DAZI CHE GIOCANO COL FUOCO

Titolo: Dazi che giocano col fuoco
Autore: Siegmund Ginzberg
Testata: Il Foglio Quotidiano
Data: 19 aprile 2025
Tema centrale:
Critica storica e teorica del protezionismo come strumento di potere che genera instabilità economica e conflitti geopolitici.
IMMAGINE Poster fascista con un samurai che distrugge le navi alleate, spalleggiato dall’Italia e dalla Germania nazista (Getty)

Un ABSTRACT di ChatGPT

Il protezionismo, lungi dall’essere una soluzione alle crisi economiche, si rivela spesso una causa aggravante delle stesse. Peggio ancora, diventa una miccia geopolitica quando usato come arma di potere: può portare alla guerra, come accadde nel Pacifico tra USA e Giappone. Oggi, il ritorno a politiche daziarie sotto Trump rischia di ripetere tragici errori del passato.

Lo storico di Princeton Harold James, autore di Seven Crashes: the Economic Crises that Shaped Globalization (Yale University Press 2023) sostiene ad esempio che quei dazi ebbero effetti devastanti per il Giappone, il quale giusto un anno dopo, nel settembre 1931, invase la Manciuria per appropriarsi delle sue risorse minerarie, e poi la Corea e la Cina. Era di fatto l’inizio della guerra mondiale.

Quasi nessuno ha ben capito cosa vuole ottenere Trump con i suoi dazi. Far pagare ai partner commerciali le riduzioni fiscali che ha promesso ai suoi elettori? O fargliele pagare in altro modo ai consumatori americani, favorendo i ricchi? Far cassa e basta, come suggerirebbe il modo ossessivo in cui continua a vantare miliardi su miliardi di entrate aggiuntive che sarebbero dovute ai dazi?

Il sogno dichiarato del segretario al commercio di Trump, Howard Lutnick, è che “l’armata di milioni e milioni di esseri umani che avvitano vitine per fare gli iphone verrà in America”. Di Lutnick, il suo compagno di squadra di governo Elon Musk ha detto che “ha un quoziente di intelligenza pari a quello di un sacco di mattoni”. Il fattore idiozia non è mai da sottovalutare. Il Wall Street Journal, che non è proprio di sinistra, ha condotto un’inchiesta molto dettagliata su da dove vengano le diverse componenti degli Iphone di Apple. Da 40 diversi Paesi. Le parti più complesse da Cina, Taiwan, Corea del Sud, Giappone. Altro che armate di omini col cacciavitino! Nessuno può fare da solo.

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Presentazione

L’articolo di Siegmund Ginzberg, pubblicato su Il Foglio, affronta il tema del protezionismo economico come leva politica e strategica che, nella storia, ha spesso prodotto conseguenze disastrose. Con uno stile ironico e colto, l’autore ripercorre alcuni episodi emblematici del Novecento – dalla legge protezionistica Smoot-Hawley durante la Grande Depressione, alla fine della convertibilità del dollaro con Nixon nel 1971, fino all’attacco giapponese a Pearl Harbor – per dimostrare come dazi, embarghi e politiche commerciali aggressive abbiano innescato spirali di crisi, tensioni geopolitiche e guerre. Il pezzo mette anche sotto accusa il neo-protezionismo trumpiano, dipingendolo come un ritorno di pratiche pericolose, motivate da calcoli di potere più che da reali benefici economici. Ginzberg chiude evocando la visione lucida e premonitrice dell’economista Albert O. Hirschman, che già negli anni ’30 metteva in guardia contro l’uso del commercio come strumento di dominio nazionale.


Struttura e contenuti principali

SezioneContenuto
IntroduzioneRievocazione dello “shock Nixon” del 15 agosto 1971: fine della convertibilità del dollaro e imposizione di dazi; successo politico, disastro economico (stagflazione, instabilità valutaria).
Episodi storici– Legge Smoot-Hawley (1930): fallimento protezionista, peggioramento della depressione e avvio di guerre commerciali globali.
– Pearl Harbor: embargo USA come concausa della guerra del Pacifico.
– Espansionismo giapponese: legato alla carenza di materie prime e alle barriere commerciali.
Analisi delle motivazioniIl protezionismo come strumento di potere, più che di efficienza economica. Esempio di Trump: obiettivi oscuri, retorica nazionalista, logica del ricatto commerciale.
Riflessione teoricaRichiamo ad Albert O. Hirschman e alla sua teoria sul commercio come leva di potenza nazionale: interdipendenza economica = vulnerabilità politica.
Conclusione implicitaL’unica via d’uscita: una cooperazione internazionale su basi paritarie, lontana da nazionalismi economici e pretese egemoniche.

Tesi dell’autore

Il protezionismo, lungi dall’essere una soluzione alle crisi economiche, si rivela spesso una causa aggravante delle stesse. Peggio ancora, diventa una miccia geopolitica quando usato come arma di potere: può portare alla guerra, come accadde nel Pacifico tra USA e Giappone. Oggi, il ritorno a politiche daziarie sotto Trump rischia di ripetere tragici errori del passato.


Riferimenti storici e teorici

  • Smoot-Hawley Tariff Act (1930)
  • Nixon shock (1971)
  • Seconda guerra mondiale e attacco a Pearl Harbor (1941)
  • Teoria di Albert O. Hirschman (1945, “National Power and the Structure of Foreign Trade”)
  • Dale C. Copeland, Economic Interdependence and War (2015)
  • Film citato: Una pazza giornata di vacanza (1986)

Stile e tono

  • Stile: Narrativo, saggistico, ironico e colto.
  • Tono: Critico, allusivo, provocatorio verso il protezionismo e i suoi promotori storici e contemporanei.