Newsletter Sinistrainrete 20231221

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Clément Homs: Noterelle sul concetto di “capitale” in Thomas Piketty, o meglio sulla sua assenza

lanatra
di vaucan

Noterelle sul concetto di “capitale” in Thomas Piketty, o meglio sulla sua assenza

di Clément Homs

Premesse del traduttore

Questi brevissimi appunti a firma del compagno Homs, animatore in Francia delle edizioni Crise&Critique e dell’omonimo gruppo ruotante attorno alla “Critica del valore” (Wertkritik), mettono in luce i grossi limiti di base delle analisi di Thomas Piketty, economista, accademico e autore di bestseller francese. Eppure c’è dell’altro. Infatti ci danno l’opportunità di chiarire un concetto marxiano imprescindibile – tanto quanto l’aria che si respira per vivere – ma che viene sempre più a mancare nelle premesse delle critiche che si vogliono radicali – proprio come l’aria che diviene irrespirabile nella tossicità e nell’inquinamento dei nostri contesti sempre più invivibili. Tale premessa è che il “capitale” non è una “cosa” ma un “rapporto sociale”. Homs dimostra come, mancando questo cominciamento, Piketty (che, pover’uomo, non è né il primo né sarà l’ultimo) caschi puntualmente in letture monche e nell’utilizzo aspecifico e astorico delle categorie costitutive e generalizzate del modo di produzione capitalistico. Eppure i pochi osservatori italiani che hanno dato una breve sbirciata al castello teorico della “Critica del valore” sono arrivati alla medesima conclusione: questa corrente di pensiero “cosifica” il “capitale” perdendosi per strada il fatto che si tratti di un “rapporto sociale”. Così, per esempio, l’economista Bellofiore scrive che “in Postone e in Kurz l’accento è, unilateralmente, sul solo Capitale come Feticcio, che si fa Soggetto Automatico, e non (anche) sul capitale come relazione, come rapporto sociale, da cui quel feticcio emerge”1; il sociologo Sivini, allo stesso titolo, scrive che “per la Critica del valore, invece, il capitale non è un rapporto sociale; è – un altro modo di interpretare Marx – il soggetto automatico che presiede all’accumulazione”2. La “Critica del valore” rimprovererebbe ad altri un limite che conterrebbe essa stessa in nuce? Il bue che dà del cornuto all’asino?

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Stefano Rota: Il corpo e il tempo nel soggetto produttivo delle piattaforme

altraparola

Il corpo e il tempo nel soggetto produttivo delle piattaforme

di Stefano Rota

The politics of invisibility involves not actual invisibility, but a refusal of those in power to see who or what is there.

Robert JC Young, Postcolonial remains

digitale.pngSimonetta, la driver di Amazon che ha contribuito alla stesura de “La fabbrica del soggetto. Ilva 1958 – Amazon 2021“, ha portato la sua testimonianza a due presentazioni del libro organizzate a Genova tra luglio e novembre ‘23.

Senza giri di parole, Simonetta ha detto sostanzialmente di sentirsi a suo agio in Amazon, di lavorare in un ambiente amichevole e rispettoso, dove tutti si prendono cura dei problemi dei colleghi e dove gli standard di sicurezza sul lavoro sono molto elevati.

Inutile dire che queste dichiarazioni hanno suscitato qualche perplessità tra i presenti. Almeno alcuni di loro si aspettavano una posizione incentrata sulla critica alle forme di neo-taylorismo digitale, al dominio impersonale e onnipresente dell’algoritmo nel governare il lavoro in Amazon. In altre parole, la lettura più comune che si trova nelle riviste e nelle pubblicazioni che adottano un approccio radicalmente critico all’economia delle piattaforme, che sottoscrivo.

Niente di tutto questo. Simonetta è soddisfatta del suo lavoro in Amazon.

Di fronte alla comprensibile difficoltà di una parte del pubblico ad accettare quel discorso, ho tentato di riflettere sulla verità che quello stesso discorso enuncia, prendendo come punto di partenza un film dell’anno scorso, Nomadland, della regista Chloé Zhao.

La disincantata donna di mezz’età interprete del film di Zhao gira da sola negli spazi immensi del Mid West con un camper, fermandosi per lavorare nei magazzini di Amazon, ma subito pronta a ripartire alla volta del successivo parcheggio dove incontra amici in perenne movimento come lei. Non traspare nessuna particolare tensione o rivendicazione: ciò che Amazon propone a Fern, la protagonista del film, è né più né meno quello di cui lei stessa ha bisogno per il tipo di vita – nomade – che ha scelto, o che si è trovata costretta a scegliere.

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Guido Borio, Francesca Pozzi, Gigi Roggero: Intervista a Toni Negri

machina

Intervista a Toni Negri

di Guido Borio, Francesca Pozzi, Gigi Roggero

Schermata del 2023 12 20 14 53 51.pngL’intervista a Toni Negri che pubblichiamo oggi è tratta da Gli operaisti (DeriveApprodi, 2005), curato da Guido Borio, Francesca Pozzi e Gigi Roggero.

È un documento importantissimo per capire la storia e il pensiero di Toni Negri: nell’intervista, infatti, si parla dei nodi principali delle sue esperienze politiche, dai «Quaderni rossi» all’Autonomia; del suo percorso di formazione; sul rapporto movimenti-progettualità; sull’attualità, sulla ricchezza e sui limiti del pensiero operaista.

* * * *

Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale? Ci sono state persone e figure che hanno avuto una particolare importanza in tale percorso?

lo vengo da un’esperienza assai specifica che è quella di una famiglia laica nel Veneto, una famiglia di origini emiliano-lombarde.

Mia madre è mantovana e mio padre è bolognese, piccoli proprietari terrieri fascisti la famiglia di mia madre e comunisti quella di mio padre, famiglia di operai. Mio padre è morto quando avevo due anni, era un comunista che era stato perseguitato a lungo per questa tradizione, mia madre era praticamente neutrale dal punto di vista politico. La tradizione comunista me l’ha insegnata mio nonno con il quale ho vissuto parecchio a Bologna. Dopo di che ero un bravissimo studente, e nel Veneto degli anni Quaranta e Cinquanta praticamente trovai un’apertura di sinistra (ma piuttosto tardi, intorno alla maturità, in seconda liceo credo) in un gruppo di amici che erano più o meno cattolici, perché in realtà il Partito comunista, poco di più il Partito socialista, non esisteva a Padova, avevano una bassissima rilevanza dal punto di vista culturale all’interno dell’università, e io cominciai allora, alla fine del liceo vissuto a Padova, a parlare di politica con questi compagni, che erano cattolici di sinistra assai radicali.

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Alessandro Orsini: C’è qualcosa di mostruoso che si aggira nella politica italiana…

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C’è qualcosa di mostruoso che si aggira nella politica italiana…

di Alessandro Orsini*

C’è qualcosa di mostruoso che si aggira nella politica italiana. Una grande sciagura, un grande scorno, una grande possibilità di sprofondare talmente in basso da trovare elevata persino la segreteria di Enrico Letta ai tempi della guerra in Ucraina: la possibilità che Paolo Gentiloni prenda il posto di Elly Schlein, di cui leggo tragicamente sui giornali questa mattina.

Ora, se io volessi produrre uno sforzo mentale spaventoso e immaginare un politico italiano peggiore di Paolo Gentiloni, voglio dire, un uomo politico più patetico e improvvido, ecco, mi verrebbe in mente soltanto il commissario europeo Paolo Gentiloni.

In primo luogo, Paolo Gentiloni è una delle grandi menti della distruzione dell’Ucraina. Questo grande sostenitore di se stesso, cioè del nulla politico moltiplicato Bonaccini, ha finanziato e appoggiato tutte le strategie che hanno causato il massacro del popolo ucraino e la distruzione di quel Paese sotto i colpi delle politiche criminali del blocco occidentale che ha usato gli ucraini come carne da macello per far avanzare la Nato al confine con la Russia con la pelle altrui.

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Il Pungolo Rosso: La forza della resistenza palestinese

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La forza della resistenza palestinese

di Il Pungolo Rosso

La settimana appena finita è stata tra le più amare per l’esercito di Israele, che un giorno – un giorno irrimediabilmente lontano – veniva descritto come esercito onnipotente, invincibile. Ebbene, per un esercito del genere, nutrito dal doping del suo mito, per un esercito che finge di essere a Gaza per liberare gli ostaggi del 7 ottobre, niente di peggio poteva esserci di dover ammettere di averne assassinati tre che avanzavano, ovviamente disarmati, sventolando bandiera bianca. Questo episodio rivela a quale livello di ferocia e di paura è giunto l’esercito occupante: del tutto incapace di identificare dove sono tenuti gli ostaggi del 7 ottobre, incapace di liberarne uno di numero, ma pronto, prontissimo, a falciare qualsiasi essere umano (“animale con sembianze umane”, s’intende) si muova nel territorio di Gaza. Appena due tre giorni prima un ex-comandante della Brigata Golani, corpo di élite, aveva ammesso che nella battaglia di Gaza la brigata ha perso un quarto dei suoi effettivi. L’ammissione è avvenuta dopo la caduta sul campo di dieci suoi componenti (alcune fonti dicono 9, altre ancora 8) in una trappola tesa dai guerriglieri del Comando unificato della resistenza, che a stare alle roboanti dichiarazioni di Netanyahu e di altri macellai sarebbero stati annientati in quattro e quattr’otto.

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Marco Della Luna: Giustizia postdemocratica

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Giustizia postdemocratica

di Marco Della Luna

Di fronte alle prove oggettive e schiaccianti e alla stessa enormità dei danni e dei crimini perpetrati nelle campagne vaccinali, è oramai compatto e consolidato l’atteggiamento negazionista e incurante della magistratura di carriera, del parlamento e del governo Alla luce di tale dato di fatto, nelle iniziative giudiziarie per fare luce e legalità sulla questione vaccinale, ritengo che dobbiamo adottare nuovi temi e nuovi mezzi di azione, per sbloccare la situazione. Con ogni mezzo, dalle conferenze alle televisioni, alle manifestazioni alla stampa, e altresì negli atti giudiziari, dobbiamo accendere un pubblico dibattito sulla radice del problema, cioè sulla complicità o connivenza istituzionale con gli interessi delle multinazionali.

Abbiamo tutti i dati documentali per farlo. Dall’ambito accademico, ci aiuta Colin Crouch, il sociologo che, nel suo saggio Postdemocracy (2010), spiega che, data la struttura di poteri , dipendenze e interessi del mondo attuale, le istituzioni pubbliche agiscono per conto del grande capitale e non più in rappresentanza dei popoli e degli elettorati.

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Giorgio Agamben: Finis Italiae

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Finis Italiae

di Giorgio Agamben

Si è parlato di una fine dell’Europa, se non dell’Occidente, come dell’evento che segna drammaticamente l’epoca che stiamo vivendo. Ma se c’è in Europa un paese in cui alcuni dati permettono di certificare con sobria precisione la data della fine, questa è l’Italia. I dati in questione sono quelli della demografia. Tutti sanno che il nostro paese conosce da decenni un declino demografico che lo classifica come il paese europeo con il più basso tasso di natalità. Ma pochi si rendono conto che questo significa che il perdurare di questo declino condurrebbe in sole tre generazioni il popolo italiano verso l’estinzione.

È per lo meno singolare che ci si continui a preoccupare di problemi economici, politici e culturali senza tenere conto di questo dato, che li vanifica tutti. Evidentemente come non è facile immaginare la propria morte, così non si ha voglia di immaginare una situazione in cui non ci saranno più italiani. Non mi riferisco ai cittadini dello Stato italiano, che un po’ più di un secolo fa non esisteva e la cui sparizione in fondo non mi preoccupa più di tanto. Mi rattrista piuttosto la possibilità perfettamente reale che non ci sia più nessuno per parlare italiano, che la lingua italiana divenga una lingua morta.

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Onofrio Romano: Contro “Impero”

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Contro “Impero”

di Onofrio Romano

malevich.jpgRicordiamo la figura complessa e sfaccettata di Toni Negri attraverso questo saggio-recensione di “Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione” (pubblicato da Harvard University Press e poi in lingua italiana da Rizzoli) con cui il filosofo e politico padovano, col sodale Michael Hardt, dopo le note vicende giudiziarie e l’esilio, tornò alla ribalta della scena intellettuale e politica internazionale.

* * * *

1. “Oppresso politicamente, dipendente e sfruttato fino al midollo economicamente, questo è l’aspetto generale dell’uomo, soprattutto dell’uomo che lavora in questa società. Su di esso gravano lo Stato, la chiesa, il proprietario, le istituzioni di ogni genere al loro servizio, l’ideologia, le usanze e le tradizioni che lo rendono schiavo e che si adoperano a stordirlo nella mente e nell’animo per tenerlo lontano dalla vera via della rivoluzione (…) Il socialismo emancipa l’uomo in tutti i sensi, gli consente di manifestare liberamente e con forza tutte le energie e tutti i potenziali umani, tutte le capacità e tutti talenti (…)”

2. “(…) Noi lottiamo in quanto crediamo che il desiderio non abbia limiti e che la vita possa ininterrottamente riprodursi e godere nella libertà e nell’uguaglianza (…) Il modo di produzione della moltitudine è contro lo sfruttamento in nome del lavoro, contro la proprietà in nome della cooperazione, e contro la corruzione in nome della libertà. Esso autovalorizza i corpi che si trovano al lavoro, si riappropria dell’intelligenza produttiva con la cooperazione e trasforma l’esistenza in esperienza di libertà.”

Il mondo è ingiusto. Gli autori dei due pezzi affermano le stesse cose, condividono la medesima visione, stanno all’evidenza dentro un paradigma unico. Eppure, i primi sono nella polvere, i secondi sugli altari. Dei primi si sono perse le tracce, sui secondi è tutto un pullulare di riflessioni, recensioni, dibattiti, assemblee, lezioni, seminari di approfondimento, ecc.

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Charlotte Dennet: Israele, Gaza e la lotta per il petrolio

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Israele, Gaza e la lotta per il petrolio

di Charlotte Dennet*

823023052.webpLa fine del gioco è probabilmente collegata al petrolio e al gas naturale, scoperti al largo delle coste di Gaza, Israele e Libano nel 2000 e nel 2010, per un valore stimato di 500 miliardi di dollari. La scoperta prometteva di alimentare massicci progetti di sviluppo che coinvolgevano Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita. In gioco c’era anche la trasformazione del Mediterraneo orientale in un corridoio energetico fortemente militarizzato, che potesse fornire all’Europa il suo fabbisogno energetico mentre la guerra in Ucraina si trascinava. Ecco la polveriera in attesa di esplodere che avevo previsto nel 2022. Ora stava esplodendo davanti ai nostri occhi. E a quale costo in vite umane?

* * * *

È stato il segnale che mi ha colpito. Ero con i manifestanti fuori dal municipio di Burlington (VT) durante una manifestazione organizzata da Jewish Voice for Peace. Alla mia sinistra vidi un uomo, dal volto cupo e silenzioso, che teneva in alto un pezzo di cartone con queste parole graffite in nero:

“Ebrei contro il genocidio”.

“Quindi finalmente siamo arrivati ​​a questo”, mi sono detta.

Perché, mi chiedevo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’amministrazione Biden avrebbero rischiato la loro posizione nel mondo ignorando le richieste di cessate il fuoco? Avevano un programma inespresso?

Come cronista delle infinite guerre post-11 settembre in Medio Oriente, ho concluso che la fine del gioco era probabilmente collegata al petrolio e al gas naturale, scoperti al largo delle coste di Gaza, Israele e Libano nel 2000 e nel 2010 e stimati essere vale 500 miliardi di dollari. La scoperta prometteva di alimentare massicci progetti di sviluppo che coinvolgevano Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita.

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Assemblea Militante: Palestina è il mondo

sinistra

Palestina è il mondo

Per un sostegno incondizionato alla resistenza palestinese

di Assemblea Militante

hamas origGli eventi drammatici che sono seguiti all’iniziativa della resistenza palestinese del 7 ottobre, il genocidio di massa operato dalla Stato israeliano sostenuto e finanziato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, hanno sollevato il velo sulla bestiale opera colonizzatrice con cui si sfrutta, si reprime e si incarcera la popolazione palestinese. Ha dimostrato, al contempo, che è possibile e necessario ribellarsi e che nonostante il regime di apartheid, il controllo militare di uno degli eserciti più armati del mondo e l’utilizzo dei coloni come truppe di avanguardia per occupare, uccidere ed espellere i palestinesi, non si è fiaccata la loro volontà di resistere.

Una gigantesca e vergognosa propaganda di guerra si è messa in moto per giustificare l’intensificazione dell’opera, già in atto da ben prima il 7 ottobre in forma diluita e costante, di genocidio, repressione ed espulsione dai propri territori della popolazione palestinese che è sotto gli occhi di tutti. Una propaganda che non ha risparmiato menzogne si è attivata per derubricare a “bestiale” atto terroristico la resistenza palestinese e l’iniziativa militare contro il dispositivo militare e civile che circonda la Striscia di Gaza per incarcerare la popolazione palestinese, che lì sopravvive sotto il totale controllo delle risorse vitali (acqua, elettricità, cibo) da parte israeliana.

Nei mesi precedenti all’iniziativa militare del 7 ottobre, un attacco senza precedenti dell’esercito israeliano e dei coloni aveva investito l’altro piccolo bantustan dove vengono schiacciati i palestinesi: la Cisgiordania. Morte e repressione sono state disseminate in quei territori per espellere i palestinesi costretti a vivere in piccole isole territoriali incomunicanti e a dipendere dai permessi dei check point con tanto di dispositivi elettronici di riconoscimento facciale per poter accedere a quei pochi terreni che sono stati loro lasciati o uscire dalle proprie case per procurarsi da vivere.

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Il Chimico Scettico: Le strutture di potere ringraziano i “Complotto!”, sentitamente

ilchimicoscettico

Le strutture di potere ringraziano i “Complotto!“, sentitamente

di Il Chimico Scettico

Gomblotto: come le fantasie di complotto alimentano il regime

di Luca Busca

Excusatio non petita, accusatio manifesta

Chiedo venia per l’uso, peraltro occasionale, della prima persona singolare. In un articolo giornalistico questo espediente finisce per svilire la presunta oggettività che l’esposizione di una notizia dovrebbe restituire. Scrivere in prima persona colloca immediatamente l’opera nel mondo immaginario della fantasia o in quello reale dell’espressione di un opinione. Il secondo caso si avvicina molto alla narrazione che segue, racconto che tecnicamente sarebbe stato difficile realizzare in modo impersonale….https://sinistrainrete.info/politica/26373-luca-busca-gomblotto-come-le-fantasie-di-complotto-alimentano-il-regime.html 

Un secondo elemento che favorisce la diffusione è evidenziato già nel sottotitolo dell’opera “Come le fantasie di complotto difendono il sistema”. Considerazione che si fonda sul principio di “Omeostasi del sistema … Tendenza del capitalismo a conservare le proprie caratteristiche di base e la propria logica di fondo a dispetto delle turbolenze esterne e interne.

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Michele Franco: Toni Negri, un caleidoscopio nel Novecento

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Toni Negri, un caleidoscopio nel Novecento

di Michele Franco

Non avevamo dubbi che la morte di Antonio Negri (Toni) avrebbe dato la stura al consueto balletto di dichiarazioni e di commenti squallidi, zeppi di livore e – soprattutto – grondanti pura ignoranza da tutti i pori.

E’ bastato leggere i titoli delle agenzie di stampa, dei giornali (quelli stranieri sono stati “più cauti”) e ascoltare qualche commento per cogliere la riperpetuazione – a comando – del solito cliché sui “teorici padri della violenza”, sui “cattivi maestri” e, finanche, l’accostamento del profilo umano e politico di Toni a quello di un “Giano bifronte dell’eversione”.

Insomma – in un sabato prenatalizio del 2023 – ci è sembrato rivivere e rileggere i titoli del “secolo scorso”, quelli all’indomani della montatura giudiziaria del 7 Aprile 1979, quei titoloni a effetto in cui una Magistratura di guerra (sostenuta apertamente da un Partito Comunista oramai approdato al collaborazionismo, all’adesione alla NATO e alla teoria dei “sacrifici necessari”) scatenava la “caccia all’autonomo” (ossia contro chiunque osasse mettere in discussione le potenti ristrutturazioni in atto e l’avvio di quelle trasformazioni autoritarie che si sarebbero completate qualche anno dopo) per mettere la parola fine a una straordinaria stagione di lotte, di conquiste sociali e di “assalto al cielo” che dalla metà degli anni Sessanta percorreva la penisola.

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Alberto Giovanni Biuso: Illusione ed emancipazione

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Illusione ed emancipazione

di Alberto Giovanni Biuso

L’illusione del melting pot, storicamente fallita negli Stati Uniti d’America, va mostrando la propria impossibilità storica e antropologica anche in Europa, e in particolare in uno dei suoi territori di più intensa e pervasiva presenza di culture ed etnie nordafricane, la Francia. Il fatto di essere stati i padroni colonialisti di buona parte del continente africano ha illuso le classi dirigenti francesi sulla possibilità e soprattutto sulla volontà da parte degli ex dominati di diventare francesi. Si tratta di un tipico e tragico errore di prospettiva, quello per il quale valutiamo le circostanze in relazione a come noi ci comporteremmo in esse, senza pensare che le culture, come gli individui, sono per fortuna diverse e quindi diversamente reagiscono e si comportano.

Se gli immigrati di prima generazione sentivano forte il legame con i luoghi in cui erano nati – e che anche per questo avevano ben chiara la propria identità – quelli di seconda, terza e quarta generazione, nati in Francia, non si sentono né africani né francesi. Uno sradicamento assai grave e pericoloso, che induce a non sapere chi davvero si sia, quali siano le proprie origini, in quale identità riconoscersi.

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