Newsletter Sinistrainrete 20231106

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Alessandro Bianchi: Reportage dalla Cina – BRI ad alta qualità

lantidiplomatico

Reportage dalla Cina – BRI ad alta qualità

Come funziona la “nuova piattaforma delle relazioni internazionali”

di Alessandro Bianchi

Da Pechino, Zhengzhou e Fujan (15-25 ottobre 2023)

“Per condurre una vita significativa, bisogna costruire la felicità con gli altri”. Questo proverbio cinese mi ha costantemente accompagnato nei 10 giorni in cui ho potuto assaporare in prima persona il sostrato storico, culturale e politico della Belt and Road Initiative (o nuova via della Seta), il pilastro più importante della politica internazionale della Cina contemporanea.

Davvero difficile trovare le giuste parole per spiegare la “comunità dal destino condiviso per l’umanità”, alla base del progetto di Pechino, in un paese, come il nostro, che ha smesso di concepire un futuro solidale di uguaglianza e diritti sociali per la nostra di collettività, figuriamoci in una visione globale.

Nel 2013, il neoeletto presidente cinese Xi Jinping annunciava al mondo la nascita della “One Belt One Road”, un immenso progetto infrastrutturale che avrebbe legato, come una nuova via della seta appunto, decine di paesi sulla base di un approccio di cooperazione e “win win”. 10 anni dopo “i progetti sono divenuti realtà” e Xi ha decretato, in occasione del Terzo Belt and Road Forum, l’inizio di una più ambiziosa fase: la “Bri ad alta qualità”.

“Siamo dalla parte corretta della storia”, ha chiosato Xi nel suo discorso di inaugurazione nella Sala del Popolo il 17 ottobre a Pechino che molti funzionari del PCC ci hanno definito di “portata storica”. 8 nuovi punti programmatici che scandiranno le prossime tappe di quella che il presidente cinese ha definito la “nuova piattaforma delle relazioni internazionali”, un’iniziativa che ha già tolto dalla povertà milioni di persone nei 150 paesi aderenti.

I prossimi anni, secondo il presidente XI, devono prevedere il passaggio ad una BRI di “alta qualità”, con due direttive di riferimento: la connessione tecnologica e la cooperazione “people to people” nel rispetto delle diverse civilizzazioni dei popoli aderenti.

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Patrizio Paolinelli: Mille nomi per Lady Society

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Mille nomi per Lady Society

di Patrizio Paolinelli

Le immagini della società orientano il modo in cui individui e gruppi interpretano il mondo in cui vivono. Ma come orientarsi quando tali immagini si moltiplicano senza sosta? Mille nomi per Lady Society costituisce un iniziale tentativo di risposta. Allo scopo fa un primo punto della situazione, problematizza la proliferazione di immagini della società e sollecita l’apertura di nuovi spazi di comunicazione tra la sociologia e il suo oggetto di studio.

  1. silhouette arte concettuale psiche
umane.jpgLavoro di nominazione

Il nome è un’immagine. Società arretrata. Ecco un nome attribuito a una popolazione umana osservata dalle scienze sociali. Il nome presenta il vantaggio di “fotografare” tale popolazione colta in un determinato spazio-tempo. Tra le discipline che hanno la legittimità di coniare nomi per identificare una società la sociologia si è conquistata da tempo il posto d’onore. Ieri come oggi i sociologi analizzano le società e individuano dei tipi. Ai tipi di società impongono un nome con cui rimandano a un’immagine sintetica in modo da qualificarli e stabilire delle differenze: società agricola, società industriale; società tradizionale, società moderna; società di massa, società individualizzata e così via.

Il nome è un evento. E l’evento è il libro con cui si attribuisce un nuovo nome alla società. Il libro può avere diversi destini determinati dalle porte girevoli con cui il testo entra ed esce dai circuiti di lettori specializzati e da quelli dei lettori non specializzati. Due casi: un libro può registrare più vendite fuori che dentro la comunità scientifica e suscitare un’attenzione elevata nelle pagine culturali del mondo dell’informazione; oppure può registrare poche vendite tra il pubblico dei non addetti ai lavori, ma godere di un’alta attenzione del mondo universitario e di un’attenzione relativa del mondo dell’informazione. Si tratta di due tipi di successo che possono essere analizzati da diversi punti di vista: commerciale, culturale, politico.

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Giorgio Ferrari: Palestina mon amour

labottegadelbarbieri

Palestina mon amour

di Giorgio Ferrari

GiorgioF palestinImmag.jpgOgni cosa a suo tempo. Così si diceva una volta, ma poi di tempo ne è passato troppo e le cose non sono state messe a posto.

Ora s’è fatto tardi, quasi per tutto.

Passato è il tempo delle ribellioni e poco ne resta per fare fronte al peggio che avanza.

Eppure lo sapevamo, noi che gentili non fummo, ma non abbastanza da scuotere l’indifferenza del mondo per i crimini commessi contro l’umanità più indifesa.

Ci sono molti modi di uccidere.

Si può uccidere una persona con le armi, privarla di cibo e acqua, impedirle di curarsi, confinarla in una prigione a cielo aperto, espropriarla della terra su cui è nata, spingerla al suicidio, negarle lo status di essere umano.

Nessuno di questi modi è proibito a Gaza e solo alcuni lo sono per il diritto internazionale.1

Per questo, a Gaza, si muore di più che in ogni altro luogo.

In questa striscia di terra c’è tutta l’indifferenza del mondo occidentale, l’immagine nascosta della sua ingannevole predicazione universalistica.

Gaza è una bugia, il significante osceno di un linguaggio che ammicca all’esistenza di un mondo capovolto: l’apartheid ammicca ai diritti; i diritti ammiccano alle libertà; le libertà ammiccano alle privazioni che ammiccano ai bisogni, alla terra, e a tutto ciò che è vanto e gloria del mondo occidentale, ingessato com’è dentro una colossale menzogna.

Gaza è inumana e perciò sfugge a qualsiasi rappresentazione, anche la più ardita che si possa concepire.

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Leila Seurat: Hamas e la società palestinese

sinistra

Hamas e la società palestinese

di Leila Seurat

Nota Introduttiva – Sebbene la realtà spesso cozzi in modo patente con i nostri desideri di comunisti e internazionalisti, non saremmo «materialisti» se nascondessimo la testa sotto la sabbia o, peggio, se scambiassimo i secondi per la prima. «Analisi concreta della situazione concreta», significa in primo luogo considerare le condizioni reali, empiricamente constatabili, in cui si svolgono i conflitti sociali, politici e geo-politici, rinunciando ad applicare formule e schemi precostituiti, buoni per tutte le stagioni. Oggi, piaccia o meno, tra i proletari di Gaza, della Cisgiordania, e persino tra gli arabi israeliani, il neo-nazionalismo di Hamas gode di un consenso vastissimo. Alle posizioni antisioniste, venate di razzismo antigiudaico1, o a quelle dell’antimperialismo a senso unico (il cosiddetto campismo), che si schierano «senza se e senza ma» con Hamas, con la resistenza palestinese e con i suoi sponsor internazionali – posizioni inaccettabili per un comunista – fa da contraltare un internazionalismo astratto che, come un disco rotto, continua inascoltato ma imperterrito a lanciare i suoi appelli alla «unità di tutti i proletari», al di là delle divisioni nazionali, etniche, religiose etc., senza avvedersi che – soprattutto nel contesto del conflitto israelo-palestinese (!) – mai come oggi si tratta di una prospettiva completamente fuori portata; così come non riesce a cogliere le precise ragioni materiali che stanno alla base di questo stato di cose, limitandosi tutt’al più a rimuginare amaramente sul fatto che i suddetti proletari, «contro i loro stessi interessi» (sic!) e contravvenendo alle aspettative dei «rivoluzionari», si farebbero stoltamente abbindolare dalle sirene ideologiche delle rispettive borghesie (Cfr., in appendice, L’intramontabile appeal del nazionalismo e le sue ragioni materiali). L’articolo riportato qui sotto, vuole essere un piccolo contributo nella direzione di una lettura non ideologizzata del conflitto in corso in Medio Oriente. [F. B.]

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Mariam Abudaqa: «Aiutateci a diffondere la verità su Gaza»

jacobin

«Aiutateci a diffondere la verità su Gaza»

Harrison Stetler intervista Mariam Abudaqa

La femminista palestinese Mariam Abudaqa era in Francia quando Israele ha distrutto la sua casa. Il governo francese ha cercato di espellerla, lei non smette di denunciare i crimini di guerra

A settembre, la nota attivista palestinese Mariam Abudaqa è arrivata in Francia per un giro di conferenze. Era venuta a parlare come femminista, invitata anche all’Assemblea nazionale dal partito di sinistra La France Insoumise. Ma Abudaqa è stata rapidamente coinvolta nel dibattito francese sull’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre e sulla crisi a Gaza causata dalla ritorsione di Israele. Il 9 ottobre, il presidente del parlamento ha bloccato la decisione di farla parlare all’Assemblea nazionale. Una settimana dopo, la settantaduenne Abudaqa è stata arrestata alla stazione ferroviaria Saint Charles di Marsiglia e le è stato ordinato di rimanere agli arresti domiciliari fino alla sua eventuale espulsione dalla Francia.

Nel contesto della repressione generale contro la solidarietà con la Palestina, il ministero degli Interni francese ha giustificato l’espulsione di Abudaqa sulla base della sua appartenenza al Fronte popolare per la liberazione della Palestina, un gruppo incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione europea.

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Ennio Bordato: La verità sui bambini “rubati” dalla Russia

lafionda

La verità sui bambini “rubati” dalla Russia

di Ennio Bordato

Fra le immense falsità della propaganda di guerra dell’Occidente “collettivo”, quella che disgusta di più, che fa rovesciare lo stomaco, è la costruzione dell’immenso falso sui bambini “rubati” dalla Russia in Ucraina. Questa “notizia” artatamente costruita a tavolino dagli esperti della comunicazione dei servizi occidentali è stata motivo dei mandati di arresto internazionali della Corte penale internazionale per il Presidente Putin e per Marija L’vova-Belova, Difensore civico dei Diritti dell’infanzia della Federazione Russa.

In due recenti conferenze stampa la L’vova Belova ha demolito, con documenti, dati e fatti l’immensa massa di menzogne sui bambini “rubati”.

Innanzitutto, nel contesto dell’Operazione militare speciale, il Difensore dei diritti dei bambini ha osservato che subito dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, l’assistenza di emergenza ai bambini è stata una assoluta priorità:

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comidad: Per giustificare l’errore ci vuole l’orrore

comidad

Per giustificare l’errore ci vuole l’orrore

di comidad

Le motivazioni con cui il Tribunale di Sorveglianza ha respinto la revoca del regime del 41 bis ad Alfredo Cospito potrebbero essere accolte in un manuale di psichiatria come esempio del modo di “ragionare” (o sragionare) di un disadattato, di una persona incapace di misurarsi in modo equilibrato con le difficoltà e le contrarietà dell’esistenza. Al Tribunale infatti non si era chiesto di dire perché non gli piace Cospito e non se lo vuole sposare, ma il motivo per cui non sarebbe gestibile come detenuto in via ordinaria. Il Tribunale di Sorveglianza contesta una presunta incoerenza alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, in quanto essa richiede la revoca del 41 bis a Cospito nonostante riconosca che è “socialmente pericoloso” e che sarebbe una “figura di spicco”. Allora secondo il Tribunale di Sorveglianza chi sarebbe l’ideale di detenuto a regime ordinario? Una Madre Teresa di Calcutta in incognito?

Al di là delle sue arrampicate sugli specchi, si può comprendere il vero motivo del risentimento del Tribunale di Sorveglianza verso Alfredo Cospito.

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Michele Paris: Netanyahu e la soluzione finale

altrenotizie

Netanyahu e la soluzione finale

di Michele Paris

L’obiettivo primario di Israele nella campagna criminale in corso a Gaza è l’espulsione totale della popolazione palestinese dalla striscia. Non sono soltanto i proclami dei leader del regime sionista e le azioni delle sue forze armate in queste settimane di guerra a dimostrarlo, ma anche alcuni documenti pubblicati recentemente da organi del governo e da enti a esso molto vicini. L’appropriazione totale delle terre palestinesi si basa sia su teorie al limite del patologico basate sui testi sacri sia sul principio della forza pura e semplice che da decenni viene favorito dall’appoggio garantito allo stato ebraico dagli Stati Uniti e dal resto delle “democrazie” occidentali.

All’interno del regime di Netanyahu sta circolando almeno un piano per portare a termine la pulizia etnica di Gaza e l’occupazione definitiva di questo territorio da parte di Israele. Il giornale israeliano Mekovit ha infatti rivelato nei giorni scorsi il contenuto di uno studio realizzato dal ministero dell’Intelligence, nel quale si raccomanda il trasferimento forzato dei circa 2,3 milioni di palestinesi residenti a Gaza.

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Emiliano Brancaccio: “Dietro la guerra c’è sempre il denaro”

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“Dietro la guerra c’è sempre il denaro”

Umberto De Giovannangeli intervista Emiliano Brancaccio

«Le attuali tensioni belliche sono alimentate dai problemi di competitività e debito estero dell’economia americana che hanno portato alla svolta protezionista degli Usa. La guerra è prosecuzione del capitalismo con altri mezzi»

La guerra e il suo costante intreccio con le dinamiche economiche che spesso la determinano. Dall’Ucraina a Gaza. Esistono condizioni economiche per la pace? Un tema di scottante attualità. L’Unità ne discute con Emiliano Brancaccio, docente di politica economica presso l’Università del Sannio, esponente delle cosiddette scuole di pensiero economico critico e protagonista di numerosi dibattiti a due con esponenti di vertice dell’accademia e delle istituzioni internazionali, dal premio Nobel Vernon Smith all’ex capo economista del FMI Olivier Blanchard. Brancaccio è anche autore di un libro recente dal titolo La guerra capitalista, pubblicato da Mimesis…

* * * *

Professor Brancaccio, Lei è stato promotore dell’appello internazionale “The economic conditions for the peace” pubblicato sul Financial Times, Le Monde ed Econopoly del Sole 24 Ore. Le chiedo: di fronte alla guerra a Gaza, come s’innestano le considerazioni che sostanziano l’appello?

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