Giulio Menegoni: Vincenzo Costa, Categorie della politica. Dopo Destra e Sinistra
Vincenzo Costa, Categorie della politica. Dopo Destra e Sinistra
di Giulio Menegoni
“La Pace è finita” titola un fortunato saggio di L. Caracciolo recentemente pubblicato. La Storia si è rimessa in moto ed è appena il caso di starne al passo, se non si vuole esserne travolti. Ma il passo, per muoversi, ha da superare l’inciampo. La pietra che gli vieta la via. Il laccio che lo trattiene. Nulla si muove da sé, nessun ostacolo si toglie senza resistenza. Un vecchio ordine deve cadere affinché uno nuovo possa apparire.
Nel solco di questa titanica impresa si situa il saggio di Vincenzo Costa (Categorie della Politica. Dopo Destra e Sinistra, Rogas Edizioni, 2023) che qui presentiamo. L’autore, docente di Filosofia Teoretica presso l’Università Vita-Salute di Milano, non nasconde a sé e al lettore l’alta finalità e l’improbo obiettivo del testo. Si tratta, infatti, di «iniziare a sgomberare il campo da un ordine concettuale» (cit.), il pensiero binario, soprattutto quello che irretisce la sovrabbondanza del politico nelle maglie strette della diade Destra/Sinistra, vera e propria superfetazione retorica a uso e consumo delle classi dominanti, dispositivo di riproduzione del dominio trasversale del mercato contro ogni altro interesse. Nel caso specifico, la Diade Destra/Sinistra va superata, afferma Costa, «perché non rispecchia l’articolazione dell’esperienza, la sovrascrive e le toglie la parola» (cit.). Ma lo scopo del saggio è ben più ampio di questa singola rimozione, e infatti l’Autore invita con forza a «lasciarsi alle spalle l’organizzazione binaria che caratterizza il pensiero politico della modernità» (cit.) in senso globale. Non si tratta, infatti, di operare per sostituzione, optando per una diade migliore (popolo/elites; basso/alto) – azione a cui peraltro molta letteratura critica si è dedicata negli ultimi anni.
Alessandra Ciattini e Federico Giusti: False promesse e ristrutturazioni ai danni dei lavoratori
False promesse e ristrutturazioni ai danni dei lavoratori
di Alessandra Ciattini e Federico Giusti
Prima e dopo il neoliberismo
Lavorare meno per lavorare tutti\e, era uno slogan, anzi un obiettivo, del movimento operaio per ridurre l’orario giornaliero e settimanale, allentare la morsa dello sfruttamento, favorire nuova occupazione sapendo che un esercito industriale di riserva avrebbe potuto alla lunga determinare la contrazione dei salari e un sostanziale arretramento delle condizioni di vita e di lavoro. Il progresso tecnologico, consentendo di ridurre il lavoro necessario alla produzione rende la riduzione dell’orario di lavoro non solo possibile, ma anche necessaria se vogliamo garantire il lavoro a tutti. Perciò tale riduzione a parità salariale, in un determinato contesto storico, ha rappresentato anche una richiesta legata alla riconquista dei tempi di vita a favore dello studio, del tempo libero e delle relazioni familiari e sociali. Per lo stesso motivo il capitale rifugge la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario in quanto il ricatto della disoccupazione costituisce un formidabile fattore di disciplinamento della classe lavoratrice.
Erano gli anni nei quali le ricette neo liberiste in economia e in campo sociale non avevano ancora preso il sopravvento e lo Stato sociale, costruito prevalentemente sulle famiglie monoreddito, per quanto incompleto era tale da consentire una pensione dignitosa (gli anni maturati erano calcolati con il sistema retributivo con un assegno previdenziale in linea con gli ultimi stipendi percepiti), servizi pubblici in campo educativo e sanitario tali da far studiare i figli all’università, grazie anche alle allora famose 150 ore, assicurando alla popolazione il diritto alla cura e alla prevenzione, alla tutela insomma della salute.
Erano anche gli anni nei quali si rivendicava una medicina del lavoro atta a prevenire malattie professionali o a curarle con ampio ricorso a servizi gratuiti e semi gratuiti.
Salvatore Bravo: Domenico Losurdo e i marxismi
Domenico Losurdo e i marxismi
di Salvatore Bravo
Capire la catastrofe che ha condotto la sinistra comunista a essere numericamente irrilevante è la via per comprendere la sua rinascita. Il liberismo impera da sinistra a destra, l’intero impianto parlamentare è sostanzialmente monopartitico. I nomi cambiano, i volti si susseguono, le parole, pertanto, celano messaggi sempre eguali, “democrazia”, dunque, ma senza opposizione. Essa agonizza sotto i colpi del formalismo giuridico. La Stato democratico protocollare è il segno della verità del liberismo: democrazia e liberismo sono un ossimoro. Gli studi di Domenico Losurdo lo dimostrano, per porre il liberismo nella sua cornice storica reale ed effettuale, è opportuno disporsi in una prospettiva storica non eurocentrica. Vi sono dogmi che bisogna rimettere in discussione, in modo da infrangere la sudditanza al politicamente corretto e riaprire “il tempo nuovo” della storia. La verità del liberismo è espressa massimamente nel colonialismo con il suo corollario di saccheggi e genocidi. Essi sono stati la normalità truculenta non riconosciuta della storia delle democrazie occidentali. La rimozione della politica coloniale liberista e la sua insufficiente tematizzazione hanno rafforzato il liberismo e hanno indebolito il comunismo, al punto che si possono individuare due tipi di marxismi: il marxismo occidentale e il marxismo orientale che, con il trascorrere dei decenni e delle lotte coloniali, hanno assunto identità profondamente diverse. La divisione indebolisce la progettualità politica e l’impianto critico, Domenico Losurdo individua nella contrapposizione senza sintesi dei due marxismi una delle cause strutturali della crisi del comunismo:
Carlo Clericetti: Il “rigore” ideologico dei tedeschi sul Patto di stabilità
Il “rigore” ideologico dei tedeschi sul Patto di stabilità
di Carlo Clericetti
Il ministro tedesco Christian Lindner è riuscito a peggiorare nettamente una già pessima proposta di riforma del Patto di stabilità. I nostri ministri che ancora resistono in realtà si stanno vendendo il futuro, per spostare i problemi sui prossimi governi
L’accordo sulla riforma del Patto di stabilità e (de)crescita è vicino, dicono quasi tutti i protagonisti della trattativa. E’ una buona notizia? No, pessima.
Il nostro ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sta resistendo all’introduzione delle clausole più dannose per l’Italia, e bisogna certo fargliene un merito. Ma è una trattativa solo sui dettagli più scellerati di una riforma che già dalla proposta di base elaborata dalla Commissione europea si presentava come una prosecuzione, appena un po’ migliorata, della logica del vecchio Patto, quello che ha regalato all’Europa il peggior tasso di crescita tra le grandi aree economiche. Ma per il ministro delle Finanze tedesco, il liberale Christian Lindner, non era abbastanza “rigorosa”. E così, riunione dopo riunione, ha ottenuto di aggiungere regole e regolette che condanneranno i paesi a più alto debito, e specialmente Italia, Francia e Spagna, a politiche di bilancio che uccideranno qualsiasi speranza di crescita.
Marco Pondrelli: La nuova via della seta e la politica italiana. Editoriale
La nuova via della seta e la politica italiana. Editoriale
di Marco Pondrelli
Dal 30 novembre al 1° dicembre si è tenuto a Shenzhen in Cina il Forum ‘Chinese Modernization and High-quality Belt and Road Cooperartion’, al forum è stata invitata a portare un contributo anche Marx21. Dopo la cerimonia d’apertura il primo confronto è stato moderato da Guo Yezhou, vice Ministro degli Esteri. Il vice Ministro ha rimarcato l’importanza della Belt and Road Initiativ, sottolineando come la Cina continui a guardare al futuro pensando a una comunità umana dai destini condivisi. Erano tante le delegazioni arrivate da molti paesi del mondo e in tutti gli interventi è stata rimarcata l’importanza di costruire un mondo multipolare.
Il luogo del Forum era anche simbolicamente importante, 40 anni fa Shenzhen era un villaggio di pescatori di circa 10.000 abitanti, oggi è una metropoli di 20 milioni d’abitanti. Lo sviluppo di questa città non è però stato incontrollato, l’esempio di Shenzhen è interessante perché ha saputo coniugare lo sviluppo con il rispetto dell’ambiente, accanto a grandi grattacieli si trovano ampi spazi verdi e tanti luoghi che mantengono vive le tradizioni locali.
Sergio Cesaratto: Col rialzo dei tassi l’Italia sussidia le banche tedesche
Col rialzo dei tassi l’Italia sussidia le banche tedesche
di Sergio Cesaratto*
Le enormi riserve detenute presso la Bce dagli istituti, soprattutto i nordici, ora generano 144 mld l’anno di interessi: li pagano pro quota tutte le banche centrali dell’euro
Oscar Wilde aveva ragione nel cogliere un aspetto melodrammatico nella politica monetaria. Al centro dell’attenzione c’è ora la politica della BCE di rialzo dei tassi di interesse, la sua efficacia sull’inflazione, i suoi costi in termini di reddito e occupazione. Meno note sono le tecniche con cui BCE e le altre banche centrali implementano le loro decisioni, ovvero fanno in modo che i tassi effettivi si adeguino ai tassi obiettivo. Sono aspetti specialistici ma che presentano ora risvolti, segnatamente un costo rilevante per i contribuenti, su cui è bene informare. Nel Regno Unito la faccenda è finita in parlamento, in Italia non se ne è parlato. Per capire dobbiamo fare un passo indietro.
Molti sanno che le banche commerciali detengono “riserve” presso la banca centrale. Questo per due motivi: (i) nell’area euro c’è un obbligo: per ogni 100€ di nostri depositi le banche devono avere 1€ di riserva; (ii) le riserve servono per eseguire i nostri ordini di pagamento: quando effettuiamo un bonifico dalla banca A alla banca B, la Banca d’Italia sposta riserve dal conto della banca A al conto della banca B.
Gaspare Nevola: Re-inquadrare. Funzione intellettuale, cornice e istigazione (in una società di like e influencer) (Prima parte)
Re-inquadrare. Funzione intellettuale, cornice e istigazione (in una società di like e influencer) (Prima parte)
di Gaspare Nevola
(IN SALA IL BRUSIO E’ ANDATO CRESCENDO…)
Mmm… Siate comprensivi, per favore, un po’ di silenzio. Diamo subito la parola a George Orwell. Grazie.
GEORGE ORWELL PRENDE LA PAROLA… (SIAMO NEL 1948 – No, ma se volete divertitevi pure a invertire gli ultimi due numeri o a immaginare di essere nel 2023).
Gentili signore e gentili signori…
Voglio solo sottolineare che il tipo di Stato che ci governa dipende necessariamente, almeno in parte, dall’atmosfera intellettuale dominante… Sono interessato all’effetto che le idee politiche e la necessità di schierarsi politicamente producono sulle persone di buona volontà.
Questa è un’età politica…
L’autentica reazione a un libro, ammesso che ci sia una reazione, di solito è “questo libro mi piace” oppure “non mi piace”… “questo libro sta dalla mia parte, quindi devo trovarci dei pregi”. Naturalmente, quando elogiamo un libro per ragioni politiche possiamo essere emotivamente sinceri, nel senso di approvarlo davvero in modo convinto; ma spesso capita che anche la fedeltà di partito richieda una palese menzogna… A ogni modo, innumerevoli libri a favore o contro la Russia…, a favore o contro il sionismo, a favore o contro la Chiesa cattolica e così via vengono giudicati prima di essere letti, e in realtà ancor prima che siano scritti. (…)
In noi si è sviluppata… una coscienza delle enormi ingiustizie e miserie del mondo (…)
Stefano Tenenti: Salario minimo e questione salariale generale: gli obiettivi di una nuova lotta di classe contro il governo e le forze sindacali concertative
Salario minimo e questione salariale generale: gli obiettivi di una nuova lotta di classe contro il governo e le forze sindacali concertative
Editoriale di Stefano Tenenti*
La crescita esponenziale del lavoro povero
L’Italia è l’unico Paese OCSE in cui le retribuzioni medie lorde negli ultimi trenta anni sono diminuite. Mentre in Germania sono salite del 33,7% e in Francia del 31,1% in Italia si è registrato un calo del 2,9%. Nessun Paese occidentale ha avuto un andamento peggiore del nostro, come si evince dal 55° rapporto CENSIS 2021 sulla situazione sociale del Paese. nel frattempo le cose sono ulteriormente peggiorate.
Dentro questa situazione media generale si registra l’allargamento clamoroso del lavoro povero. Il ministro del lavoro Orlando, in carica fino a ottobre 2022 che aveva incaricato un gruppo di studiosi in materia per una ricerca correlata, ha chiarito che i “lavoratori poveri” in Italia sono il 25% del totale, uno su quattro, con una significativa differenza tra gli uomini che sono il 16,5% e le donne che invece schizzano al 31,8%. I settori dove si concentra questa condizione sono quello turistico-alberghiero, il commercio, il pulimento, la vigilanza, l’agricoltura, pur estendendosi a tutta l’economia del Paese. E questi non sono i dati peggiori, perché ci sono altri studi che, concentrandosi sul solo salario, avevano stabilito che sotto la soglia d’indigenza, nel 2017, si collocava il 32,4% della popolazione. (VisitINPS Scholars).
Ovviamente c’è un dato strutturale che spiega questa diffusione del lavoro sottopagato rappresentato dalla deindustrializzazione nazionale favorita dalla dismissione di gran parte dell’economia pubblica e dalla conseguente scomparsa di una politica industriale. Ma c’è anche un dato politico che pesa fortemente: la diffusione dei bassi salari e della conseguente ricattabilità di tutti i lavoratori aiuta i governi, da ultimo quello Meloni, a perseguire linee di concorrenza interna del mercato del lavoro che aiutano a spingere le retribuzioni verso il basso.
Louis-Philippe Rochon, Sergio Rossi: Dobbiamo smettere di insegnare l’economia neoclassica?
Dobbiamo smettere di insegnare l’economia neoclassica?
Perpetuarla non aiuta gli studenti
di Louis-Philippe Rochon, Sergio Rossi
Dobbiamo insegnarla, ma solo per confutarla, per rendere gli studenti consapevoli di ciò che vi è di sbagliato ed estraneo al funzionamento dei mercati. Occorre fare una distinzione: se è vero che i mercati non seguono le leggi dell’economia neoclassica, il mondo è però dominato dalla sua pratica. Gli specialisti del governo, i politici, i banchieri e i professori preferiscono ignorare questa linea di separazione. Ma sono proprio questa consapevolezza e questa distinzione che dobbiamo insegnare ai nostri studenti.
* * * *
Ci sono molti articoli, blog e libri che criticano l’economia neoclassica – l’economia “volgare” – e che mettono in luce i suoi numerosi fallimenti. L’elenco è troppo lungo per discuterli tutti in questa sede, ma è abbastanza facile trovarli elencati nel canone della letteratura post-keynesiana ed eterodossa.
Autori come Paul Davidson hanno messo ripetutamente in discussione il realismo delle ipotesi neoclassiche, che non sono una descrizione adeguata del “mondo reale”. Altri ancora, come Vicky Chick, hanno lamentato i difetti metodologici dell’economia neoclassica e la sua dipendenza dall’individualismo atomistico, dalla convergenza all’equilibrio, da meccanismi di autoregolazione e simili. Per alcuni, l’economia neoclassica “è morta”, come sostiene Steven Klees, dell’Università del Maryland.
Eppure, una rapida occhiata a quasi tutte le riviste e ai dipartimenti universitari conferma che l’economia neoclassica non è morta, anzi. Essa prospera nei dipartimenti universitari ed è ancora considerata l’unica opzione disponibile, nonostante l’ascesa di punti di vista alternativi, come la Modern Money Theory, o di idee eterodosse che lentamente si insinuano negli approcci tradizionali.
Alessandro Bianchi: I responsabili del massacro a Gaza: quale ruolo per la diplomazia e il diritto internazionale?
I responsabili del massacro a Gaza: quale ruolo per la diplomazia e il diritto internazionale?
di Alessandro Bianchi
“È di tutta evidenza che il conflitto tra palestinesi (non solo Hamas, dunque) e Israele non nasca il 7 ottobre 2023, ma nel 1948. Esso assume nel tempo diverse forme: due guerre, due intifade e una lunga serie di atti di oppressione e violenza il cui elenco riempirebbe biblioteche intere.” Per il primo episodio di “Egemonia“, abbiamo affrontato una lunga e ricca conversazione con Alberto Bradanini, ex ambasciatore d’Italia a Teheran e Pechino, profondo conoscitore di Medio Oriente e di Cina.
Come affrontare la questione palestinese nel modo corretto? Quali le radici del conflitto? È possibile una mediazione da parte di Pechino, alla luce del fallimento e delle responsabilità dell’Occidente a guida Usa?
Sul conflitto in corso, Bradanini ha pochi dubbi. Dalla prigione a cielo aperto di Gaza è partito un commando che ha commesso atti di terrorismo. “Le condizioni di vita di una popolazione di 2,3 milioni di persone e la messa in un angolo da parte della cosiddetta “comunità internazionale” della prospettiva di una patria per i palestinesi costituiscono le radici strutturali dell’esplosione di violenza da parte di Hamas”.
Nevio Gambula: La “narrativa su Gaza” che rende accettabile il massacro
La “narrativa su Gaza” che rende accettabile il massacro
di Nevio Gambula
La notizia della decisione della poetessa Anne Boyer mi ha fornito l’occasione per scrivere alcune note, quelle che seguono. Trovo interessante l’idea di «rifiuto attivo» espressa dalla Boyer, ossia di non partecipare alla narrazione dominante che “igienizza” il linguaggio sino a rendere accettabile il massacro di Gaza.
Dal momento che stiamo assistendo a una carneficina, bisogna contrastare il linguaggio che la tollera o la sollecita con un’azione netta di distacco: «Non posso scrivere di poesia» – afferma la poetessa americana – «tra i toni ‘ragionevoli’ di coloro che vogliono acclimatarci a questa sofferenza irragionevole».
*****
Di cosa parla il silenzio?
APPUNTI
«Che tempi sono questi, quando
parlare d’alberi è quasi un delitto
perché su troppe stragi comporta silenzio!»
Bertolt Brecht
Salvatore Bianco: Differenza o diversità? Per una critica della società omologata
Differenza o diversità? Per una critica della società omologata
di Salvatore Bianco
Abstract – In tempi di «seconda restaurazione» (A. Badiou) non sono concesse pratiche egualitarie, ma solo l’eterno presente della «gabbia d’acciaio» omologante. L’omologazione è cosa assai diversa dall’uguaglianza, per certi versi ne rappresenta il sovvertimento. Questo accade quando non si tiene fermo il principio della differenza qualitativa della soggettività, nella sua unicità, e lo si diluisce nel mare delle diversità individuali quantitative, che si dispongono lungo l’asse verticale del “sopra” e del “sotto”. E allora quando per ignoranza o, più spesso, per «falsa coscienza» si continua a “battere il chiodo” delle differenze, in realtà ciò a cui si allude sono le persistenti diversità. Ma come fatto cenno, se le differenze scoloriscono in diversità, l’uguaglianza stessa, che ha bisogno delle differenze – come noi dell’aria che respiriamo -, tende a deragliare e degradare in sempre rinnovati rapporti di signoria e servitù.
* * * *
In questa epoca di compiuta restaurazione, la congiuntura ci destina alla società forse più sorvegliata e “occhiuta” della storia; non fosse altro che per l’utilizzo smisurato dell’elettronica nei più remoti angoli del mondo della vita.
I più letti degli ultimi tre mesi
Fabio Mini: L’Ucraina è in ginocchio e l’Europa alla canna del gas
2023-09-19 – Hits 3498
Elena Basile: Un focus sulla guerra
2023-09-17 – Hits 3191
Luca Busca: Gomblotto: come le fantasie di complotto alimentano il regime
2023-09-20 – Hits 2878
2023-11-11 – Hits 2445
2023-11-12 – Hits 2085
2023-09-20 – Hits 1772
Ilan Pappé: Cari amici israeliani, ecco perché sostengo i palestinesi
2023-10-17 – Hits 1679
Enrico Tomaselli: Lezioni ucraine – 1
2023-09-22 – Hits 1657
2023-10-13 – Hits 1650
Salvatore Minolfi: Le origini della guerra russo-ucraina
2023-10-04 – Hits 1614