violenza

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Fermare la spirale della violenza

di Mario Pezzella

Giotto.jpegÈ difficile “schierarsi” – come si diceva una volta – da una parte o dall’altra nei conflitti che avvengono in questi anni; perché, tramontata ogni forma di internazionalismo, si tratta per lo più di scontri fra nazionalismi autoritari ed estremi, quando non tra diverse sfumature di fascismo, luogotenenti del nulla. Così, se è impossibile solidarizzare con la deriva violenta di Hamas, non si può provare alcuna simpatia per il governo israeliano che ha pesantissime responsabilità nella terribile situazione attuale. Sono già stati ricordati in questo giornale il procedere della colonizzazione israeliana in Cisgiordania, le condizioni di vita a Gaza, l’apartheid a cui sono sottoposti ovunque i palestinesi, la provocatoria dichiarazione di Gerusalemme come capitale di Israele, le uccisioni e le aggressioni nei villaggi palestinesi. Vorrei aggiungere qualcosa su un fenomeno più generale e cioè l’abbandono di qualsiasi tentativo di coesistenza e convivenza tra i due popoli e il procedere di un processo di colonizzazione diffuso, che ha provocato quegli effetti misti di padronanza, umiliazione e risentimento intollerabile, che Fanon aveva messo in rilievo nel secolo scorso.

La colonizzazione – riteneva Fanon – comporta la radicale reificazione del colonizzato. I coloni, in questo caso gli israeliani estremisti che hanno espanso continuamente il loro potere anche nelle aree destinate in teoria a uno stato palestinese, non sono solo i proprietari di beni materiali e di armi micidiali: si ritengono e si affermano detentori di un modello identitario, che è l’unico a essere veramente “umano” di fronte all’esistenza animalesca dei colonizzati, “belve” da tenere a freno.

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Megas Alexandros: Putin dice no alla moneta unica dei Brics: non faremo la fine dell’Euro

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Putin dice no alla moneta unica dei Brics: non faremo la fine dell’Euro

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

abPutin1.jpegL’errore più grande che può fare chi scrive articoli, non sotto dettatura, ma all’interno di quella che è la missione fortemente sentita di informare correttamente il lettore: è quello di pensare di avere la verità in tasca. Non per questo dobbiamo privarci del fatto che, operando con professionalità ed onestà intellettuale, si possa anche giungere al risultato di veder certificate prospettazioni più volte ribadite.

Sul tema moneta unica dei BRICS+, da tempo vengono riempite le pagine dei principali mezzi di informazione, direi quasi a cadenza quotidiana se a livello temporale consideriamo l’inizio del conflitto in Ucraina.

Una moneta unica, per di più legata a oro o metalli preziosi, da usare per gli scambi internazionali tra i paesi appartenenti ai BRICS+, è quello che il mainstream, ci ha prospettato in questi anni e forse ci prospetterà ancora, non appena andranno nel dimenticatoio le parole pronunciate dal presidente russo Vladimir Putin, pochi giorni fa nel corso del Valdai Club meeting, tenutosi a Sochi.

Chi vi scrive ha sempre manifestato, attraverso i vari articoli redatti,  forti dubbi su questa prospettazione a dir poco insistente da parte dei mezzi di informazione occidentali, vuoi perché i fatti e le dichiarazioni ufficiale dei vari leader più influenti del mondo dei BRICS+ andavano nella direzione opposta, vuoi perché fermamente convinti, dai dettami della dottrina economico-monetaria, dei disastri che si materializzano sui popoli, quando a sistemi economici diversi viene imposto l’uso di una stessa moneta. Costringendoli a vivere in quella che è la ben nota – gabbia dei cambi fissi – propedeutica a far accettare quello che ormai possiamo tranquillamente definire un crimine contro l’umanità, ovvero la frode sulla scarsità della moneta. [1]

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Dante Barontini – Redazione: I maiali dell’informazione

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I maiali dell’informazione

di Dante Barontini – Redazione

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680x300I. 

Siamo abituati da sempre alle menzogne dell’informazione di regime. E sapevamo bene che in tempi di guerra ci saremmo trovati davanti a un muro di merda spacciata per “notizie verificate”.

Un anno e mezzo di guerra in Ucraina hanno dimostrato fin troppo bene la verità di questo assunto. Ogni parola di Kiev è stata presa per oro colato. Persino gli attacchi in territorio russo o gli attentati a Mosca sono stati inizialmente “passati” come “azioni dei russi contro se stessi”.

Resta indelebile l’esempio dell’attacco al ponte di Kersh, in Crimea, rivendicato solo dopo un anno dal regime ucraino e solo allora registrato anche dai media occidentali tra i “successi” di Kiev.

Ma è con la guerra su Gaza che i media stanno dando il peggio di sé. Perché Israele deve essere “angelicata” anche e soprattutto quando commette evidenti crimini di guerra.

Nei giorni scorsi avevamo centrato l’attenzione su singoli casi, enormi per la copertura mediatica ricevuta da queste parti. Per esempio il caso dei “40 bambini decapitati” che nessun testimone terzo ha mai visto, con Netanyahu a spargere improbabili foto in giro e le scuse della Cnn per avergli dato inizialmente credito.

Oppure quello della donna e i due bambini rilasciati dai miliziani di Hamas già nelle prime ore dopo il clamoroso attacco nel sud di Israele.

O ancora quello di un’altra donna fuggita dal rave nel deserto, finita in un kibbutz sotto attacco e infine tornata libera, che narra come sono andate le cose dal suo punto di osservazione.

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Roberto Di Giuseppe: I calcoli (sbagliati) di Israele e Stati Uniti

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I calcoli (sbagliati) di Israele e Stati Uniti

di Roberto Di Giuseppe

E’ davvero difficile immaginare che l’attacco di Hamas al muro eretto dagli israeliani lungo il confine con la Striscia di Gaza, possa essere avvenuto senza che nessuno si sia accorto di nulla, che avamposti militari abbiano potuto essere conquistati quasi senza colpo ferire, che addirittura un rave party a un passo dal confine con la Striscia e quindi a tiro di razzi, sia stato consentito, senza oltretutto un minimo di sorveglianza.

E’ anche più difficile credere che un simile colpo non sia stato rilevato neanche per una minima parte dai servizi di intelligenza tanto israeliani quanto statunitensi.

Come è stato detto da qualcuno, a mio avviso correttamente, tutto questo puzza tanto di 11 settembre 2001.

La mia idea è che questo attacco da parte di Hamas sia stato un “invito” da parte israeliana e statunitense.

Infatti, se ciò che credo risultasse anche vero, sarebbe stato impossibile per Israele contare su un così tempestivo sostegno a stelle e strisce senza che vi fosse stato un pieno accordo tra le due parti.

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Roberto Gabriele: A proposito della lista Santoro – La Valle

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A proposito della lista Santoro – La Valle

di Roberto Gabriele

Pubblichiamo come contributo alla discussione

Il compagno Andrea Vannini ha pubblicato su questo sito una nota polemica sulla possibile presentazione di una lista Santoro-La Valle alle prossime elezioni europee. La nota era anche una risposta alle considerazioni positive fatte in proposito dal compagno Fausto Sorini sempre su Marx 21.

Per valutare la questione in maniera oggettiva bisogna sgombrare il terreno da cose che fanno parte di una certa archeologia politica che caratterizza l’area di sinistra e anche di quelli che si considerano comunisti. Questo per dire che quando si apre una discussione invece di entrare nel merito della questione concreta si parla di cose che andrebbero invece valutate separatamente.

E’ il caso appunto della lista per le elezioni europee proposta da Michele Santoro e da Raniero La Valle. Avendo partecipato all’incontro al teatro Ghione di Roma e seguito con una certa continuità la vicenda mi sento di dire, salvo smentite di cui dovrò prendere atto, che la proposta di una Lista per la pace alle elezioni ha un significato politico e non elettorale.

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Il Chimico Scettico: Quale sarà mai il paese della miglior gestione e del record dei decessi?

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Quale sarà mai il paese della miglior gestione e del record dei decessi?

di Il Chimico Scettico

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Eh…

Ora che non c’è più quella pressione politica, molte istituzioni e società scientifiche lo stanno ammettendo. Un esempio chiaro riguarda le evidenze che dimostrano l’inefficacia delle misure non farmacologiche, come ad esempio le chiusure delle scuole, che hanno causato danni enormi a ragazzi e ragazze. Infatti, l’agenzia governativa per la sicurezza sanitaria nel Regno Unito ha appena pubblicato un documento che esamina le prove di efficacia relative a queste iniziative di contenimento (compreso l’uso generalizzato delle mascherine): i numeri che confermerebbero l’adeguatezza di tali misure sono scarsi o nulli. Ioannidis in un articolo magistrale sul fallimento della scienza durante la pandemia/sindemia ha spiegato bene come la politica abbia avuto un’influenza deleteria sulla scienza durante l’emergenza….

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Leonardo Mazzei: Questo paga l’Italia per la guerra della  NATO

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Questo paga l’Italia per la guerra della  NATO

di Leonardo Mazzei

Fin dal febbraio 2022 l’Italia è di fatto in guerra con la Russia. Cosa sono infatti le sanzioni se non una forma di guerra? Si aggiunga a questo la campagna russofobica, la propaganda dispiegata dei media di regime e, ancor più, l’invio di armi all’Ucraina e il quadro è fatto.

A più di un anno e mezzo dall’inizio del conflitto molti si chiedono quale sia il costo economico di questo sostegno del nostro Paese al governo di Kiev. Posto che il costo principale – stimabile in almeno 250 miliardi di euro – risiede nel maggior prezzo dei prodotti energetici causato dalla rinuncia al gas russo e nelle conseguenze che ne sono derivate, proviamo qui a rispondere alla domanda su quanto costa l’appoggio diretto (armi e finanziamenti) al burattino Zelensky.

Prima, però, vediamo come si arriva alla cifra monstre di cui sopra. Duecentocinquanta miliardi possono sembrare un’esagerazione, ma così non è visto che per il solo 2022 è stata comunemente accettata la stima di un costo sui 180 miliardi. Solo in quell’anno, secondo uno studio della Cgia, le famiglie e le imprese italiane hanno speso 91,5 miliardi in più soltanto per le bollette di luce e gas.

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Giorgio Cremaschi: Dieci è il minimo

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Dieci è il minimo

Alba Vastano intervista Giorgio Cremaschi

“La nostra legge di iniziativa popolare prevede un meccanismo automatico di indicizzazione del salario minimo che scatterebbe ogni 6 mesi, il che spingerebbe tutti i salari verso il ripristino della scala mobile. Inoltre la nostraproposta impone i minimi indipendentemente dai contratti di riferimento e richiede che il lavoratore sia inquadrato nel contratto più vantaggioso, liquidando così quelli pirata e intervenendo su quelli confederali troppo bassi.Tutto questo è assente nella proposta del centrosinistra” (Giorgio Cremaschi)

Sul salario minimo l’Italia è fra i restanti sei fanalini di coda dell’Europa. E’ urgente adeguarsi alle leggi salariali dei più avanzati Stati UE che da tempo hanno attivato la legge sul salario minimo. In Italia, in base ai principi di sufficienza e proporzionalità previsti dalla Carta costituzionale, l’adeguamento dovrebbe essere naturale. Lo recita l’art. 36 della Costituzione che stabilisce il diritto di ogni lavoratore “a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”. Alcuni Sindacati non sono coesi sulla tutela dei diritti dei lavoratori e chiaramente filogovernativi. Questo è anche il problema del mancato adeguamento agli indicatori europei sul salario minimo.

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