Newsletter Sinistrainrete 20231201

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Andrea Pannone: Le ragioni del profitto sulla linea di sangue tra Israele e Gaza

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Le ragioni del profitto sulla linea di sangue tra Israele e Gaza

di Andrea Pannone

0e99dc d596ca68645f417ab438ee86a6d8808emv2In questo articolo Andrea Pannone ragiona sulle cause strutturali del conflitto palestinese, guardando alle logiche che muovono gli interessi materiali ed economici delle potenze occidentali, Stati Uniti in primis. L’autore ci spiega come la nuova natura degli Stati nazionali sia inseparabile dagli interessi dei maggiori gruppi economico-finanziari. In questo contesto sono proprio i settori della difesa e militare ad essere maggiormente integrati a questo sistema, che si avvia ad essere uno dei principali settori trainanti dell’economia.

* * * *

Leggendo in queste settimane commenti e articoli dei media mainstream sul nuovo drammatico conflitto tra Israele e palestinesi, è difficile non riconoscere un (più o meno) intenzionale processo di allontanamento dalla comprensione delle sue reali cause, peraltro non dissimili da altri conflitti bellici attualmente in corso su scala planetaria, pur nelle loro specifiche manifestazioni geografiche, storiche e culturali. Il punto è perfettamente sintetizzato da Emiliano Brancaccio in un post su Econopoly: «Più che occuparsi di comprensione dei fatti, i “geopolitici” di grido paiono affaccendati in una discutibile opera di persuasione, che consiste nel suscitare emozioni e riflessioni solo a partire da un punto del tempo scelto arbitrariamente. Essi ci esortano a inorridirci e a prender posizione, per esempio, solo a partire dalle violenze di Hamas del 7 ottobre 2023, mentre suggeriscono di spegnere sensi e cervelli sulla trasformazione israeliana di Gaza in un carcere a cielo aperto, o su altri crimini e misfatti compiuti dai vari attori in gioco e anteriori a quella data. Inoltre, come se non bastasse l’arbitrio del taglio temporale, ci propongono di esaminare i conflitti militari come fossero mera conseguenza di tensioni religiose, etniche, civili, ideali. Quasi mai come l’esito violento di dispute economiche».

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Emiliano Gentili, Federico Giusti e Stefano Macera: La riforma previdenziale del Governo Meloni

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La riforma previdenziale del Governo Meloni

di Emiliano Gentili, Federico Giusti e Stefano Macera

Pensioni devi morire.jpgLa strategia del Governo sembra puntare a rendere difficile e meno conveniente il pensionamento anticipato. Con il passare degli anni, essendo sempre più residuale la componente di spesa associabile al calcolo retributivo degli importi pensionistici (sistema misto)1, il risparmio per le casse dello Stato è divenuto via via meno consistente.

Tutte le forme di pensionamento anticipato, difatti, comportano una riduzione della pensione in cambio della sua erogazione anticipata per alcuni anni. Se questa, con la scomparsa del calcolo retributivo degli importi, si va riducendo di per sé, la convenienza per lo Stato del pensionamento anticipato viene gradualmente meno.

E così il Governo ha deciso di renderlo meno oneroso per le casse pubbliche, modificandone i parametri d’accesso, calcolando l’importo degli anni di pensione anticipata interamente col sistema contributivo e abbassando, per di più, il limite di importo massimo consentito dell’assegno mensile (sì, perché non si può andare anticipatamente in pensione con importi troppo elevati).

I lavoratori iscritti alla Cassa pensione dipendenti enti locali, alla Cassa pensione sanitari, alla Cassa pensione insegnanti e alla Cassa pensione ufficiali giudiziari, invece, subiranno una modifica peggiorativa delle aliquote di calcolo della componente retributiva della pensione.

A perderci saranno principalmente le pensioni dei dirigenti, ma anche uno stipendio medio-basso come quello dell’impiegato degli enti locali lascerebbe sul campo oltre il 3%, che per redditi di questo tipo non è poco.

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Roberto Artoni: Esoterismo e politica economica

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Esoterismo e politica economica

di Roberto Artoni

Stregoni dei conti300.jpgLe decisioni sono soggette ad ampi margini di discrezionalità per l’inosservabilità di molti parametri che ne dovrebbero essere la base. E’ comunque illusorio definire le scelte con il ricorso a modelli e relative stime econometriche che per la loro molteplicità e indeterminatezza non possono che far emergere nell’adozione di specifiche politiche presupposti collocabili fra l’ideologico e il prescientifico.

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1 – Le scelte di politica economica sono caratterizzate da un notevole grado di esoterismo: la stragrande parte della popolazione ritiene più o meno consciamente che esista una verità univocamente definita, penetrabile solo da pochi sacerdoti e non acquisibile dai profani.

L’esempio, a mio giudizio tipico, è costituito dalle manovre dei tassi di interesse attuate da Federal Reserve e Banca Centrale Europea al fine di controllare il tasso d’inflazione, riportandolo al valore obiettivo. Conviene premettere che il tasso di interesse manovrato dalle autorità monetarie è costituito dal tasso di rifinanziamento principale, ovverosia dal tasso che le banche devono corrispondere all’ECB quando prendono a prestito a breve termine.

2 – Nell’interpretazione delle manovre di politica monetaria delle banche centrali, è ricorrente nei testi di politica economica la cosiddetta regola di Taylor [Storm 2023], che ha a prima vista un aspetto non accattivante, ma è facilmente intellegibile:

i = p +r* + a(p –p*) +b (y – y*)-

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Piccole Note: NYT: il numero delle vittime di Gaza è di portata epocale

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NYT: il numero delle vittime di Gaza è di portata epocale

di Piccole Note

Si tratta per un prolungamento della tregua. “Il tasso di morti causato dall’attacco israeliano ha pochi precedenti in questo secolo”. Una campagna militare incomprensibile

Nel momento in cui scriviamo Israele e Hamas stanno trattando: sia sulla liberazione di altri ostaggi e di altri prigionieri palestinesi che sul prolungamento della tregua, ma anche su altro e più segreto, come rivela la dichiarazione di Netanyahu sulla promessa che i leader di Hamas residenti in Qatar non verranno assassinati (Jerusalem Post). Probabile che in questi giorni di tregua si stia trattando su possibili scenari di Endgame successivi alla seconda ondata (possibile che la promessa di incolumità di Netanyahu sia legata a una analoga rassicurazione sul suo destino, dal momento che rischia la morte politica, e non solo).

Hamas si è detto disponibile allo scambio di ulteriori prigionieri e al prolungamento della tregua, opzione sostenuta anche da Biden che sta facendo pressioni in tal senso sulla leadership israeliana, la quale appare propensa, ma ha avanzato riserve sulle persone da scambiare. Un esito positivo è nell’aria, ma le cose possono precipitare d’improvviso.

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Federico Giusti: Confutare il dogma della produttività

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Confutare il dogma della produttività

di Federico Giusti

Politica dei sacrifici, scelte per il bene del paese, austerità sono ormai frasi fatte per imporre scelte economiche improntate a tagli salariali e alle spese sociali

Ha ragioni da vendere Clara E. Mattei nel sostenere come la crescita economia sia costruita sui bassi salari per imporre regole e ordine del Capitale.

E questo ordine diventando dogma assoluto necessita volta per volta di rivedere le proprie politiche per occultare le contraddizioni intrinseche al modo di produzione capitalistico allontanando al contempo ogni critica radicale allo stesso e soluzioni antagoniste o alternative.

Le politiche di austerità e di contenimento del debito per anni sono state funzionali alla riduzione della spesa pubblica e ai processi di privatizzazione, con l’arrivo della crisi pandemica e poi di quella economica sono stati parzialmente rivisti i parametri economici relativi al rapporto tra Pil e spesa pubblica, il dogma della crescita si è legato ai processi di ristrutturazione da raggiungere con i fondi PNRR.

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Francesco Dall’Aglio: Chi ha spinto perché la guerra continuasse in Ucraina?

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Chi ha spinto perché la guerra continuasse in Ucraina?

di Francesco Dall’Aglio*

Al di là del fatto che, come si vede dalla foto, sembra il cosplayer di Zelensky (stessa giacca militare, stessa maglietta, stessa barba e taglio di capelli, espressioni facciali molto simili), Davyd Arakhamia è uno di quei personaggi che negli ultimi anni sono passati sostanzialmente inosservati per l’opinione pubblica.

Si tratta invece di uno di quegli uomini che, pur occupando posizioni oggettivamente di secondo piano (è il capo del gruppo parlamentare di Sluga Narodu, ovviamente il partito di Zelensky) è un ingranaggio abbastanza importante, ed è per questo che la sua intervista dell’altro ieri è molto interessante.

Arakhamia è il classico Homo Tardosovieticus: famiglia georgiana di Gagra, nato a Sochi (Russia), trasferitosi in Ucraina con la famiglia dopo la guerra in Abkhazia del 1992, educazione “occidentale” (laurea all’Università Europea di Kiev, master in Management alla Open University di Londra), fondatore di svariate compagnie di tecnologie informatiche, in politica dal 2014 come consigliere del Ministero della Difesa, deputato dal 2019 e subito leader del gruppo parlamentare del suo partito, membro del circolo ristretto di “consiglieri” di Zelensky anche se è uno di quelli il cui nome compare più raramente.

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Mattia Gambilonghi: Con Tronti, per riprendere il filo della storia

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Con Tronti, per riprendere il filo della storia

di Mattia Gambilonghi

Intervento pronunciato in occasione della giornata in ricordo di Mario Tronti, tenutasi l’8 novembre scorso a Roma a tre mesi dalla sua scomparsa

Raccontare storie di vita operaia, dice Tronti nel suo ultimo libro, è “un atto di insubordinazione antagonista”, capace di segnare una cesura rispetto all’immaginario dell’auto-imprenditorialità e di una società senza interessi contrapposti. Un atto affermante con risolutezza che la Storia non è finita.

* * * *

Credo che la rilevanza del volume, curato da Tronti e Teodonio, volto a rappresentare il primo e indispensabile mattone per un più sistematico Atlante della memoria operaia, risieda essenzialmente nell’ambizione che esso incarna e a cui tenta – attraverso i contributi che raccoglie e in cui si articola – di fornire una concreta applicazione. Sarebbe a dire, la volontà – che viene espressa sin da subito e a chiare lettere nell’introduzione di Mario Tronti – di approcciarsi al tema del conflitto sociale e della lotta di classe focalizzando l’attenzione su alcuni determinati aspetti tralasciati e misconosciuti persino una tradizione teorica e da un preciso filone del marxismo, come quello operaista, che nel suo processo di distinzione dalle altre “scuole” e correnti aveva fatto dell’assunzione del “punto di vista operaio” la chiave interpretativa per comprendere, decostruire decodificare la logica di sviluppo del capitale, le sue leggi di movimento, il tipo di innovazioni tecnologiche con cui esso, di volta in volta, plasmava l’organizzazione del lavoro in reazione all’iniziativa operaia.

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Giorgio Agamben: Quando il falso diventa vero

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Quando il falso diventa vero

di Giorgio Agamben

Mi è stato detto che su Facebook figurano uno o più profili a mio nome e con la mia fotografia, sui quali vengono pubblicati testi e fotografie e scambiate – anche se non so bene cosa significhi – amicizie. Questi profili sono falsi e io non ne sono in alcun modo responsabile.

Sono parte anch’essi a loro modo del tentativo ormai in corso da tempo, ma che si è accelerato senza limiti negli ultimi tre anni, di cambiare lo statuto del vero e del falso nei rapporti fra gli uomini. Anche in questo caso, tuttavia, la contraddizione fra il progetto consapevole e i suoi risultati mostra che chi crede oggi di governare il mondo non sa più che cosa sta facendo. Come abbiamo già avuto modo di suggerire in questa rubrica, se la sostituzione del falso al vero diventa integrale, chi mente non sa più di mentire e verità e menzogna, buona fede e mala fede si confondono nella sua mente fino a diventare indiscernibili. Ciò significa che la menzogna sfugge al suo controllo e può ritorcersi innanzitutto contro di lui, costringendolo ad agire contro i suoi stessi interessi fino a portarlo eventualmente all’autodistruzione.

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Visconte Grisi: Che cosa c’entrano i BRICS con la guerra in Ucraina?

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Che cosa c’entrano i BRICS con la guerra in Ucraina?

di Visconte Grisi

guerra in Ucraina.bdjjpgC’è un elemento che non viene adeguatamente considerato quando si parla delle motivazioni profonde della guerra in Ucraina, vale a dire l’importanza assunta dalla questione logistica e, in particolare, dal controllo dei porti e delle vie di comunicazione marittima del Mar Nero nel commercio del grano ucraino e delle materie prime russe. Questa motivazione profonda, che sovente viene nascosta dietro le rivendicazioni territoriali sul Donbass di cui non vengono specificate le ragioni, è venuta chiaramente in luce in seguito a un episodio del conflitto risalente ai primi di agosto e di cui hanno parlato le cronache.(1)

In quella occasione i russi hanno attaccato e “distrutto un grande silos granario e altre attrezzature portuali” situate nei pressi di Odessa a pochi chilometri dal territorio della Romania. L’azione mirava naturalmente a ostacolare l’esportazione dei cereali ucraini e, quindi, ad “eliminare il principale concorrente dal mercato” visto che “Russia e Ucraina sono tra i principali produttori agricoli mondiali”. L’Ucraina ha risposto all’attacco colpendo due navi russe nel porto di Novorossijsk sul Mar Nero, a poca distanza da un “gigantesco hub russo di esportazione di materie prime” comprendenti grano, petrolio, carbone e fertilizzanti. Per di più nello stesso terminal marittimo “arriva il petrolio del Kazakistan con cui l’Italia e l’Occidente hanno aumentato i contratti dopo le sanzioni a Mosca”, senza contare che “dietro l’etichetta del petrolio kazako si nasconde la fornitura di greggio russo”.

La guerra quindi può ostacolare, ma non riesce a fermare il commercio internazionale conseguente al formarsi del mercato mondiale. La stessa cosa si può dire per la guerra economica scatenata dagli Stati Uniti contro la Cina iniziata già ai tempi di Obama, portata poi a livelli più alti da Trump attraverso l’imposizione di dazi doganali e il blocco dei prodotti delle principali società tecnologiche cinesi come Huawei, politica poi proseguita da Biden, in particolare sulla questione dei chips o semiconduttori.(2)

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Glauco Benigni: European Digital Id Wallet

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European Digital Id Wallet

di Glauco Benigni

Per darci “sicurezza, fiducia e garanzie” la UE vuole in ostaggio il nostro “gemello digitale”

fotomodsi.jpgDa qualche anno, ma sempre con maggiore insistenza, in Europa si parla di un “Portafoglio digitale personale”. Cioè di una App tipo Green Pass, anzi una evoluzione della stessa tecnologia, che secondo molti può rappresentare una forma di controllo estrema e molto raffinata. Di che si tratta ?

Ce lo ho spiegò già nel settembre 2020 la Signora Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, nel suo discorso sullo stato dell’Unione, con queste parole:

“Ogni volta che un’App o un sito web ci chiede di creare una nuova identità digitale o di accedere facilmente tramite una grande piattaforma, non abbiamo idea di cosa succede ai nostri dati in realtà. Per questo motivo la Commissione proporrà una sicura identità europea. Qualcosa di cui ci fidiamo e che ogni cittadino possa utilizzare ovunque in Europa per fare qualsiasi cosa, dal pagare le tasse all’affitto di una bicicletta. Una tecnologia in cui possiamo controllare noi stessi, quali dati vengono utilizzati e come.”

Da queste parole sembrerebbe di capire che la Commissione Europea si sia stancata del fatto che i satelliti dei “5 Eyes” (le Nazioni anglofone) e i Social network raccolgono dati, li inoltrino ai loro Servizi Segreti e li vendano anche alle Aziende multinazionali, tipo pubblicitari e farmaceutiche … e quindi si sia detta … “No, basta ! Visto che del GDPR (il Regolamento europeo per la protezione della privacy) se ne fregano, allora i dati li raccogliamo anche noi.”

Attualmente ogni Stato membro della UE può sviluppare sistemi di “identificazione elettronica”, ma tali sistemi non sono ancora interoperabili con gli altri Stati. La nuova proposta sanerà tale carenza e in dettaglio:

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Franco Piperno: Esiste davvero la velocità della luce?

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Esiste davvero la velocità della luce?

Considerazioni sulla capacità della fisica di distinguere tra parole e cose

di Franco Piperno

Schermata del 2023 11 29 15 34 32.pngUn testo di Franco Piperno, pensato originariamente per la Scuola di Dottorato «Archimede» e per il Dottorato in Filosofia dell’Unical.

«Riuscire a districare il reale dal linguistico, le cose dalle parole è un obiettivo importante per possedere a pieno i fondamenti logici della teoria relativistica e potere eventualmente superarne i limiti e le contraddizioni. Purtroppo questa attenzione critica agli aspetti semantici della teoria – quelli che la mettono in comunicazione con il senso comune — difetta in generale tanto nei testi quanto nelle lezioni e nei seminari universitari. Da questo punto di vista, sembra essenziale che per quanto riguarda i fondamentali della disciplina, non ci si limiti ai manuali ma si favorisca la lettura degli scritti originari, quelli che hanno determinato le rotture epistemologiche nella storia della fisica».

* * * *

Introduzione – Velocità versus tempo. Dal tempo assoluto di Newton alla velocità assoluta di Einstein

I) Introduzione.

Il concetto di simultaneità costituisce la chiave di volta della relatività speciale. I famosi effetti di contrazione delle lunghezze e dilatazione dei tempi riposano interamente sulla relatività della simultaneità.

All’età di sedici anni, Einstein, come racconta nelle sue Note autobiografiche, aveva avvertito una certa inquietudine davanti al ruolo che svolge la velocità della luce nell’elettromagnetismo; ma solo cinque anni più tardi aveva trovato un modo di trattare la questione ricorrendo al concetto di simultaneità.

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Federico Giusti: Narrazione padronale e sindacati in sintonia

lantidiplomatico

Narrazione padronale e sindacati in sintonia

di Federico Giusti

Il presidente di Confindustria Bonomi dalle pagine del Sole 24 Ore lancia un messaggio distintivo alla Cgil asserendo «Con i sindacati lavoriamo insieme per agganciare le transizioni, l’anno prossimo banco di prova per i rinnovi dei contratti»

Non sappiamo ancora se tale invito sarà raccolto ma stando alla esperienza maturata in questi anni siamo certi che le parti datoriali non tarderanno ad incontrarsi per cercare una intesa da riportare anche ai tavoli del Governo.

Il 2024 sarà un anno importante per il rinnovo di numerosi contratti già scaduti nel settore privato (ma anche per i 3,2 milioni di dipendenti della PA). L’obiettivo padronale è la revisione dei contratti nazionali in essere per dare impulso alla contrattazione di secondo livello, non si limiteranno insomma a discutere della parte economica tanto da rivendicare la necessità di “un contratto di lavoro moderno, inclusivo e sostenibile”. E la modernità invocata fa rima con la produttività in base alla quale determinare le prossime dinamiche salariali e contrattuali.

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Tomasz Konicz: Al posto dell’impero, l’isolamento

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Al posto dell’impero, l’isolamento

di Tomasz Konicz

Tornare alle origini?

In quelli che sono i suoi ultimi giorni di vita, il capitalismo sembra tornare alle sanguinose origini all’inizio dell’età moderna, quando i nascenti Stati-Nazione cominciarono a intraprendere le loro incursioni imperialiste nelle Americhe, in Asia e in Africa. Cosicché, di conseguenza, sarebbe poi emerso il sistema globale capitalistico, con la sua suddivisione in centri, in semi-periferia e in periferia; il quale però ora sta cominciando a sgretolarsi a causa della globale crisi economica, sociale ed ecologica del capitale. I conflitti già scoppiati, così come quelli che si trovano in procinto di farlo, sono pressoché impossibili da tenere sotto controllo: Ucraina, Israele e tutto il Medio Oriente nel suo complesso, Taiwan, il Sahel, l’Iran, il Caucaso, il Kosovo. Quel che sembra sempre più probabile, è una guerra imperialista su larga scala, simile alla prima guerra mondiale, la quale va intesa come catastrofe primordiale del XX secolo. Ma quest’apparenza esteriore è ingannevole. La logica interna che governa questa dinamica geopolitica di fronteggiamento – che è già assai spesso militare – rimane sempre quella della crisi sistemica capitalista, che ora viene vista in quella che è la sua dimensione socio-ecologica.

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Fabrizio Marchi: 25 novembre. Un movimento neoliberale di massa

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25 novembre. Un movimento neoliberale di massa

di Fabrizio Marchi

Il movimento sceso in piazza ieri in tutta Italia “contro il patriarcato e la violenza maschile” può essere definito, a mio parere, come un movimento neoliberale di massa.

Un fenomeno costruito dall’alto, alimentato dai media, in totale simbiosi con le istituzioni e lo stato, che ha come collettore un femminismo mediatico, istituzionalizzato, interclassista, antimaschile, totalmente egemonizzato dall’ideologia neoliberale. Un movimento, naturalmente, non solo del tutto innocuo ma funzionale al sistema capitalista che lo utilizza per spostare completamente l’attenzione dalle grandi contraddizioni sociali e dalle grandi questioni internazionali – cioè dal possibile conflitto sociale che potrebbe scaturire da tali contraddizioni e dalle guerre imperialiste che ne sono la necessaria e inevitabile conseguenza  – al conflitto fra i sessi, o meglio quello del genere femminile contro quello maschile.

La controparte viene individuata nel patriarcato, ormai un fantasma del passato, un cadavere tenuto in vita artificialmente, altrimenti se se ne dichiarasse l’avvenuta estinzione la narrazione femminista, mattone fondamentale dell’attuale sistema dominante, si squaglierebbe come neve al sole.

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Chris Hedges: La guerra di Israele agli ospedali

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La guerra di Israele agli ospedali

di Chris Hedges

Israele sta facendo di tutto per rendere Gaza inabitabile. Compresa la distruzione di tutti i suoi ospedali. Il messaggio di Israele è chiaro: nessun luogo è sicuro. Se rimarrete, morirete

Israele non sta attaccando gli ospedali di Gaza perché sono “centri di comando di Hamas”. Israele sta sistematicamente e deliberatamente distruggendo le infrastrutture mediche di Gaza come parte di una campagna di terra bruciata per rendere Gaza inabitabile e creare una crisi umanitaria. Intende costringere 2,3 milioni di palestinesi ad attraversare il confine con l’Egitto, da dove non faranno più ritorno.

Israele ha distrutto e quasi svuotato l’ospedale Al Shifa di Gaza City. L’ospedale indonesiano di Beit Lahia è il prossimo. Israele sta dispiegando carri armati e mezzi corazzati intorno all’ospedale e ha sparato contro l’edificio, uccidendo dodici persone.

Lo schema è familiare. Israele fa cadere dei volantini su un ospedale dicendo alla gente di andarsene perché l’ospedale è una base per le “attività terroristiche di Hamas”. Carri armati e proiettili di artiglieria demoliscono parti delle mura dell’ospedale.

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Giorgio Agamben: Furore che sogna

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Furore che sogna

di Giorgio Agamben

Nel Museo nazionale romano di palazzo Altemps si conserva una testa in marmo che secondo la tradizione rappresenta un’Erinni addormentata. Gli occhi chiusi, i ciuffi dei capelli scarmigliati sulla fronte e la guancia, le labbra appena dischiuse, il volto della Furia – se di una Furia si tratta, sia essa Aletto, Megera o Tisifone – riposa quieto su un cuscino di buio marmo, come se sognasse.

Una furia che invece di gemere e urlare, scuotendo la chioma serpentina, chiude gli occhi e sogna, smentisce se stessa. Eppure proprio e soltanto il sogno o il sonno di una furia assomiglia al pensiero. Il pensiero non è soltanto contemplazione, è innanzitutto furore. Si dà pensiero, si dà contemplazione, solo se prima vi è stato furore, se guardando l’abominio degli umani e del mondo, la mente – diceva Bruno – discesa «ne la parte più inferna… si sente lacerare e sbranare». E solo se nel nostro eroico furore riusciamo a chiudere gli occhi e sognare, si ha vera quiete, si ha visione e teoria.

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