Rossanda, R. Volti di un secolo, 2023

Volti di un secolo : il Novecento in 52 ritratti / Rossana Rossanda ; introduzione e cura di Franco Moretti. – Torino : Einaudi, 2023. – XXII, 242 p. ; 20 cm. – (Gli struzzi. Nuova serie ; 19).) € 18- [ISBN] 978-88-06-25950-1.

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Il report contiene

Sommario
Il libro (presentazione dell’edizione)
Sulla raccolta degli articoli
Indice degli articoli di Rossana Rossanda in morte e commemorazione
Presentazione IBS
Recensione di Eliana De Caro su Il Sole 24 ore del 6 agosto 2023
Recensione di Alessandro Barile “Ritratti di un secolo senza pentimenti né redenzioni” su Carmilla (on line) del 29-08-2023 pubblicato su Sinistrainrete del 30-08-2023

Sommario

La ragione, la lucidità, la pietà vera
Introduzione e cura di Franco Moretti
Volti di un secolo. Il Novecento in 52 ritratti
GYÖRGY LUKÁCS
Lukács, punto alto del comunismo europeo
PABLO PICASSO
Picasso, comunista
SALVADOR ALLENDE
Il compagno presidente
PIER PAOLO PASOLINI
In morte di Pasolini
MAO ZEDONG
Ribellarsi è giusto
ANTONIO LO MUSCIO FRANCA SALERNO – MARIA PIA VIANALE
Un percorso di morte
BEATRIZ ALLENDE
Morte di Beatriz Allende
MAURIZIO FLORES
Troppi suicidi
LELIO BASSO
Il socialista scomodo
ANTONIO GHIRINGHELLI
Morte di un milanese
HERBERT MARCUSE
Marx, Mao, Marcuse
JEAN-PAUL SARTRE
Sartre, una vita splendida
GIORGIO AMENDOLA
Come ricordiamo questo compagno
GIULIA SCHUCHT
Non una vedova
PAOLO GRASSI
Levò il sipario su un’opera proibita
LOUIS ARAGON
Un uomo fedele solo alla letteratura
EUGENIA CHIOSTERGI
In ricordo di Eugenia
UMBERTO TERRACINI
Terracini, un comunista libero
ENRICO BERLINGUER
Il tempo di Enrico Berlinguer
MASSIMILIANO COSTANTINI
Per Massimiliano
RICCARDO LOMBARDI
Il compagno Lombardi
SVEN OLOF PALME
Chiunque sia stato
FRANCO OCCHETTO
Franco Occhetto, morte di un amico
SIMONE DE BEAUVOIR
Fine di un Castoro
RENATO GUTTUSO
Morte di un figurativo
PRIMO LEVI
L’impossibilità di essere anacronistico
CAMILLA RAVERA
La riservatezza come stile
PAOLO SPRIANO
La morte di Paolo Spriano
MAURO ROSTAGNO
Non diremo povero Rostagno
MAURO ROSTAGNO
Non diremo povero Rostagno
MARIO MELLONI [FORTEBRACCIO]
Il malessere dei padroni
LEONARDO SCIASCIA
Leonardo Sciascia, o dei perdenti
ANDREJ SACHAROV
Il giovane Sacharov
LUIGI NONO
Per la morte di Gigi Nono
NATALIA GINZBURG
Natalia, una giusta
FRANCO LATTES [FRANCO FORTINI]
Comunista con furore
GINO MARTINOLI
Un’altra stagione
GIORGIO STREHLER
Caro Giorgio… il grande del Piccolo
ROBERTA PINTOR
Per Roberta
GIULIO EINAUDI
Un frammento di storia d’Italia
BENEDETTO CALATI
Un monaco senza indulgenze
LUIGI PINTOR
La semplice dignità della persona. Il suo manifesto nella storia italiana
NORA FUMAGALLI
Limpida Nora
LISETTA LIEBMAN SALIS
Lisetta
BRUNO TRENTIN
Il mio amico Bruno Trentin. Molto vicini e molto lontani
IVONE CHINELLO
Cesco
ALEKSANDR SOLŽENICYN
Quella catastrofe ci insegue
MICHELE RAGO
Michele Rago
CARLA CASALINI
Inafferrabile sessantottina
ALDO NATOLI
Aldo Natoli, un comunista per amico
ADRIANA ZARRI
La mia amica Adriana
CHRISTA WOLF
Pagine vissute nella trama allestita per una casa comune

Il libro (presentazione dell’edizione)

Gli hanno dato del «secolo breve» ma, forse perché finora non è stato sostituito da nulla di apparentemente durevole o significativo, il Novecento non accenna a tramontare. È stato uno sconcertante contenitore di conflitti (anche mondiali), di ideologie (anche mostruose), di idee (anche geniali), di impegno (anche estremo).
E dell’ impegno di Rossana Rossanda – voce scomoda, abrasiva, coerente e appassionata del panorama politico e giornalistico italiano nessuno può dubitare. Ma, tra le pagine di questo libro, a emergere sono piuttosto il coinvolgimento e l’appartenenza a quel secolo contraddittorio e irripetibile che ha creduto nella memoria: forse sbagliando per l’ennesima volta, ma speriamo di no.
Ricordare, mentre escono di scena, personaggi noti a tutti e amici cari noti soprattutto a lei sottolinea, in Rossanda, il talento da “autobiografa” del Novecento. Nell’ampia scelta di necrologi (oltre la metà del totale) proposta da Franco Moretti, saranno ancora in molti a riconoscere figure celebri della politica, dell’arte, della cultura (da Pablo Picasso a Herbert Marcuse, da Enrico Berlinguer a Natalia Ginzburg). Altre no, non piú. O non ancora. Perché con i morti, dei morti, si deve parlare eccome.
I morti ci appartengono, con tutto ciò che della nostra vita già sanno e possono insegnarci, anche a cambiare o a trovare.
«Chi discute con i morti, chi ne trae una lezione? Chi ha il coraggio di chiedergli che cosa è stato giusto, che cosa sbagliato, che cosa dobbiamo fare? Con i morti non si parla».
«Non è vero».

Sulla raccolta degli articoli

Questa raccolta è stata ideata e resa possibile da Doriana Ricci, che sta curando l’opera di Rossana Rossanda come meglio non si potrebbe. Del centinaio di articoli da lei rinvenuti se ne pubblicano qui oltre la metà: quelli che con piú intensità evocano il mondo che Rossanda voleva preservare, come anche il suo proprio modo di porsi di fronte alla morte. In calce al volume si troverà comunque l’elenco completo degli articoli, compresi quelli (Lenin, Guevara e pochi altri) scritti nell’anniversario della scomparsa.

Indice degli articoli di Rossana Rossanda in morte e commemorazione

Gli articoli, censiti da Doriana Ricci, sono apparsi sul «manifesto» tra il 1971 e il 2012. Si segnala con (→) quelli raccolti nel presente volume.

• 6 giugno 1971, György Lukács (→)
• 10 aprile 1973, Pablo Picasso (→)
• 14 settembre 1973, Salvador Allende (→)
• 20 gennaio 1972, Vladimir Lenin (cinquantennale della morte)
• 8 ottobre 1974, Miguel Enríquez
• 26 ottobre 1975, Francisco Franco
• 4 novembre 1975, Pier Paolo Pasolini (→)
• 19 marzo 1976, Luchino Visconti
• 10 settembre 1976, Mao Zedong (→)
• 3 luglio 1977, Antonio Lo Muscio, Franca Salerno, Maria Pia Vianale (→)
• 14 ottobre 1977, Beatriz Allende (→)
• 23 marzo 1978, Fausto Tinelli e Lorenzo [Iaio] Iannucci
• 11 maggio 1978, Aldo Moro
• 20 luglio 1978, Maurizio Flores (→)
• 13 agosto 1978, Paolo VI [Giovanni Battista Montini]
• 17 dicembre 1978, Lelio Basso (→)
• 13 luglio 1979, Antonio Ghiringhelli (→)
• 31 luglio 1979, Herbert Marcuse (→)
• 17 aprile 1980, Jean Paul Sartre (→)
• 6 giugno 1980, Giorgio Amendola (→)
• 24 giugno 1980, Giulia Schucht (→)
• 18 novembre 1980, Hélène Rytmann Althusser
• 15 marzo 1981, Paolo Grassi (→)
• 28 dicembre 1982, Louis Aragon (→)
• 28 settembre 1983, Eugenia Chiostergi (→)
• 18 ottobre 1983, Raymond Aron
• 7 dicembre 1983, Umberto Terracini (→)
• 12 giugno 1984, Enrico Berlinguer (→)
• 15 luglio 1984, Massimiliano Costantini (→)
• 19 settembre 1984, Riccardo Lombardi (→)
• 28 marzo 1985, Ezio Tarantelli
• 31 marzo 1985, Marc Chagall
• 2-3 marzo 1986, Sven Olof Palme (→)
• 13-14 aprile 1986, Franco Occhetto (→)
• 15 aprile 1986, Simone de Beauvoir (→)
• 31 luglio 1986 , David Cooper
• 1° ottobre 1986, Vladimiro Nesta
• 20 gennaio 1987, Renato Guttuso (→)
• 16 aprile 1987, Primo Levi (→)
• 5 giugno 1987, Mario Mineo
• 1° ottobre 1987, Ernesto “Che” Guevara (ventennale della morte)
• 16 aprile 1988, Camilla Ravera (→)
• 23 aprile 1988, Suicidi giovani
• 27 settembre 1988, Paolo Spriano (→)
• 28 settembre 1988, Mauro Rostagno (→)
• 22 marzo 1989, Cesare Musatti (→)
• 5 luglio 1989, Mario Melloni [Fortebraccio] (→)
• 12 novembre 1989, Arnaldo Ochoa
• 21 novembre 1989, Leonardo Sciascia (→)
• 16 dicembre 1989, Andrej Sacharov (→)
• 27 gennaio 1990, Ava Gardner
• 10 maggio 1990, Luigi Nono (→)
• 29 agosto 1990, Franco Basaglia
• 24 ottobre 1990, Louis Althusser
• 20 gennaio 1991, Antonio Gramsci (centenario della nascita)
• 5 giugno 1991, Jiang Qing
• 9 ottobre 1991, Natalia Ginzburg (→)
• 24 aprile 1992, Maria Callas
• 14 novembre 1992, Alexander Dubček
• 24 luglio 1993, Raul Gardini
• 29 novembre 1994, Franco Lattes [Franco Fortini] (→)
• 28 dicembre 1996, Gino Martinoli (→)
• 27 dicembre 1997, Giorgio Strehler (→)
• 22 maggio 1998, Gino Vermicelli
• 28 agosto 1998, Michelangelo Notarianni
• 25 novembre 1998, Roberta Pintor (→)
• 7 aprile 1999, Giulio Einaudi (→)
• 15 dicembre 1999, Marco Ciuffreda
• 6 giugno 2000, Giorgio Amendola (ventennale della morte)
• 26 novembre 2000, Benedetto Calati (→)
• 24 maggio 2001, Alessandro Natta
• 22 aprile 2003, Giuseppe Fiori
• 18 maggio 2003, Luigi Pintor (→)
• 22 luglio 2003, Nora Fumagalli (→)
• 23 maggio 2004, Inigo Campioni e Luigi Mascherpa (sessantesimo anniversario della fucilazione)
• 19 giugno 2004, Jacek Jan Kuroń
• 19 agosto 2004, Palmiro Togliatti (quarantennale della morte)
• 7 novembre 2004, Lisetta Liebman Salis (→)
• 23 febbraio 2005, Titina Maselli
• 3 aprile 2005, Karol Wojtyła [Giovanni Paolo II]
• 28 ottobre 2005, Mario Rastrelli
• 29 marzo 2007, Giuseppe Barbaglio
• 31 luglio 2007 Ingmar Bergman
• 25 agosto 2007, Bruno Trentin (→)
• 29 gennaio 2008, Ivone [Cesco] Chinello (→)
• 6 agosto 2008, Alksandr Solženicyn (→)
• 1° ottobre 2008, Michele Rago (→)
• 6 novembre 2008, Carla Casalini (→)
• 10 novembre 2010, Aldo Natoli (→)
• 19 novembre 2010, Adriana Zarri (→)
• 23 ottobre 2011, Mu‘ammar al-Qadhdhāfī [Gheddafi]
• 3 dicembre 2011, Christa Wolf (→)
• 1° agosto 2012, Giuseppe Chiarante

Descrizione IBS

I morti ci appartengono, con tutto ciò che della nostra vita già sanno e possono insegnarci, anche a cambiare o a trovare.
«Chi discute con i morti, chi ne trae una lezione? Chi ha il coraggio di chiedergli che cosa è stato giusto, che cosa sbagliato, che cosa dobbiamo fare? Con i morti non si parla». «Non è vero». Gli hanno dato del «secolo breve» ma, forse perché finora non è stato sostituito da nulla di apparentemente durevole o significativo, il Novecento non accenna a tramontare. È stato uno sconcertante contenitore di conflitti (anche mondiali), di ideologie (anche mostruose), di idee (anche geniali), di impegno (anche estremo). E dell’impegno di Rossana Rossanda – voce scomoda, abrasiva, coerente e appassionata del panorama politico e giornalistico italiano nessuno può dubitare. Ma, tra le pagine di questo libro, a emergere sono piuttosto il coinvolgimento e l’appartenenza a quel secolo contraddittorio e irripetibile che ha creduto nella memoria: forse sbagliando per l’ennesima volta, ma speriamo di no. Ricordare, mentre escono di scena, personaggi noti a tutti e amici cari noti soprattutto a lei sottolinea, in Rossanda, il talento da “autobiografa” del Novecento. Nell’ampia scelta di necrologi (oltre la metà del totale) proposta da Franco Moretti, saranno ancora in molti a riconoscere figure celebri della politica, dell’arte, della cultura (da Pablo Picasso a Herbert Marcuse, da Enrico Berlinguer a Natalia Ginzburg). Altre no, non più. O non ancora. Perché con i morti, dei morti, si deve parlare eccome. I morti ci appartengono, con tutto ciò che della nostra vita già sanno e possono insegnarci, anche a cambiare o a trovare.

Recensioni

Eliana De Caro su Il Sole 24 ore del 6 agosto 2023
Rossanda, ritratti accorati del novecento

È bello centellinarli, soffermandosi sulla scelta delle parole, immergendosi nella situazione storica, ritrovandosi in accordo o dissentendo da alcuni giudizi: i ritratti di Rossana Rossanda, raccolti sapientemente da Franco Moretti e scritti sul «manifesto» in occasione della morte dei protagonisti, lasciano sempre qualcosa a chi legge.

Sono cinquantadue pezzi in cui l’autrice, scomparsa tre anni fa, più che ripercorrere sommariamente le vite di questi personaggi spiega che cosa hanno rappresentato, perché interessa ricordarli, come hanno inciso sulla politica, sulla cultura, sulla società. Lo fa con lo sguardo cui ci ha abituato, acuto e militante, e con una prosa mai banale.

La politica, inutile dirlo, è il fil rouge dominante. Per chi l’ha vissuta come Rossanda e gli altri della sua generazione stupirebbe il contrario. Il saluto alle compagne e ai compagni, anche coloro da cui si sente più distante (uno su tutti, Enrico Berlinguer), reca la consapevolezza di una dimensione totalizzante, di un sentimento d’appartenenza che supera tutto. Come ricorda Moretti nell’introduzione: «Un convergere di vite: aveva un senso, far parte di quel partito, non per la sua massiccia presenza in Parlamento (che pure c’era), non per il carisma dei suoi capi (che pure c’era), e meno che mai per i lugubri partiti fratelli (che c’erano purtroppo anche loro), ma per i rapporti orizzontali che sapeva creare: “Il legame fra comunisti allora, un rapporto totale e riservato, un vedersi camminare assieme, inciampare e raddrizzarsi assieme, sorridersi da lontano”», parole, queste ultime, dell’autrice nel tratteggiare Aldo Natoli.

Si ricostruisce così parte della famiglia del Pci: da Giorgio Amendola a Umberto Terracini, da Camilla Ravera a Paolo Spriano, da Eugenia Chiostergi appunto a Natoli, con accenti talora intimi, di chi ha condiviso un’unione esclusiva. Svettano pagine particolari, come quelle dedicate a Luigi Pintor, il maestro, «quello di noi a cui hanno voluto più bene». Accanto alla dimensione del partito, c’è la Politica che tutto comprende. Scrittrici come Natalia Ginzburg, compositori come Luigi Nono, artisti come Guttuso, critici come Fortini, il teatro di Strehler. La cifra dell’impegno accomuna voci ed esperienze, in un racconto collettivo che suona come un’integrazione della Ragazza del secolo scorso, perché lei – la direttrice della Casa della Cultura di Milano dei primi anni 50, la colonna del Pci e poi del «manifesto», la voce analitica del ’68, la donna dalla parte delle donne, anche se non subito – è dentro questi ritratti, in dialogo silenzioso con ciascuna e ciascuno.

Non ci sono solo personalità italiane, naturalmente. Stupenda, ad esempio, la descrizione di Simone de Beauvoir: «Aveva conservato nel fisico e nei modi qualche cosa della jeune fille range?e, della ragazza per bene, anzi di nobile famiglia, che se ne va da casa a mettere senza escandescenze ma pubblicamente in causa tutto di se?, senza riserve, senza margini di ripiego, e quel che è peggio mai concedendo l’impressione d’un disorientamento, d’una resa». Un profilo che si accompagna a quello di Sartre, così come quest’ultimo (in pagine tra le più intense del volume) non può prescindere dal ritratto di de Beauvoir («Aveva amato molte donne, che sapeva di sedurre non per come appariva ma per come era, e che non abbandonò mai, ad ognuna riservando una parte dei giorni e di sé; costruì con Simone de Beauvoir una coppia che traversò il secolo in fedeltà amichevole e totale»).

Una galleria del Novecento ricostruita anche grazie all’importante contributo di Doriana Ricci, per anni vicina all’autrice, che si apre con un pezzo uscito nel giugno del 1971 (quando «il manifesto» nella veste di quotidiano era in edicola da soli due mesi) dedicato a György Lukács, e si chiude con il ricordo della scrittrice tedesca Christa Wolf, pubblicato nel dicembre 2011, passando per voci che segnano il secolo: Salvador Allende, Primo Levi, Aleksandr Solženicyn. La struttura ricorrente – un incipit solenne e incisivo, uno sviluppo saggistico, il ricordo di fatti e tratti caratteriali filtrato dalle lenti di chi scrive – contribuisce a dare un’identità precisa a questi scritti (immediata sorge la curiosità di leggere gli altri non compresi nella raccolta, elencati in fondo, da Franco Basaglia a Maria Callas, da Raul Gardini a Wojtyla).

Gli unici capitoli davvero a sé, quasi dissonanti, sono quelli dedicati ad alcuni religiosi, i quali, ricorda il curatore, sono simili ai militanti comunisti per la totale adesione alle proprie scelte. Un nome per tutti, Adriana Zarri, «custode d’una lettura corretta delle scritture che le permetteva, anzi le comandava, di essere anche cittadina», osserva l’autrice, ritraendola con impeto gioioso: «Aveva molto amato la bellezza del mondo, i giorni, le stagioni, le creature, il cielo […] agile, alta, ostinata, attiva […] vestita sempre con qualche colore perché amava che di colore fosse adorno l’universo».

Immaginiamo Rossana Rossanda con un’aria pensosa, la stessa tracciata graficamente in copertina da Ugo Nespolo (riprendendo la celebre foto di Lucas) ma con un sorriso interiore, mentre scrive di Cesare Musatti, non risparmiando parole ironiche nei confronti dei compagni e, più in generale, del monolitico universo comunista: «La sua libertà era fuori discussione, era un uomo di sinistra com’era stato il primo divulgatore di Freud in Italia: una forma della cultura, del carattere. Con un accento singolare: la sinistra era asseverativa e sapeva tutto, lui aveva una irreprimibile curiosità». Non è finita: «Gli uomini di sinistra davano spesso sul triste, i suoi occhi ridevano sempre».

Alessandro Barile “Ritratti di un secolo senza pentimenti né redenzioni” su Carmilla (on line) del 29-08-2023 pubblicato su Sinistrainrete del 30-08-2023
Alessandro Barile: Ritratti di un secolo senza pentimenti né redenzioni (sinistrainrete.info)

Rossana Rossanda, Volti di un secolo. Il Novecento in 52 ritratti, a cura di Franco Moretti, Einaudi 2023, 245 pp., 18 euro

Chissà perché, di Rossanda, viene magnificata la sua “vita postuma” e celata la sua “vita activa”. Le ormai numerose raccolte di suoi scritti vivisezionano la sua opera giornalistica, esaltano la sua voce critica, la sua cultura “cosmopolita”, così diversa dalla palude storicista e quindi, in fondo, diversamente comunista. Una Rossanda “vittoriniana”, si potrebbe dire, e d’altronde il Politecnico non era il dazebao della Casa della cultura, così come questa si pensava come il “Politecnico parlato”? Solo per una serie di fortuite circostanze, sembra leggersi tra le righe, il destino di Rossanda non si è accodato a quello dei Vittorini e dei Calvino e dei Giolitti, per ricongiungersi idealmente, e finalmente, con la radiazione del 1969. Un modo in più, questo, per continuare a fraintendere Rossanda e il comunismo del Novecento. Il comunismo cominternista, grande e tragico; ma anche quello togliattiano, un dramma senza vera tragedia.

Non è responsabilità, ovviamente, dell’ottima selezione di “ritratti del Novecento” composta da Franco Moretti. Ma è lo spirito dei tempi che si rafforza continuamente, che rimastica e rimuove la tensione del Novecento e la adatta all’intellegibilità dei tempi che corrono, al suo intrattenimento culturale eticamente irreprensibile. Eppure abbondano gli scritti della Rossanda comunista, problematica e intollerante. E abbondano anche i ricordi umani, i “ritratti”, se vogliamo: cos’è quello di Togliatti, scritto nell’agosto del 1965 in occasione del primo anniversario dalla scomparsa del segretario comunista, se non una riflessione che attraverso Togliatti valuta un’intera vicenda storica, i suoi successi, i suoi limiti e i suoi errori? Cos’è questa “libertà” che si va cercando fuori dalla ragione di partito, una “libertà” che Rossanda non ha mai voluto né preteso, che ha sempre rifiutato anche e soprattutto quando le ragioni del partito e le sue divergevano drammaticamente, dal 1956 al 1968? Non è così, con ogni evidenza, che si restituisce la grandezza della sua sofferenza, che non è una sofferenza culturale o esistenziale, ma tutta politica, che rimanda a un’urgenza e tale resta anche quando si è forzatamente “a riposo” nei placidi lidi del “giornalismo” e del “lavoro culturale”.

Attraverso 52 ritratti di uomini e donne del Novecento Rossanda ingaggia il fatidico corpo a corpo con una vicenda che esorbita il ricordo privato e si fa immediatamente riflessione storica, sul tempo che le è toccato in sorte, non dei peggiori come giustamente riconosce l’autrice. Figure gigantesche con cui Rossanda ha condiviso un tratto della sua strada, politica e biografica: da Lukács a Sartre, da Amendola a Fortini. Ne esce un ritratto del secolo attraverso i volti di quella «stirpe di signori» che sono stati i comunisti, per Rossanda, «signori» in quanto costitutivamente macchiati della colpa di aver agito e, nel farlo, di aver necessariamente oltrepassato e violato e a volte brutalizzato quei limiti morali in nome dei quali si è combattuto, si è vinto e poi si è perso. Il “realismo delle classi subalterne” non è cosa facile da digerire. Oggi qualche spericolato antiquario ne rimpiange la “grandezza”, la “forza”, con-fondendolo col cinismo dei rapporti politici che deride i rovelli dell’anima bella. Eppure trovarsi in mezzo allo “stalinismo” – intendendo con ciò un metodo di governo del partito – ha bruciato più generazioni di militanti, di compagni altrimenti validi. Rossanda lo ha attraversato, da comunista “anomala” – milanese alla scuola di Banfi e del neokantismo – e da donna, in un tempo in cui la questione femminile nel partito e nella società non era messa a tema. Sarebbe importante che qualcuno, prima o poi, affronti esplicitamente il rapporto tra Rossanda e il femminismo, di cui non c’è traccia nei primi cinquant’anni di vita della dirigente culturale milanese, per poi esplodere come problema per lei continuamente irrisolto e forse irrisolvibile a partire dalla metà degli anni Settanta. Troppo facilmente si parla di una Rossanda “femminista”, non cogliendo il dilemma che attraversa il serrato dialogo con la dimensione del privato contestuale al suo ritiro dalla militanza attiva. Il privato che diventa politico come rifugio di una scommessa andata male: il manifesto come punto d’incontro tra tradizione del movimento operaio e le ragioni della nuova contestazione.

Ma se questi volti restituiscono la coscienza infelice di Rossanda, si presentano anche come pezzi di bravura di un giornalismo oggi impensabile. Vi si scorge un’attitudine, quella di badare all’essenziale, andando al sodo di questioni sempre collegate a un orizzonte politico e ideologico. Le contraddizioni dell’«intellettuale comunista» ad esempio, una figura essenziale per capire il comunismo dai fronti popolari in avanti, il comunismo – come lei dice – dagli anni Trenta agli anni Settanta, su cui pure si dovrà fare la storia (e lo si è fatta, sempre più disincarnata, tecnicizzata, deprivata). Attraverso i ritratti di Picasso, di Sartre, di Aragon, ma anche di Pasolini, di Fortini, di Christa Wolf, si intuisce la grandezza del movimento operaio, in grado di far gravitare attorno a sé la parte migliore della borghesia colta, di colonizzare l’immaginario ideologico di un ceto altrimenti – lo vediamo oggi – asservito al più redditizio zeitgeist moralistico a buon mercato; ma traspare anche la miseria di un’intellettualità che rimane, in fin dei conti, aristocratica, fatte le dovute eccezioni (Lukács su tutti). Un’intellettualità che, man mano che scolorisce l’epica rivoluzionaria e poi resistenziale, “costringe” il partito ad inseguire i tormenti di un ceto indisponibile veramente ai vincoli della militanza, usando la platea messa a disposizione dalla forza del movimento operaio senza pagarne i correlati pegni. Un problema con cui si scontrerà direttamente la Rossanda dirigente culturale tra il 1962 e il 1966, uscendone alla fine battuta sia dal partito che da cinematografari e pittori romani.

Sono storie antiche, che Rossanda evoca continuamente alla morte di un qualche rappresentante qualificato del secolo breve. Alla fine, oltre la cortina della grande storia che attraversa e segna le singole vicende, ad emergere è anche una più privata sensibilità di fronte alle sofferenze che la accomunano ai protagonisti ricordati. Si potrebbero definire sofferenze “minori”, di un comunismo, come quello italiano e francese, pur nella sua asperità lontano dalle tragedie del socialismo realizzato nell’est. Ma ancora vive e brucianti per chi, come Rossanda, sognava la tranquillità borghese e si è ritrovata inaspettatamente scaraventata in una storia da cui pure non si è potuta sottrarre, pagando il prezzo che c’era da pagare, senza pentimenti né redenzioni.


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