Enrico Tomaselli: Info-warfare, la ‘terza guerra’
Info-warfare, la ‘terza guerra’
di Enrico Tomaselli
Un’analisi della info-warfare, la guerra dell’informazione, in relazione ai due principali conflitti in atto, quello russo-ucraino in Europa e quello israelo-palestinese in Medio Oriente. Come questa terza guerra si collega alle altre due guerre, e come interagisce con esse. Non solo propaganda, ma anche psy-ops
Nell’ambito della Grande Guerra Globale in cui ci troviamo immersi – e che segnerà certamente i decenni a venire – possiamo vedere in atto almeno tre guerre: quella europea, quella mediorientale e quella dell’informazione. Le prime due cercano di ottenere risultati politici attraverso l’uso delle armi, la terza attraverso il condizionamento delle opinioni pubbliche mondiali (e quindi dei governi).
Ma non si tratta di tre guerre separate, anzi sono strettamente intrecciate le une con le altre, e sotto molteplici aspetti. Delle relazioni tra le due guerre guerreggiate abbiamo del resto già detto in un precedente articolo [1].Le mosse tattiche e le manovre strategiche della guerra informativa tengono conto di quanto avviene sui campi di battaglia, cercano di darvi un senso inquadrandolo in una particolare lettura, sia al fine di confondere (e/o mobilitare) le opinioni pubbliche, sia nell’ambito di vere e proprie psy-ops volte a disorientare il nemico o a proteggere la parte che le mette in atto.
Se si tiene in mente questa premessa, si può provare a decifrare il significato di molte recenti mosse tattiche di questa guerra dell’informazione. E già il loro intensificarsi, per quantità e per qualità, oltre che per i contenuti, suggerisce chiaramente come le guerre guerreggiate siano in una fase critica, che richiede interventi narrativi esterni ai campi di battaglia.
In particolare, esamineremo sia dichiarazioni ufficiali, come quella del Segretario alla Difesa USA Lloyd Austin, che una serie di indiscrezioni e analisi giornalistiche, con riferimento sia al conflitto russo-ucraino che a quello israelo-palestinese.
Paolo Arigotti: L’ombra della guerra si allunga in Sudamerica?
L’ombra della guerra si allunga in Sudamerica?
di Paolo Arigotti
La storia del Venezuela è molto tormentata, il canale di Nova Lectio le ha dedicato un paio di video di approfondimento circa due anni fa[1]. Assai meno conosciuta, invece, è quella di un altro paese ai suoi confini, la Guyana, per meglio dire la Repubblica cooperativa della Guyana, per distinguerla da quella francese, uno dei territori d’oltremare, residuo dell’immenso impero coloniale di un tempo, e il Suriname, ex Guyana olandese, indipendente dal 1975.
Questa nazione grande più o meno 100mila kmq quadrati in meno rispetto all’Italia (all’incirca 214mila contro i 301mila nostrani), con una popolazione di poco più di 800mila abitanti – il 40 per cento dei quali ancora nel 2017 viveva in condizioni di povertà – si affaccia sull’oceano Atlantico e confina con Venezuela, Brasile e Suriname. Il suo territorio è costituito in buona parte da foresta amazzonica ed è ricco di giacimenti petroliferi, ma anche di altre risorse naturali come gas, oro, diamanti, acqua e legname, con un sottosuolo e una piattaforma continentale in buona parte ancora da sfruttare.
La sua storia è molto articolata. Tra le curiosità che vogliamo citare, forse poco conosciuta, è che in conclusione di una delle diverse guerra combattute nel ‘600 tra inglesi e olandesi, i Paesi Bassi riacquistarono una serie di territori perduti, compreso quello corrispondente all’attuale Suriname, cedendo in cambio all’Inghilterra la città di Nuova Amsterdam, che poi sarebbe stata ribattezzata New York in onore del Duca di York.
La colonia britannica della Guyana sarebbe stata formalmente costituita nel 1831. Furono i nuovi padroni ad avviare la bonifica del territorio e impiantarvi colture intensive, a cominciare dalla canna da zucchero, che favorì l’industria dei derivati di rum e melassa.
comidad: Mai sottovalutare la cialtroneria del potere
Mai sottovalutare la cialtroneria del potere
di comidad
Sarebbe un gravissimo errore sottovalutare la funzione della cialtroneria nella gestione concreta del potere. Occorre riconoscere l’importanza per il sistema di recite a soggetto come quelle del nostro ministro della Difesa. Il vittimismo preventivo della destra nei confronti delle presunte “toghe rosse” è appunto pura cialtroneria, cioè non ha un fondamento oggettivo. Se c’è stato invece un caso in cui un’inchiesta giudiziaria ha contribuito alla caduta di un governo, ciò accadde nel 2008, quando Clemente Mastella, ministro della Giustizia del secondo governo Prodi, fu incriminato insieme con la moglie, la quale venne anche sottoposta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere a misure cautelari.
Le buffonate e gli psicodrammi di Guido Crosetto servono però ad alimentare il mito delle Procure anti-establishment, per cui se si vuole essere di sinistra occorrerebbe coltivare la magistratolatria. Oggi infatti le sinistre “antagoniste” si cercano sempre come leader qualche ex magistrato. Dal “falce e martello” al “forca e martello”. Risulta molto più facile credere al sentito dire che all’evidenza, e forse un etologo direbbe che nella specie umana l’istinto imitativo prevale su quello esplorativo.
Ronnie Kasrils: Elogio di Hamas o della noia di essere definito antisemita
Elogio di Hamas o della noia di essere definito antisemita
di Ronnie Kasrils*
Agli occhi della moltitudine di razzisti in Israele, i palestinesi sono “untermenschen”, inferiori agli umani, addirittura “animali“.
Non sorprende l’invettiva della portavoce del Consiglio dei Deputati Ebraico Sudafricano (SAJBD), Wendy Khan, contro la mia persona.
I sionisti, e tutti i loro sostenitori in occidente, inclusi i loro delegati locali, sono in grado di piangere soltanto per i propri simili.
Chiunque tra noi insista sul riconoscimento universale del termine “umanità” viene regolarmente etichettato come antisemita, una calunnia.
I crimini di guerra israeliani su Gaza, perpetrati con un disprezzo genocida contro l’umanità, hanno lasciato 15.000 persone in fosse comuni, oltre 6000 bambini e 4000 donne a oggi, e migliaia ancora sono sepolti sotto le macerie.
Ospedali, cliniche, scuole, moschee, centri culturali, centrali idriche ed elettriche, centri di comunicazione, tutto è stato raso al suolo insieme al 70% delle case, appartamenti e interi quartieri.
Fosco Giannini: Perché “Cumpanis” si scioglie nel Movimento per la Rinascita Comunista
Perché “Cumpanis” si scioglie nel Movimento per la Rinascita Comunista
di Fosco Giannini*
Pubblichiamo la lettera aperta di Fosco Giannini ai lettori e alle lettrici di “Cumpanis”
Care lettrici e cari lettori, care compagne e compagni, dopo circa quattro anni di, spesso strenuo, lavoro, la rivista comunista, internazionalista e antimperialista “Cumpanis”, che chi scrive ha diretto sin dall’inizio, chiude la propria esperienza. Come chiude la propria esperienza l’Associazione politico-culturale nazionale “Cumpanis”.
Siamo di fronte a un fallimento?
No: al contrario, siamo di fronte a una vittoria!
Sin dal suo primo numero, sin dal suo primo editoriale, “Cumpanis” ha dichiarato il suo fermo proposito di impegnarsi, in Italia, per l’unità dei comunisti, un’unità – è stato chiarito sin dalle prime battute – non di tipo eclettico, non per un circo Barnum come lo fu la Rifondazione “bertinottiana”, ma per un’unità basata su di una forte affinità politica, culturale, ideologica tra compagne e compagni.
Perché questa totale spinta per l’unità dei comunisti?
Giuseppe Spedicato: La maledizione della violenza
La maledizione della violenza*
di Giuseppe Spedicato
“Nella storia della filosofia politica esiste una grande filosofia della guerra, ma non esiste una grande filosofia della pace”
Norberto Bobbio
Osservando il nostro mondo non possiamo non renderci conto che si va verso una società che sta lasciando l’uomo senza punti di riferimento, sia laici che religiosi e quindi privo di identità sociale. Una società dove l’uomo deve odiare la cultura, deve trasformare le proprie radici culturali in folklore da utilizzare per attrarre turisti, deve pensare che la sua vita non abbia un fine nobile. In buona sostanza si va verso una società dove l’uomo lavora per la propria distruzione.
Nel mondo arabo-islamico si va verso un popolo educato a sacrificare la vita per difendere un presunto dogma religioso, ma poco disponibile a lottare a favore dell’essere umano sofferente anche se islamico. Anche in questa parte di mondo vi è l’incoraggiamento a odiare la cultura e le proprie tradizioni culturali, per sostituirle con i principi consumistici del mondo capitalistico o con principi dottrinali fondamentalisti. Quindi anche in questo caso vi è il tentativo di cancellare l’identità sociale di un popolo per sostituirla con una mediocre e per di più di importazione.
Paolo Arigotti: Nella striscia di Gaza si sta consumando un genocidio?
Nella striscia di Gaza si sta consumando un genocidio?
di Paolo Arigotti
Una premessa importante.
Nessuno qui ha la benché minima intenzione di avallare e/o giustificare una serie di azioni criminali, di qualunque provenienza, ma soltanto di fare un ragionamento per quanto possibile fondato sui fatti e sul diritto.
Naturalmente il focus si concentra su quanto sta avvenendo, sotto gli occhi del mondo, in Terra Santa, e tenteremo di capire se possa, o meno, essere corretto parlare al riguardo di “genocidio”.
Caitlin Johnstone, giornalista australiana, ha scritto di recente che: “Se decidessi di commettere un genocidio, mi assicurerei di uccidere più donne e bambini possibile per eliminare le generazioni future delle persone che sto cercando di spazzare via. Ora che si penso, immagino che farei sostanzialmente quello che Israele sta facendo a Gaza”[1].
Il contributo, ripreso e pubblicato in un articolo[2] dell’Ambasciatore Alberto Bradanini, ci porta dritti alla questione.
Il cosiddetto mainstream subito dopo l’attentato terroristico del 7 ottobre, attribuito ad Hamas, ha sposato senza riserve la tesi secondo cui la reazione dello stato ebraico possa essere avallata per il principio che “Israele ha diritto di difendersi”: potremmo citare numerosi interventi in questa senso, ma preferiamo lasciar perdere, rimandando – per chi lo desidera – ai singoli contributi.
Il diritto alla difesa legittima è, in via di principio, indiscutibile, essendo previsto anche dall’art. 51[3] della Carta delle Nazioni Unite: il problema non riguarda il principio, ma la sua applicazione, che deve necessariamente essere valutata rapportandola al caso concreto.
Alessandro Bartoloni: Pandemia e complottismo: la zoonosi
Pandemia e complottismo: la zoonosi
di Alessandro Bartoloni
I commenti pubblicati su Sinistrainrete alla relazione del compagno Alessandro Pascale intitolata Le menzogne sulla pandemia COVID ben testimoniano lo stato dell’analisi da parte della cosiddetta sinistra. Per molti, troppi, compagni, pensare che il SARS-CoV-2 sia un prodotto artificiale è ancora sinonimo di complottismo e irrazionalismo antiscientifico. Un po’ perché a rilanciare per primi la tesi dell’origine artificiale del virus sono stati gli esponenti della peggior destra (ad es. Matteo Salvini), dimostrando con ciò che anche tra le nostre fila c’è chi guarda il dito e non la Luna. Un po’ perché la sinistra più o meno antagonista ha da tempo abbracciato il paradigma epistemico popperiano che contrappone la scienza ad una presunta “teoria cospiratoria della società”[1]. E poi perché, dettaglio non da poco, prove concrete dell’origine artificiale del virus non ne sono ancora emerse.Pertanto, la maggior parte delle voci critiche predilige la teoria che vuole il SARS-CoV-2 nato tra i pipistrelli e arrivato all’uomo attraverso il cosiddetto “salto di specie” (zoonosi o spillover, che dir si voglia), con la complicità di qualche pangolino e del mercato di Wuhan. In pratica, saremmo di fronte ad un fenomeno naturale la cui probabilità di accadimento è aumentata a causa delle attività umane. Una posizione apparentemente inoppugnabile e chiaramente espressa dagli specialisti. «Se il momento esatto e la natura della comparsa di una malattia non può essere previsto, è necessario considerare seriamente l’aumentata probabilità di rilevare e affrontare una precipitazione degli eventi fino all’emergenza a causa di ambienti antropizzati»[2]. Così alcuni ricercatori nel 2018 che hanno studiato proprio l’interazione tra pipistrelli, Coronavirus e deforestazione e per i quali «la probabilità di insorgenza del rischio di infezione è in aumento a causa dei cambiamenti ambientali e della maggiore pressione sull’ambiente».
Piccole Note: La tragedia di Gaza e la diplomazia internazionale
La tragedia di Gaza e la diplomazia internazionale
di Piccole Note
IDF: Le indicazioni per le “zone sicure” sono “sono confuse, vaghe o contraddittorie” . Lo scenario horror di Gaza sud, “…18.000 persone per km quadrato senza acqua né elettricità”. Blinken a Pechino e Putin in Arabia
Prosegue la mattanza di Gaza. Arduo trovare altro termine. Le autorità israeliane hanno reso pubblica una mappa di zone sicure per i palestinesi in fuga dalle bombe: 663 le aree segnalate, che in teoria dovrebbero minimizzare le perdite mentre altrove infuria la guerra. Infatti, una centrale dell’IDF (Israel defence force), alla quale sono convogliate informazioni di cellulari, droni e quanto altro, dovrebbe avvertire via via i palestinesi dove andare per sfuggire agli ordigni.
La tragedia di Gaza sud, nessun luogo sicuro
La mappa di cui sopra, ironizza Anshell Pfeffer su Haaretz, era stata creata mezzo secolo fa per segnalare le aree edificabili a Gaza al tempo dell’occupazione israeliana. E sulla sua efficacia appare esaustivo il titolo dell’articolo: “La confusa e ironica mappa di evacuazione dei palestinesi di Gaza elaborata dall’IDF”.
Claudio Conti: Il “nuovo patto di stabilità” prende forma nel delirio
Il “nuovo patto di stabilità” prende forma nel delirio
di Claudio Conti
La principale delle regole non scritte – e non scrivibile – in vigore nell’Unione Europea è piuttosto chiara: stabilire regole stupide e poi applicarle con fermezza.
Non stranamente, il primo a definire “stupidi” i parametri del Trattato di Maastricht – 3% massimo di deficit rispetto al Pil, 60% di limite per il debito pubblico rispetto al Pil, ecc – fu il distruttore della capacità industriale italiana, ossia quel Romano Prodi che era stato addirittura presidente della Commissione UE (ruolo oggi coperto da von der Leyen).
E infatti quei parametri stupidi non furono mai di fatto rispettati da nessun paese, se non per brevissimi momenti, neanche facendo ricorso ai più fantasiosi trucchi della “finanza creativa”.
Del resto, un’architettura pensata per far funzionare gli Stati così come pretendono “i mercati” (ossia il capitale finanziario e le imprese multinazionali maggiori) non può che risultare inabile a funzionare secondo criteri di equilibrio macroeconomico.
Fabio Marcelli: Il vicolo cieco di Netanyahu
Il vicolo cieco di Netanyahu
di Fabio Marcelli
Nessuna persona che abbia appena la voglia di informarsi, anche in modo superficiale, poteva nutrire dubbi sul fatto che Israele avrebbe ripreso il massacro dopo qualche giorno di “riposo”. Adesso perfino l’Onu denuncia il fatto che non esistono (e mai sono esistite) zone “sicure” nella Striscia di Gaza e magari comincerà anche a interrogarsi sul perché Israele abbia spinto folle oceaniche di persone alla disperata ricerca di una speranza di salvarsi la vita a fuggire verso sud. Le complicità internazionali nel genocidio sono di un’evidenza così smaccata che non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro. Negli Stati Uniti, per fare un solo esempio, Bernie Sanders non riesce a esprimere una condanna senza ipocrisie – si limita a invocare “pause umanitarie” – nemmeno di fronte al tentativo di omicidio di tre giovani universitari del Vermont, colpiti da una raffica di proiettili mentre camminavano, solo perché indossavano una kefia. L’Unione Europea, intanto, avverte che anche nel suo territorio “sicuro” è alto il rischio di attentati. Ma guarda, chi l’avrebbe detto? In questo articolo, il giurista Fabio Marcelli chiama la Corte Penale Internazionale a far sapere al mondo in modo finalmente chiaro se, alla luce dell’escalation delle violazioni del diritto internazionale e di quello universale alla vita, la sua esistenza abbia un qualche senso oppure no.
Cosimo Scarinzi: L’Utopia concreta
L’Utopia concreta
recensione di Cosimo Scarinzi
“L’utopia concreta. Azione Libertaria e Proletari Autonomi Milano 1969-1973”, vol. I, a cura di Franco Schirone, ed. Zero in condotta, 2023.
Il libro tratta di un‘esperienza che, nonostante i suoi caratteri originali e interessanti nello sviluppo del conflitto fra le classi nei decenni passati, non era stato oggetto di un‘adeguata ricerca storica.
Si tratta di un‘ampia raccolta di documenti originali e di testimonianze sull‘azione degli organismi autonomi di fabbrica, in particolare nell‘area milanese, fra l‘autunno caldo e i primi anni ’70 e, parallelamente, della riflessione teorica che caratterizzò un gruppo di militanti che furono soggetti attivi in questi avvenimenti.
Cosa caratterizza in particolare gli organismi autonomi dell‘area milanese in quegli anni è la capacità di aggregare una rete di avanguardie di fabbrica al di là dell‘appartenenza o meno ai gruppi della cosiddetta nuova sinistra e quindi di dare sbocco organizzativo a un‘esigenza unitaria che caratterizzava queste avanguardie e, nello stesso tempo, a un‘idea forte e precisa della stessa categoria di autonomia, non ricondotta o – peggio– ridotta a mero comportamento antagonista ma intesa come capacità di autoorganizzazione proletaria in senso molto più vasto.
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