Filippo Scafi: Sulla narrazione dei limiti: dalla realtà ai suoi modelli
Sulla narrazione dei limiti: dalla realtà ai suoi modelli
di Filippo Scafi
L’ultimo decennio di Hollywood non è stato dei migliori. Scandali di varia natura, scelte ponderate economicamente ma forse non artisticamente, tentativi sempre più forzati di accattivarsi il pubblico – soprattutto dopo il disastro del periodo Covid – hanno portato l’industry a un momento di crisi culminato con lo sciopero di attori e sceneggiatori nella calda estate di quest’anno a Los Angeles, e che continua ancora oggi. Nelle parole di Scorsese, rilasciate a Zach Baron per GQ a settembre, i film ad alto budget e le produzioni in franchising hanno portato Hollywood sull’orlo del precipizio in cui si trova ora (cfr. Zach, 2023). Il 19 ottobre è uscito il suo ultimo film, Killers of the Flower Moon; a partire dall’omonimo libro di David Grann del 2017, Scorsese ripercorre una delle tante pagine oscure dei giovani Stati Uniti d’America degli anni Venti, relativa all’uccisione degli indiani Osage, “proprietari” (o abitatori) di terre ricche di petrolio in Oklahoma. Sono anche gli inizi dell’FBI, e di un personaggio centrale alla storia, sotterranea e non, degli USA come J. Edgar Hoover – nel 2011 interpretato da DiCaprio nel film biografico diretto da Clint Eastwood.
Un altro aspetto dell’autorialità
Scorsese, forse come Eastwood, è uno di quei registi che può permettersi di tornare indietro a rimestare nel passato, soprattutto perché ha contribuito a suo modo a costruirlo. Spesso, una tale tentazione è espressa attraverso l’idea di testamento artistico, o come nostalgia di gioventù, come può valere per C’era una volta a Hollywood di Tarantino, o Licorice Pizza di Anderson. Hollywood, che ha sempre assunto l’aura di luogo terreno in cui il Cinema è possibile come espressione artistica, assiste in questi anni a un lavoro sottile ma meticoloso di auto-analisi.
Paolo Arigotti: Qualche amara riflessione sul conflitto in Medio Oriente: gli interessi degli attori coinvolti e dei popoli
Qualche amara riflessione sul conflitto in Medio Oriente: gli interessi degli attori coinvolti e dei popoli
di Paolo Arigotti
Quella di oggi sarà una sorta di riflessione a 360 gradi sul conflitto in corso in Medio Oriente e sulle sue possibili ripercussioni, tentando di dimostrare come, a nostro avviso, alcuni dei potenziali sviluppi potrebbero dipendente più da interessi politici, strategici e/o economici, che da altre questioni, come le preoccupazioni, pure da più parti espresse, per la sorte dei civili.
Naturalmente non c’è nessuna pretesa di esaustività: quello che ci proponiamo è di fornire alcuni spunti, con l’invito ad approfondire le varie questioni tramite le risorse che l’editoria e il web mettono a disposizione.
Partiamo con una descrizione degli asset di alcuni attori coinvolti, più o meno direttamente, nella regione e nella conflittualità in corso.
La Repubblica Popolare Cinese vanta molti interessi economici e strategici in Medio Oriente, una regione che rappresenta una sorta passaggio obbligato per la Nuova via della seta, quella dalla quale l’Italia ha deciso di ritirarsi; ricordiamo che nei giorni scorsi a Pechino – padrone di casa Xi Jinping, ospite d’onore Vladimir Putin – si è tenuta la terza edizione del Belt and Road Forum for International Cooperation, con la partecipazione di dirigenti aziendali e studiosi provenienti da tutto il mondo[1].
È proprio in funzione di questi interessi che si può inquadrare la mediazione di Pechino tra Iran e Arabia Saudita, che non solo ha consentito ai due paesi di riallacciare le relazioni diplomatiche, ma ha aperto loro le porte per l’ingresso nei BRICS (dal prossimo primo gennaio). Come di tutta evidenza, lo scopo della dirigenza cinese non era tanto quella di dirimere un contrasto che divideva da anni le due massima potenze regionali dell’area, quanto eliminare un ostacolo che si frapponeva coi suoi interessi commerciali (e gli ingenti investimenti) e più in generale con la sua strategia geopolitica ed economica, regalando al Dragone un indubbio prestigio per il successo diplomatico.
Piccole Note: Ucraina: guerra persa, ma non si può dire
Ucraina: guerra persa, ma non si può dire
di Piccole Note
Fino all’ultimo ucraino. Finito il sogno della controffensiva…anche le armi magiche sembrano aver perduto la loro magia
L’elezione di Mike Johnson a presidente della Camera degli Stati Uniti, dopo la sconfitta seriale di altri candidati, rimette la guerra ucraina sotto i riflettori perché ritorna il tema dei finanziamenti a Kiev, che l’amministrazione Biden ha associato a quelli in favore di Israele. I media americani ricordano come Johnson abbia più volte votato contro gli aiuti all’Ucraina, ma ora tutto è diverso.
Fino all’ultimo ucraino
Legare gli aiuti all’Ucraina a quelli verso Israele, di cui Johnson – e l’ultra-destra del partito repubblicane che rappresenta – è acceso sostenitore, rende tutto più complesso ed è da presumere che la risoluzione verrà approvata.
Anche perché, se non accadesse, la guerra ucraina sarebbe sic et simpliciter finita. E non sembra che l’America sia pronta a chiudere la partita.
comidad: Vecchi e nuovi episodi di fuoco amico in Israele
Vecchi e nuovi episodi di fuoco amico in Israele
di comidad
Chi non è convinto dalla versione ufficiale sui massacri di civili attribuiti ad Hamas, fa benissimo ad avere dei dubbi, dato che i precedenti storici di “fuoco amico” da parte israeliana sono piuttosto eclatanti e documentati, sebbene del tutto ignoti all’opinione pubblica. Il cosiddetto ”incidente” della USS Liberty avvenne in data 8 giugno 1967, in piena “guerra dei sei giorni”. Aerei e cacciatorpediniere israeliani compirono più attacchi contro una nave della Marina statunitense che navigava in acque internazionali effettuando intercettazioni per conto della National Security Agency. Gli attacchi israeliani provocarono trentaquattro morti e centosettantuno feriti tra i marinai americani. Aerei statunitensi, che erano stati mandati a difesa della USS Liberty, furono richiamati dal segretario alla Difesa McNamara e dal presidente Johnson. Secondo il rapporto ufficiale, redatto dalla CIA e reperibile negli archivi del governo statunitense, l’attacco fu un semplice “errore” di valutazione da parte di Israele, che aveva creduto si trattasse di una nave egiziana.
Gianmarco Martignoni: Sfruttamento e dominio nel capitalismo nel XXI secolo
Sfruttamento e dominio nel capitalismo nel XXI secolo
Recensione di Gianmarco Martignoni
Per chi ritiene che l’anticapitalismo sia il minimo comun denominatore preliminare per la rifondazione di una sinistra non subalterna alla logica del capitale – in quanto è lo stile di vita insostenibile del 10% della popolazione mondiale che provoca il 56% delle emissioni e tutte le contraddizioni che segnano la crisi di egemonia del modello occidentale – il libro “Sfruttamento e dominio nel capitalismo nel XXI secolo” (a cura di Toni Casano e Antonio Minaldi, Multimage, 2023, pagg. 295, euro 14) è senz’altro uno strumento utile per mettere a fuoco quella controrivoluzione neo-liberista sperimentata inizialmente nel 1973 in Cile, sulla base del progetto elaborato da Milton Friedman a Chicago.
Il libro raccoglie la serie dei seminari organizzati con una impostazione di carattere interdisciplinare dal centro studi “ Caffè filosofico B. Bonetti. In prima istanza è stata esaminata la distinzione terminologica sussistente tra Antropocene e Capitalocene, poiché il primo termine proposto, ma non ideato, nel 2000 dal Nobel per la Chimica Paul J. Crutzen non coglie i caratteri relativi alla distruttività intrinseca al modo di produzione capitalistico, ed elude, mediante il concetto generico e indistinto di umanità, le responsabilità delle classi dominanti rispetto all’erosione progressiva della biodiversità e al rischio dell’estinzione di massa della nostra specie.
Marco Cattaneo: L’Italia NON è un paese indebitato
L’Italia NON è un paese indebitato
di Marco Cattaneo
Una delle affermazioni più irritanti che mi capita di leggere, purtroppo praticamente tutti i giorni, è quella secondo la quale l’Italia sarebbe un paese “fortemente indebitato”.
Penso che la stragrande maggioranza della popolazione italiana la ritenga un’ovvietà, un dato di fatto risaputo. Naturalmente, l’affermazione si basa sul livello del debito pubblico, che in rapporto al PIL si colloca intorno al 140%.
Un dato più alto della media, certo. Per la verità nettamente più basso del Giappone, che sta al 260%. Non molto più alto di USA, UK, Francia, tutti ben al di sopra del 100%. Però alto rispetto, per esempio, alla media dell’Eurozona, che è il 90% circa.
Il punto però è che il debito pubblico non è il debito DEL PAESE. E’ il debito DEL SETTORE PUBBLICO, delle pubbliche amministrazioni.
Buona parte di questo debito è costituito da titoli posseduti da istituzioni finanziarie, da aziende e da famiglie ITALIANE. E i residenti italiani, inoltre, possiedono un rilevante ammontare di attività finanziarie e patrimoniali estere.
Giacomo Marchetti: Siamo nella “tempesta della storia”
Siamo nella “tempesta della storia”
di Giacomo Marchetti
È mai possibile tracciare una vera distinzione tra i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di informazione e di divertimento, e come agenti di manipolazione e di indottrinamento?
Herbert Marcuse
Nei circuiti elettrici come nell’atmosfera, la polarizzazione dovuta all’accumularsi di cariche di segno opposto ingenera tensioni. Nella misura in cui si avvicinano a una certa soglia, queste tensioni preludono a scariche elettriche violente e incontrollabili.
Negli ultimi tre anni il servizio offerto dalla maggior parte dei media ha subito un mutamento che non è passato inosservato. A partire da 2020 la polarizzazione dell’informazione – una sua caratteristica certamente tipica, che presenta oscillazioni storiche – è cresciuta in maniera vistosa. Parallelamente, e in modo altrettanto evidente, si sono polarizzate le vedute dei vertici istituzionali, della classe dirigente, dell’uomo della strada. Indipendentemente da come la pensano, presumo che in molti abbiano avvertito gli sbalzi di tensione che ne sono conseguiti. Chi con la pandemia, chi con la guerra in Ucraina, chi con quello che sta accadendo in Medio Oriente, in tanti hanno osservato la crescente tendenza dell’informazione generalista ad amplificare certe campane e a silenziarne altre.
Emiliano Brancaccio: Israele, Gaza e la guerra economica mondiale
Israele, Gaza e la guerra economica mondiale
di Emiliano Brancaccio
Commentando l’estensione dei fronti di guerra in Medio Oriente, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato: «Il mondo è cambiato in peggio, non a causa di un virus ma per sciagurati comportamenti umani». Vero, eppure non basta. Il problema, aggiungiamo noi, è capire quali grandi meccanismi stiano inducendo i comportamenti umani a inaugurare un nuovo tempo sciagurato, di ferro e di fuoco.
Per svelare un tale arcano, non si può dire che i commentatori mainstream stiano aiutando. Più che occuparsi di comprensione dei fatti, i “geopolitici” di grido paiono affaccendati in una discutibile opera di persuasione, che consiste nel suscitare emozioni e riflessioni solo a partire da un punto del tempo scelto arbitrariamente. Essi ci esortano a inorridirci e a prender posizione, per esempio, solo a partire dalle violenze di Hamas del 7 ottobre 2023, mentre suggeriscono di spegnere sensi e cervelli sulla trasformazione israeliana di Gaza in un carcere a cielo aperto, o su altri crimini e misfatti compiuti dai vari attori in gioco e anteriori a quella data. Inoltre, come se non bastasse l’arbitrio del taglio temporale, ci propongono di esaminare i conflitti militari come fossero mera conseguenza di tensioni religiose, etniche, civili, ideali. Quasi mai come l’esito violento di dispute economiche.
Guerra a Gaza, mettere al centro gli interessi economici
Diciamo le cose come stanno. Se lo scopo è capire la dura realtà che ci circonda, il contributo di questi analisti non serve a nulla.
Paolo Bartolini: Nel giardino di Olos: pensiero critico e consumismo “spirituale”
Nel giardino di Olos: pensiero critico e consumismo “spirituale”
di Paolo Bartolini
Il recente invito di Wu Ming 1 a fare “buon uso” dell’esoterismo è un’occasione preziosa per esercitare il pensiero critico intorno alla variegata galassia delle esperienze spirituali contemporanee, con particolare riferimento al mondo delle pratiche New Age ed “olistiche”.1 Se di pensiero critico vado parlando, non è certo per mettere all’opera il bisturi del razionalismo scientista, quindi per negare i bisogni profondi di molte persone che, in determinati percorsi di consapevolezza ampliata, cercano qualcosa che al tempo del tecno-capitalismo manca come l’aria. Piuttosto mi guida l’intento di non gettare il bambino della ragione filosofica con l’acqua sporca del disincanto moderno. Wu Ming 1 sottolinea opportunamente la necessità di “mostrare la sutura”, cioè di serbare intatta la bellezza di un’operazione culturale senza dover nascondere i trucchi del mestiere che producono stupore in coloro che assistono a una determinata performance (letteraria, teatrale, pittorica, illusionistica ecc.). La differenza tra manipolazione e incanto ricercato è tutta nell’aura di segretezza che legittima alcune figure carismatiche a esercitare una fascinazione insidiosa sugli altri, millantando poteri e connessioni con forze sovrumane. Lo scrittore, l’artista, il performer, il guaritore possono invece produrre i loro effetti di verità e di meraviglia senza dovere, per questo, abolire una quota di sano scetticismo,2 anzi giocandovi consapevolmente.
Questo discorso abita un presente drammatico, attraversato da un diffuso e trasversale senso di disagio, imputabile a un passaggio d’epoca che vede il progressivo declino delle egemonie maturate nella seconda metà del secolo scorso, l’incombere del disastro ecoclimatico e problematiche inerenti alle diseguaglianze sociali, ai flussi migratori forzati e a una crescente perdita di senso nelle nostre vite.
Fabrizio Marchi: Presentazione di “Guerra e rivoluzione” di C. Formenti e “Classe e partito” di A. Visalli
Presentazione di “Guerra e rivoluzione” di C. Formenti e “Classe e partito” di A. Visalli
di Fabrizio Marchi
Con largo anticipo vogliamo segnalare la presentazione di questi due libri, organizzata dalla redazione de L’Interferenza, proprio per dare modo a tutti di organizzarsi per poter partecipare all’evento. Torneremo, ovviamente, a segnalare l’evento nelle prossime settimane.
* * * *
Sabato 2 dicembre alle ore 16 a Roma presso il ristorante “Biondo Tevere” sito in Via Ostiense 178 (vicino alla fermata metro San Paolo) il giornale online L’Interferenza www.linterferenza.info presenterà i libri rispettivamente di Carlo Formenti “Guerra e rivoluzione” (in due volumi “Le macerie dell’impero” e “Elogio dei socialismi imperfetti”) e di Alessandro Visalli “Classe e partito. Ridare corpo al fantasma collettivo”.
Introduce:
Fabrizio Marchi – fondatore e direttore de L’Interferenza
Intervengono:
Carlo Formenti – autore di “Guerra e rivoluzione”
Alessandro Visalli – autore di “Classe e partito”
Sergio Cararo: “Stanchezza” in Ucraina, escalation in Medio Oriente. L’Italia nelle guerre. Come venirne fuori?
“Stanchezza” in Ucraina, escalation in Medio Oriente. L’Italia nelle guerre. Come venirne fuori?
di Sergio Cararo
Le guerre, purtroppo, non finiscono limitandosi a spegnere i riflettori o le telecamere su di esse. Mentre si incendia il Medio Oriente, la guerra in Ucraina è andata avanti ma dentro scenari completamente diversi, sia sul fronte che nelle “retrovie politiche e diplomatiche”.
La manifestazione “fuori l’Italia dalle guerre” convocata per il 4 novembre, mette i piedi nel piatto di come il nostro Paese si è ritrovato coinvolto in guerre che l’opinione pubblica ripudia più o meno apertamente ma che le forze belliciste intendono alimentare, con tutti i rischi che ne derivano.
“Le situazioni ad Avdiivka e Maryinka sono particolarmente difficili. Numerosi attacchi da parte dei russi. Ma le nostre posizioni sono protette”, ha affermato domenica il presidente ucraino Zelenski in un discorso pubblico.
L’agenzia ucraina Ukrinform riferisce che l’esercito russo ha attaccato per 177 volte 24 insediamenti nella regione sud-orientale di Zaporizhzhia.
Adriana Bernardeschi, Ascanio Bernardeschi, Alessandra Ciattini e Federico Giusti: Per la pace no alle torsioni elettoralistiche
Per la pace no alle torsioni elettoralistiche
di Adriana Bernardeschi, Ascanio Bernardeschi, Alessandra Ciattini e Federico Giusti
L’appello di Michele Santoro per una lista elettorale alle prossime elezioni europee rischia di essere l’ennesimo tentativo di assemblare pezzi di sinistra dispersa sulla base di una piattaforma vaga, quando invece ci sarebbe bisogno di costruire una piattaforma chiaramente antimperialista che si opponga alla strategia della NATO
Sebbene riteniamo l’impegno contro la guerra sicuramente importante e centrale nelle battaglie politiche di questa fase, l’appello di Raniero La Valle e Michele Santoro non ci entusiasma e ne cogliamo aspetti strumentali finalizzati all’ennesimo cartello elettorale ampio destinato a raccogliere consensi irrisori. Il carattere elettoralistico di questo nuovo aggregato è evidente innanzitutto per il fatto che non nasce come progetto politico ma direttamente come lista in vista delle elezioni. Questo approccio, ossia il presentarsi di fronte all’elettorato come aggregato “a caccia di voti”, che non si è precedentemente qualificato per lotte concrete, a meno che non si impegni d’ora in poi nella promozione, insieme ad altri soggetti, di un movimento contro la guerra e antimperialista, non può suscitare credibilità per un popolo da molto tempo disilluso e che non crede più nelle elezioni come strumento per migliorare le proprie condizioni di vita.
Salvatore Bravo: Hannah Arendt. Del politicamente corretto
Hannah Arendt. Del politicamente corretto
di Salvatore Bravo
Il totalitarismo del politicamente corretto ha i suoi eroi e le sue eroine. Hannah Arendt è tra le antesignane della filosofia decaffeinata, al punto da essere insapore. La filosofia è per sua fondazione radicale, essa è “contropotere” con la funzione etica e politica di neutralizzare le forze che minacciano la comunità e le singole soggettività. A tal fine il metodo filosofico è dialettico e concreto. Esso risponde ai drammi e alle potenzialità trasformatrice della propria epoca mediante l’approccio olistico: il dato è riportato al contesto, e in tal modo si affinano gli strumenti critici e si smascherano posture ideologiche. La filosofia non abita nelle stanze del potere, vive nella comunità, è concretezza dialettica, ha lo scopo di ricostruire relazioni di giustizia su fondamenta veritative. Il potere teme la giustizia sociale e il suo inevitabile antagonismo, al punto da far scomparire dallo spazio pubblico ogni riferimento a essa.
Il potere oscura i filosofi non spendibili dal circo mediatico. La filosofia addomesticata regina dei salotti trasforma i concetti in chiacchiere e il concreto in astratto. Lo scopo è l’irrazionale, la comprensione degli eventi storici e il giudizio qualitativo sul sistema è sostituito dagli slogan e dalla chiacchiera colta.
Patrizio Paolinelli: Era della comunicazione o era del profitto?
Era della comunicazione o era del profitto?
di Patrizio Paolinelli
Tra le sue attività culturali Umberto Eco ha coltivato anche quella dello studioso prestato al giornalismo. In questa veste ha collaborato con diverse testate: il Corriere della Sera, il Manifesto, la Repubblica, L’Espresso. Ha poi raccolto i suoi articoli in alcuni libri (che contengono anche saggi brevi), tra i quali ricordiamo: Il costume di casa (1973), Dalla periferia dell’impero. Cronache di un nuovo medioevo, (1977); Sette anni di desiderio (1983); La Bustina di Minerva, (1992); A passo di gambero. Guerre calde e populismo mediatico, (2006). A occhio e croce parliamo di circa 2mila pagine. Un numero consistente, che però rappresenta solo una parte della produzione complessiva dell’Eco commentatore di fatti di cronaca culturale e politica.
Di recente La nave di Teseo, ha pubblicato una raccolta di articoli di Eco intitolata L’Era della Comunicazione. Dai giornali a WikiLeaks, (a cura di Maria Lorusso, Milano, 2023, pp 190, 12,00 euro). Il libro esce a sette anni di distanza dalla scomparsa del celebre semiologo e contiene una parziale selezione di suoi interventi sul tema dell’informazione.
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