Alastair Crooke: L’escalation non può essere fermata, la Casa Bianca è in allarme: il rischio di un conflitto è sempre più reale
L’escalation non può essere fermata, la Casa Bianca è in allarme: il rischio di un conflitto è sempre più reale
di Alastair Crooke – strategic-culture.su
La necessità della guerra sta facendosi strada nella coscienza del mondo arabo e islamico
Giovedi scorso, dalle pagine del New York Times Tom Friedman ha lanciato il suo terribile avvertimento:
“Credo che, se ora Israele entrerà [unilateralmente] con la forza a Gaza per distruggere Hamas, commetterà un grave errore che sarà devastante per gli interessi israeliani e americani”.
“Potrebbe innescare una conflagrazione globale e far detonare l’intera struttura di alleanze filo-americane costruita dagli Stati Uniti… Sto parlando del trattato di pace di Camp David, degli accordi di pace di Oslo, degli accordi di Abraham e della possibile normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita. Tutto potrebbe andare in fumo.
“Purtroppo, ha detto l’alto funzionario statunitense, i leader militari israeliani sono, in realtà, ancora più guerrafondai dell’attuale primo ministro. Sono rossi di rabbia e determinati a sferrare ad Hamas un colpo che tutte le nazioni confinanti non dimenticheranno mai”.
Friedman sta parlando, ovviamente, del sistema di alleanze americano imperniato sull’idea dell’invincibilità della potenza militare di Israele – il paradigma della “piccola NATO” che dovrebbe fungere da substrato essenziale per la diffusione in Asia occidentale dell’Ordine delle Regole dettato dall’America.
È analogo al substrato dell’alleanza NATO, la cui pretesa “invincibilità” ha sostenuto gli interessi statunitensi in Europa (almeno fino alla guerra in Ucraina).
Un membro del gabinetto israeliano ha dichiarato al corrispondente israeliano anziano per la difesa, Ben Caspit, che Israele non può permettere che la sua deterrenza di lunga data venga ora messa in dubbio:
Francesco Prandel: Sul risveglio del “mostruoso”
Sul risveglio del “mostruoso”
di Francesco Prandel
È mai possibile tracciare una vera distinzione tra i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di informazione e di divertimento, e come agenti di manipolazione e di indottrinamento?
Herbert Marcuse
Nei circuiti elettrici come nell’atmosfera, la polarizzazione dovuta all’accumularsi di cariche di segno opposto ingenera tensioni. Nella misura in cui si avvicinano a una certa soglia, queste tensioni preludono a scariche elettriche violente e incontrollabili.
Negli ultimi tre anni il servizio offerto dalla maggior parte dei media ha subito un mutamento che non è passato inosservato. A partire da 2020 la polarizzazione dell’informazione – una sua caratteristica certamente tipica, che presenta oscillazioni storiche – è cresciuta in maniera vistosa. Parallelamente, e in modo altrettanto evidente, si sono polarizzate le vedute dei vertici istituzionali, della classe dirigente, dell’uomo della strada. Indipendentemente da come la pensano, presumo che in molti abbiano avvertito gli sbalzi di tensione che ne sono conseguiti. Chi con la pandemia, chi con la guerra in Ucraina, chi con quello che sta accadendo in Medio Oriente, in tanti hanno osservato la crescente tendenza dell’informazione generalista ad amplificare certe campane e a silenziarne altre. Così, nel mentre un pezzo di società – di cui fa parte quella che conta – si arrocca su una posizione, l’altro si barrica dietro alla posizione antipodale.
Si potrebbe obiettare che non c’è niente di nuovo sotto il sole, che l’informazione è sempre stata più o meno tendenziosa, che le spaccature sociali sono una costante storica. È vero.
Giorgio Cremaschi: Si è rotta la cappa! 50mila in piazza per la Palestina a Roma
Si è rotta la cappa! 50mila in piazza per la Palestina a Roma
di Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo)
ROMA finalmente si è unita alle grandi città del mondo con un corteo immenso, che ha gridato con decine e decine di migliaia di voci: PALESTINA LIBERA.
Si è rotta quella cappa di passività che sembrava condannare il nostro paese oramai ai margini delle lotte e delle mobilitazioni.
La più grande manifestazione da molto tempo, almeno dal 15 ottobre del 2011, ha visto la presenza entusiasmante delle e dei giovani palestinesi, una vera forza della natura, avanguardia dei figli dei migranti che sempre più si fanno sentire nelle nostre città.
E poi una marea di ragazze e ragazzi, la grande maggioranza della manifestazione era sotto i trent’anni. Un evento che non si vedeva dai tempi di Genova 2001. Naturalmente c’erano anche i militanti di tante lotte, che hanno visto con gioia che una nuova generazione si sta radicalizzando e scende in campo.
Antonio Cantaro: L’Unione europea è finita. (Non) riposi in pace
L’Unione europea è finita. (Non) riposi in pace
di Antonio Cantaro
Giovedì 26 ottobre del 2023, 24 ore prima che la Stato di Israele iniziasse l’invasione della Striscia di Gaza, l’Unione europea è morta per infamia. Un giorno di tanti anni fa, una grande penna del quotidiano Il Manifesto mi ha insegnato che, a dispetto del popolarissimo detto, nessuno è mai veramente morto per vergogna. Ma per infamia, sì. Per infamia, si può e si deve morire. È giusto, è sacrosanto.
La firma di infamia è posta sotto il testo con il quale il Consiglio europeo tra i capi di Stato e di governo ha di fatto dato la sua benedizione al più efferato dei crimini di guerra, la vendetta su un popolo per i crimini commessi dai suoi (presunti) governanti. Nessuna tregua umanitaria, nessuna pietà per il popolo palestinese, questo è scritto nero su bianco nella risoluzione che ha contestualmente sancito la stessa possibilità di un futuro nell’area per il popolo d’Israele. Un capolavoro d’infamia.
Il “capolavoro” è tutto contenuto nella “parola chiave” della risoluzione coniata per l’occasione. I comuni mortali che non hanno dimenticato l’antico nobile sentimento europeo della pietas conoscono le espressioni tregua e cessate il fuoco.
Carola Frediani: Blackout su Gaza
Blackout su Gaza
di Carola Frediani*
Nella scorsa newsletter avevo raccontato come la Striscia di Gaza stesse subendo una progressiva riduzione della connettività. Negli ultimi tre giorni questa ha visto un ulteriore tracollo. Mentre le Forze di Difesa israeliane annunciavano di “espandere le operazioni di terra”, il servizio che monitora internet Netblocks riferiva di un “crollo della connettività nella Striscia di Gaza”. Vuol dire no internet, no comunicazioni telefoniche. Uno dei principali e ormai ultimi fornitori di telecomunicazioni palestinesi, Paltel, è stato fortemente colpito dagli intensi attacchi aerei, e ha dichiarato di aver subito “un’interruzione completa di tutti i servizi di comunicazione e internet” a seguito del bombardamento.
Interruzione confermata da Netblocks.
“Le continue esplosioni di attacchi aerei hanno illuminato il cielo di Gaza City dopo il tramonto di venerdì, quando si è verificato il black-out di internet, dei servizi cellulari e della rete fissa – scrive il WashPost – La Mezzaluna Rossa ha dichiarato di aver perso tutti i contatti con la sua sala operativa e con le squadre mediche.
Redazione: Gaza, nessuno deve sapere: Israele attacca via terra dopo aver imposto il blackout
Gaza, nessuno deve sapere: Israele attacca via terra dopo aver imposto il blackout
di Redazione
La soluzione finale non sarà teletrasmessa, questa l’evidente decisione presa dai vertici politici e militari israeliani. Ieri 27 ottobre, attorno alle sette di sera italiane, la striscia di Gaza è stata stretta da un blackout totale: nessuna copertura telefonica, né della rete internet. È la mossa finale di un assedio che già aveva privato gli abitanti di acqua, luce, rifornimenti di cibo e carburante. Poco dopo si sono scatenati i più violenti attacchi aerei dal 7 ottobre a questa parte e diverse unità di terra sono entrate nella Striscia. Non sappiamo se è l’inizio delle annunciate operazioni di terra (Israele gioca a confondere le idee su questo punto), ma da parte palestinese si annuncia che i combattimenti nelle strade tra le sigle della resistenza e l’esercito sono cominciati. Non sappiamo nemmeno quale sia il bilancio delle vittime, e questa è una scelta deliberata israeliana che, per essere sicura di non avere copertura mediatica degli ovvi massacri di civili che sta compiendo bombardando a tappeto una prigione a cielo aperto abitata da quasi tre milioni di individui che per la metà sono minorenni, oltre a tagliare ogni segnale ha anche avvisato i media internazionali presenti del fatto di non poter “garantire la sicurezza dei giornalisti”.
Salvatore Bravo: Impotenza e fatalismo
Impotenza e fatalismo
di Salvatore Bravo
L’epoca del capitalismo assoluto è connotata dall’assenza del metron, ciò si manifesta nel quotidiano in modo polimorfico. Dove non vi è misura manca il concetto. La razionalità non è solo “il proprio tempo appreso mediante il concetto”, essa reca in grembo la prassi. La razionalità politica e filosofica è forza motrice trasformativa. Il capitalismo assoluto con la dismisura ha fatto deflagrare la razionalità, pertanto l’assurdo e la contraddizione sono parte di un sistema anonimo di dominio e sfruttamento. Potenza e impotenza convivono, l’una è di sostegno all’altra. L’onnipotenza della produzione con il suo substrato: la tecnica, convive con l’impotenza generale.
A prescindere dalla classe sociale di appartenenza ogni cittadino-suddito del capitalismo vive la condizione tragica dell’impotenza. L’economicismo è un destino anonimo simile a una divinità lontana che richiede continui sacrifici umani. Il fato governa i manager come coloro che sono costretti ai viaggi della speranza, solcano i mari e terminano la loro vita in uno stato di abbandono psichico e fisico. Se allarghiamo lo sguardo, le città sono luoghi di verità, per coloro che vogliono guardare per capire.
John Bellamy Foster: Ecologia marxiana, Oriente e Occidente: Joseph Needham e una visione non eurocentrica delle origini della civiltà ecologica cinese
Ecologia marxiana, Oriente e Occidente: Joseph Needham e una visione non eurocentrica delle origini della civiltà ecologica cinese
di John Bellamy Foster
Si pensa spesso che il materialismo ecologico, di cui il marxismo ecologico rappresenta la versione più sviluppata, trovi le sue origini esclusivamente nel pensiero occidentale. Ma se così fosse, come spiegheremmo il fatto che il marxismo ecologico sia stato accolto tanto prontamente (o forse, più prontamente) in Oriente quanto in Occidente, scavalcando le barriere culturali, storiche e linguistiche per sfociare infine nell’attuale concetto di civilizzazione ecologica in Cina? La risposta è che, rispetto al materialismo dialettico e all’ecologia critica, esiste una relazione tra Oriente e Occidente molto più complessa di quanto si creda, una relazione che possiede radici millenarie.
Le concezioni materialista e dialettica della natura e della storia non nascono con Karl Marx. Le origini del “naturalismo organico” e dell’“umanismo scientifico”, secondo il grande scienziato e sinologo inglese marxista Joseph Needham, autore di Scienza e civiltà in Cina, possono essere fatte risalire al periodo che va dal sesto al terzo secolo a.C., sia in Grecia, a cominciare con i pre-Socratici sino ai filosofi ellenistici, sia nell’antica Cina, con l’emergere dei filosofi taoisti e confuciani durante il periodo delle guerre fra stati nella dinastia Zhou[1]. Come ha mostrato Samir Amin nel suo Eurocentrismo, la «filosofia della natura [come opposto della metafisica] è per essenza materialista» e ha costituito una «svolta cruciale nei modi di produzione tributari, sia in Oriente che in Occidente, a partire dal quinto secolo a.C.»[2].
In Within the Four Seas: The Dialogue of East and West nel 1969, Needham rilevava la massima rapidità con cui il “materialismo dialettico” venne adottato in Cina durante la Rivoluzione Cinese e come, in Occidente, questo fatto sia apparso come un grande mistero.
Leonardo Noschese: L’intelligenza artefatta
L’intelligenza artefatta
di Leonardo Noschese
Nella storia umana, l’innovazione tecnologica è una costante. Dalle punte di selce alle sonde spaziali, l’umanità ha sempre realizzato strumenti e macchine (dal greco antico μαχανά: mechanè). Spesso, con conseguenze più ampie di quelle previste. La stampa è nata per abbassare i costi dei documenti scritti, ma è divenuta soprattutto uno straordinario propulsore culturale. L’utilizzo dell’energia elettrica ha consentito l’illuminazione notturna, ma ha portato anche a nuove possibilità di socializzazione. Molte tecnologie hanno avuto effetto non solo sulla prosperità di chi le ha adottate, ma anche sul suo modo di comunicare, di pensare e di agire.
Pertanto, ora che ci troviamo di fronte a quell’innovazione dirompente che comunemente viene chiamata Intelligenza Artificiale, attorno alla quale sono nati tanti entusiasmi quante paure, è utile interrogarsi su cosa effettivamente essa sia e su cosa possa rappresentare per l’umano. Perché forse, nel dibattito attuale e spesso polarizzato, ci sono aspetti che non stiamo guardando.
Definizione
L’IA viene spesso descritta come un sistema in grado di assolvere funzioni riconosciute come umane, quali il compiere azioni complesse, il ragionare o l’interagire linguisticamente. A questa definizione si associano i moderni Chatterbot, quali Bard o ChatGPT, ma è proprio tale paragone a rivelare quanto essa sia fuorviante.
Il primo Chatterbot mai realizzato, ELIZA, risale al 1966 e venne descritto dal suo creatore J. Weizenbaum come l’imitazione parodistica di un terapeuta. Traendo spunto dall’approccio psicoterapico di Carl Rogers, ELIZA venne programmata per rispondere alle domande riformulando le stesse frasi dell’utente (“Oggi mi sento giù di morale.” – “Raccontami. Perché ti senti giù di morale?”).
Michele Paris: Israele, il dilemma di Gaza
Israele, il dilemma di Gaza
di Michele Paris
Mentre il numero ufficiale dei morti sotto le bombe di Israele a Gaza ha superato quota 5.000, il governo del primo ministro Netanyahu sembra essere vicino a ordinare un’invasione nella striscia che rischia di trasformarsi in un massacro ancora più sanguinoso sia per i civili palestinesi sia per i militari del regime di occupazione. La reazione criminale al blitz lanciato con successo da Hamas e Jihad Islamica il 7 ottobre scorso ha messo lo stato ebraico in una situazione senza vie d’uscita facilmente percorribili. Un’operazione di terra appare di fatto inevitabile per raggiungere l’obiettivo fissato da Tel Aviv, vale a dire l’eliminazione delle forze della “Resistenza” palestinese, ma comporta allo stesso tempo rischi considerevoli che, dietro l’ostentazione di forza del regime sionista, agiscono in qualche modo da freno alle manovre militari.
È evidente che la possibilità di una tregua non viene per ora presa nemmeno in considerazione da Israele e, nonostante il bilancio di vittime e l’ondata di rabbia espressa per il genocidio in corso con manifestazioni di protesta in tutto il mondo, gli stessi Stati Uniti hanno escluso questa ipotesi.
Roberto Iannuzzi: Gaza è un vicolo cieco per Israele e USA
Gaza è un vicolo cieco per Israele e USA
di Roberto Iannuzzi
L’intervento militare israeliano a Gaza, sostenuto dagli Stati Uniti, ha esiti incerti e conseguenze drammatiche dal punto di vista umanitario e della stabilità regionale
A venti giorni dal sanguinoso attacco di Hamas del 7 ottobre, e dall’inizio della rabbiosa risposta israeliana nella Striscia di Gaza, Tel Aviv e Washington (che nel frattempo è giunta in soccorso dell’alleato fornendo supporto politico, finanziario e militare) si trovano in un dilemma strategico: definire obiettivi realistici dell’operazione bellica in corso, scongiurando un pericoloso allargamento del conflitto che potrebbe minacciare la già fragile stabilità mondiale.
Il governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu ha imposto un assedio totale a Gaza, dove sono stipate 2 milioni e trecentomila persone, privando la Striscia di corrente elettrica, acqua, cibo e carburante, e ha scatenato una campagna senza precedenti di bombardamenti aerei, in vista di un’offensiva di terra.
Obiettivo dichiarato della leadership israeliana è l’eliminazione delle infrastrutture militari e politiche di Hamas, e possibilmente il definitivo annientamento dell’organizzazione.
Sergio Cararo: Israele sta facendo saltare tutto il Medio Oriente. Italia ed Europa si suicidano
Israele sta facendo saltare tutto il Medio Oriente. Italia ed Europa si suicidano
di Sergio Cararo
L’ambasciatore israeliano all’Onu Gilad Erdan, parlando alla sessione speciale di emergenza dell’Assemblea Generale, si è scagliato anche contro la bozza di risoluzione presentata dalla Giordania che dovrebbe essere votata in queste ore, definendola “ridicola” e sottolineando che “quando si legge questa bozza, Hamas sembra perso per strada, è una vergogna per la vostra intelligenza, è una follia che un testo che neppure menziona Hamas venga anche solo preso in considerazione per essere votato”.
La cosa non sorprende visto l’attacco frontale scatenato due giorni contro lo stesso segretario generale dell’Onu Guterres. Ma questa volta c’è qualcosa in più.
Nel frattempo infatti Emirati Arabi Uniti, Giordania, Bahrein, Arabia Saudita, Oman, Qatar, Kuwait, Egitto e Marocco hanno condannato gli attacchi contro i civili e le violazioni del diritto umanitario internazionale nella Striscia di Gaza.
Paolo Di Marco: La realtà nasce dalla mente
La realtà nasce dalla mente
di Paolo Di Marco
Viene citata anche da Rovelli in Helgoland, e sta prendendo sempre più piede la convinzione fra gli scienziati che la percezione del mondo non segua un percorso esterno ->interno ma viceversa: dal nostro cervello estraiamo un’idea del mondo circostante e mediante la percezione la rinforziamo o correggiamo.
1-Krugman su percezione del crimine e percezione dell’economia (NYT, 24/10)
Utilizzando una serie di statistiche storiche, l’economista (Nobel) Paul Krugman ci fa vedere come negli Stati Uniti la percezione della criminalità sia indipendente dall’andamento reale del fenomeno.
Ci sono diversi elementi che concorrono: percezione selettiva, memoria selettiva, notizie distorte su televisioni e giornali; ma l’elemento determinante appare essere la convinzione a priori: i repubblicani vedono il crimine aumentare coi presidenti democratici, i democratici all’opposto.
Un identico fenomeno avviene con l’economia. (v lo stesso Krugman sul NYT).
David Insaidi: Conflitto israelo-palestinese: serve un mondo multipolare
Conflitto israelo-palestinese: serve un mondo multipolare
di David Insaidi
Sono ben note le vicende delle ultime due settimane accadute attorno alla Striscia di Gaza, ossia l’attacco di Hamas a Israele – che curiosamente sembra aver colto di sorpresa quest’ultimo, pur essendo dotato di uno dei servizi segreti considerati tra i più efficienti al mondo, il Mossad – seguito dalla risposta estremamente brutale di Netanyahu in teoria contro Hamas, ma di fatto contro l’intera popolazione palestinese di Gaza.
Non è certo la prima volta che accadono cose del genere, ma ora la questione si presenta assai diversa dal solito e per più di un motivo.
Intanto per l’entità del numero delle vittime: tra israeliani e palestinesi stiamo già, dopo una decina di giorni, a oltre 4 mila morti, in grande maggioranza – neanche a dirlo – palestinesi. E tutto lascia pensare che siamo soltanto all’inizio.
Poi perché questa volta, a differenza delle altre, Israele non si limita a bombardare la Striscia di Gaza, ma sta preparando un’invasione di terra, il che rischia di produrre seriamente un’escalation e di coinvolgere altri paesi, come il Libano, l’Iran, la Siria e altri ancora.
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