Newletter Sinistrainrete 20231104

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Robert Inlakesh e Sharmine Narwani: Cosa è accaduto realmente il 7 ottobre?

ilpungolorosso

Cosa è accaduto realmente il 7 ottobre?

di Robert Inlakesh e Sharmine Narwani

siti
oscurati 1.jpgCi è stata segnalata, e la riprendiamo, questa prima, dettagliata inchiesta sull’attacco palestinese del 7 ottobre scorso, fondata in larga parte sulla documentazione del quotidiano israeliano Haaretz e su dichiarazioni di donne israeliane fatte prigioniere. Non siamo in grado di avere una nostra ricostruzione di prima mano, e siamo ben coscienti che una guerra è una guerra con tutte le sue atrocità, e questa di sicuro, da più di 75 anni, è una guerra, di oppressione coloniale e di sterminio da un lato, di liberazione nazionale dall’altro; ma questa ricostruzione, con le molteplici smentite della narrazione di stato israeliana e occidentale che contiene, fa capire – a chi vuol capire – a cosa sia servita la catena di false notizie diffuse in tutto il mondo dai mass media asserviti: a legittimare lo spaventoso eccidio in corso da giorni a Gaza. Sulla più infame di queste false notizie (i 40 bambini “decapitati”) abbiamo pubblicato negli scorsi giorni dei materiali. (Red.)

* * * *

Stanno emergendo prove che più della metà degli israeliani uccisi erano combattenti; che le forze israeliane sono state responsabili della morte di alcuni dei loro stessi civili; e che Tel Aviv ha diffuso false storie sulle “atrocità di Hamas” per giustificare il suo devastante attacco aereo contro i civili palestinesi a Gaza.

Due settimane dopo l’assalto di Hamas contro Israele il 7 ottobre, un quadro più chiaro di ciò che è accaduto, chi è morto e chi ha ucciso, sta ora cominciando a emergere.

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Michele Castaldo e Alessio Galluppi: Due popoli due stati? Si, due stati d’animo

lacausadellecose

Due popoli due stati? Si, due stati d’animo

di Michele Castaldo e Alessio Galluppi

Albert
Einstein.jpgEd ecco che di fronte alla carneficina che sta operando lo Stato di Israele a Gaza, pro doma sua e per conto di tutto l’Occidente, proprio dai potentati di questo, in primis gli Usa, si tira fuori dal cilindro la vecchia proposta di due popoli due Stati, ventilata sempre ma realizzata mai. Inutile dire che dietro tale cosiddetta proposta si è sempre nascosta l’ipocrisia tutta occidentale tendente a mascherare le ragioni vere della nascita dello Stato di Israele. Perché se così non fosse stato in 75 anni si sarebbe trovato il modo di dare una parvenza statuale ai palestinesi piuttosto che rinchiuderli in una prigione a cielo aperto ricattandoli e reprimendoli continuamente per tenerli sotto controllo.

Su quello che sarà il “dopo” si vedrà, intanto si sta procedendo a un vero e proprio genocidio del popolo palestinese e la distruzione di gran parte delle abitazioni in terra di Gaza. Contemporaneamente si procede nella colonizzazione della Cisgiordania espellendo i palestinesi. Dunque si sta procedendo in modo da fare terra bruciata di uomini e cose tali da determinare un vero e proprio stato, si, ma uno stato d’animo dei sopravvissuti. Insomma siamo di fronte al tentativo di una soluzione finale di una aspirazione di un popolo ma senza affermarlo, o per meglio ancora dire, in nome della distruzione di Hamas. Questi sono i fatti sui quali si tenta di costruire poi una propaganda tanto falsa quanto infame. Pertanto non basterebbe nessun tipo di propaganda alternativa per smontare quello che è a tutti chiaro, anche perché gli uomini si schierano in base a quello che per necessità sono spinti a credere.

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Leonardo Persia: “Killers of the Flower Moon”: Scorsese e l’immagine dei lupi

lantidiplomatico

“Killers of the Flower Moon”: Scorsese e l’immagine dei lupi

di Leonardo Persia*

All’inizio degli anni ’20, quella degli Osage era la popolazione più ricca del mondo. Trascinata in Oklahoma dal governo americano, in una contea creduta senza valore e invece piena di petrolio, questa tribù d’indiani cadde nelle grinfie del Capitale. Si spersonalizzarono, comprarono auto e autisti, divennero dipendenti dell’alcol. E soprattutto si trovarono nel mirino dei bianchi affaristi e rapaci, in un momento storico che, dopo la fine della I guerra mondiale, consolidava l’America a capo del mondo. Killers of the Flower Moon racconta il selvaggio West proseguito con altri mezzi, un’epica di gangster armati intenti a impadronirsi delle ricchezze dei colonizzati con ogni mezzo possibile.

Già nel ’21, il Congresso degli Stati Uniti stabilì una misura razzista: ogni nuovo milionario indiano, ritenuto incapace di gestire la propria ricchezza, veniva soggetto a restrizioni e controllo delle spese, con il necessario affiancamento di un supervisore bianco. Infuriò, di conseguenza, l’iniziativa privata, costituita da truffe assicurative e caccia all’eredità; quindi, da numerose uccisioni di affidati a cura dei tutori e di mogli sposate per interesse.

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Alessandro Bartoloni: Perché i governi occidentali vogliono l’allargamento del conflitto

lariscossa

Perché i governi occidentali vogliono l’allargamento del conflitto

di Alessandro Bartoloni

La terza guerra mondiale è cominciata. Al momento i due fronti più caldi sono quello ucraino e quello palestinese. Analizzandoli, si sente spesso affermare – anche da compagni di area comunista – che i paesi occidentali non vorrebbero “l’allargamento del conflitto”. Gli argomenti a sostegno di questa tesi sono principalmente due.

Il primo consiste nel sottolineare la “moderazione” del presidente USA rispetto ai “falchi” che ne infestano Parlamento e governo. Ciò ha il merito di evidenziare i contrasti interni alla classe dominante per quanto riguarda il perseguimento dell’interesse nazionale. Da un lato, i “moderati” vorrebbero utilizzare i soldi pubblici per favorire lo sviluppo economico interno (Inflation reduction act). Lo scontro con la Cina è inevitabile ma va preparato e per questo rimandato.

Dall’altro, gli “estremisti” vorrebbero mantenere l’egemonia statunitense con la forza delle armi al fine di contenere sul nascere lo sviluppo e la competitività degli altri poli imperialisti o antagonisti. Due schieramenti rigorosamente bipartisan (Joe Biden e Donald Trump da un lato, Victoria Nuland e Ron DeSantis dall’altro).

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Paolo Ferrero: Sabato sarò in piazza: il 4 novembre le guerre si fermano, non si festeggiano!

fattoquotidiano

Sabato sarò in piazza: il 4 novembre le guerre si fermano, non si festeggiano!

di Paolo Ferrero

Sabato saremo in piazza a Roma con una semplice parola d’ordine: il 4 novembre le guerre si fermano, non si festeggiano! Invitiamo tutte e tutti a partecipare perché fermare le guerre è il vero obiettivo politico di chiunque abbia a cuore il futuro dell’umanità.

Per questo la manifestazione ha messo al centro della propria piattaforma il cessate il fuoco su ogni fronte, a partire dallo stop del genocidio in corso a Gaza ai danni del popolo palestinese. Conseguentemente la manifestazione chiede lo stop all’invio di armi per la guerra in Ucraina, il riconoscimento dello Stato Palestinese, la revoca dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele, il taglio delle spese militari, l’uscita dell’Italia dalla Nato.

Una manifestazione chiara negli obiettivi che si pone l’obiettivo di dare voce alla maggioranza del popolo italiano che è contro la guerra, per la trattativa, contro l’invio di armi in Ucraina ma che non viene in alcun modo ascoltata dal mondo politico.

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Salvatore Bravo: In nome dell’umanità

sinistra

In nome dell’umanità

di Salvatore Bravo

«Israele non sta combattendo solo la sua guerra, ma la guerra dell’umanità contro i barbari» sono le parole di Netanyahu. Ancora una volta siamo all’interno della grammatica del “bombardamento etico”. Per poter far accettare agli israeliani e, non solo, una somma ingiustizia, si fa appello all’umanità e alla mostruosizzazione del nemico. Si opera secondo una modalità ideologica: la guerra d’Israele contro Gaza è rappresentata come la guerra dell’umanità contro la disumanità. L’appello alla lotta tra gli “umani” contro i “disumani” è degno delle peggiori crociate. I disumani non hanno ragioni, devono essere annientati. Per punire Hamas si annichilisce un popolo intero, per giustificare il salto illogico tra le colpe individuali o di gruppi proiettate su una intera popolazione, si fa appello alla guerra dell’umanità contro la barbarie. Il mondo è diviso in due, da una parte coloro che difendono il “bene”, e dall’altra parte il “male assoluto”. L’esemplificazione e il semplicismo uccidono ogni dialettica argomentativa, al suo posto vi è solo una linea minata tra gli umani e i disumani. Il semplicismo è foriero di violenza, i disumani devono essere annichiliti in nome del bene e dell’umanità.

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Carlo Formenti: L’enigma del “miracolo” cinese e la necessità di ridefinire il concetto di socialismo

perunsocialismodelXXI

L’enigma del “miracolo” cinese e la necessità di ridefinire il concetto di socialismo

di Carlo Formenti

1. L’intuizione di Arrighi.

Nel secondo volume di Guerra e rivoluzione (1) intitolato “Elogio dei socialismi imperfetti”, mi occupo ampiamente del caso Cina (Cap. I) e delle rivoluzioni bolivariane in America Latina (Cap. III). Qui torno esclusivamente sulla questione cinese, perché un’analisi comparativa con altre esperienze, passate e attuali, richiederebbe molto più spazio. Dal titolo appena citato è evidente quale sia il mio giudizio nei confronti delle esperienze trattate in quelle pagine: contrariamente alla maggioranza degli intellettuali marxisti occidentali, per tacere degli autori genericamente “di sinistra”, i quali blaterano di capitalismo di stato o, nella migliore delle ipotesi, di tentativi più o meno riusciti di emancipazione dal dominio neocoloniale, ritengo che si tratti di rivoluzioni antimperialiste che hanno imboccato la strada della transizione al socialismo.

Attenendomi alla sola Cina, questo giudizio si fonda su una serie di dati di fatto di cui mi limito a elencare qui di seguito i più significativi: anche dopo le riforme degli anni Settanta, i settori strategici dell’economia (sia in campo industriale che in campo finanziario) sono rimasti sotto il controllo politico dello stato/partito; l’agricoltura è stata (parzialmente) liberalizzata ma non privatizzata; gli investimenti stranieri vengono utilizzati per accelerare lo sviluppo tecnologico e scientifico oltre che economico, senza permettere che influiscano sugli equilibri generali del sistema; gli investimenti diretti all’estero sono finalizzati a favorire lo sviluppo dei Paesi beneficiari e non a sottoporli al ricatto dell’economia del debito (una logica opposta a quella degli investimenti occidentali); i tentativi della borghesia nazionale di trasformare il proprio potere economico in potere politico vengono stroncati; lo straordinario successo economico, che in una prima fase ha imposto pesanti sacrifici alle classi lavoratrici, è stato successivamente utilizzato per riscattare centinaia di milioni di cittadini dalla povertà assoluta, elevare i salari operai e i redditi contadini, migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse e spostare progressivamente il motore dello sviluppo dalle esportazioni ai consumi interni; infine questo rapido e tumultuoso processo di trasformazione socioeconomica non si è accompagnato – come auspicato dalle élite occidentali – a una evoluzione in senso liberal-democratico del sistema politico, ma ha mantenuto la barra del timone verso l’obiettivo di realizzare nuove forme di democrazia popolare (2).

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Redazione – Alan Macleod: Gaza. Social media e censura

lantidiplomatico

Gaza. Social media e censura

di Redazione – Alan Macleod

720x410c50sdfr.jpgIl coro dei governi, soprattutto occidentali, rappresentato dai suoi organi di informazione mostrano all’opinione pubblica un mondo che non rispecchia la realtà. La stessa opinione pubblica, ormai, non è più disponibile a sorbirsi le menzogne del mainstream. La guerra a Gaza, la ferocia criminale di Israele sta producendo un’ondata mondiale di solidarietà per la Palestina e la sua lotta di liberazione. La criminalizzazione della Resistenza palestinese non serve.

Allo stesso tempo come ha sottolineato il portale CovertAction, “le proteste in tutto il mondo in solidarietà con la Palestina stanno costruendo un movimento di sostegno alla resistenza e alla causa palestinese, mostrando ai leader che persone dagli Stati Uniti al Regno Unito, allo Yemen e alla Giordania e oltre, stanno dalla parte del popolo palestinese nella sua lotta contro gli israeliani sostenuti dagli Stati Uniti. Queste proteste stanno cambiando la forma della copertura mediatica e influenzando l’opinione popolare e il dibattito sulla questione.”

Proprio per questa ragione “le società di social media come Twitter e Meta hanno tentato di censurare i contenuti filopalestinesi. Un video che elenca gli ospedali bombardati da Israele è stato rimosso da Instagram dopo aver ottenuto 12 milioni di visualizzazioni. L’account Twitter di Palestine Action US non è stato più seguibile per molti giorni. Ma le informazioni continuano a diffondersi rapidamente, mantenendo vivo il movimento di solidarietà.”

La censura senza vergogna è servita.

Le guerre non si sono mai fatte solo con le armi tradizionali, ci sono anche quelle mediatiche.

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Giacomo Marchetti: “To fight for a better Life”. La storica vittoria dei lavoratori dell’auto USA

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“To fight for a better Life”. La storica vittoria dei lavoratori dell’auto USA

di Giacomo Marchetti

Lunedì 30 ottobre la General Motors e la United Auto Workers International hanno raggiunto una ipotesi d’accordo.

É il terzo tentative agreement, che completa il quadro della lotta per il rinnovo contrattuale con le Big 3 – Ford, Stellantis e GM, nell’ordine temporale – iniziato con lo Stand Up Strike del 15 settembre.

Questa, come le altre bozze, dovranno essere discusse dalle varie sezioni locali del sindacato prima di essere sottoposte a votazione, ma è chiaro che i guadagni ottenuti – in termini salariali e di garanzie complessive – con uno sciopero durato più di un mese e mezzo sono da considerare “storici”, e tendenzialmente in linea con le richieste dei lavoratori.

Scrive Labor Notes a caldo, dopo l’annuncio di una bozza d’accordo alla Ford: «Con poche eccezioni, la storia della UAW dal 1979, e specialmente dal 2007, è stata quella di regalare concessione su concessione, anche quando i tempi erano relativamente buoni. Quest’anno, sotto una nuova leadership, il sindacato ha cominciato finalmente a recuperare il terreno perduto».

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Luca Cangemi: Note su una (possibile) discussione tra i comunisti

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Note su una (possibile) discussione tra i comunisti

di Luca Cangemi

Fausto Sorini, su Marx21 del 7 settembre, prova (testardamente) a rilanciare la discussione tra i comunisti su basi razionali.

Credo che sia una testardaggine nutrita di forti ragioni, che merita una interlocuzione franca ed esplicita, come del resto hanno fatto i compagni che sono intervenuti nella discussione, tutti con contributi importanti.

Dobbiamo fare uno sforzo per approfondire questa discussione e costruire occasioni collettive di confronto non episodiche (mi sembra questo il senso profondo del forum proposta da Sorini). E dobbiamo farlo stabilendo una connessione profonda con una realtà che cambia e offre spazi inediti, solo a saperli vedere e a scegliere di lavorarci con impegno e umiltà. Dico subito che le vicende di Gaza e dell’intero Medioriente e i loro riflessi – sia sul piano internazionale, sia sul piano interno – sono un banco di prova.

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Patrizia Cecconi: L’antisemita Guterres

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L’antisemita Guterres

di Patrizia Cecconi

La logica aristotelica avrà pure fatto il suo tempo ma ha sempre un certo fascino e ha le sue forme fondamentali di argomentazione. Una è il sillogismo, il ragionamento per eccellenza: se l’Onu dichiara guerra a Israele e chiunque lo faccia, negandogli di fatto la legittimità a esistere e il diritto a difendersi massacrando, è un terrorista antisemita, allora le Nazioni Unite sono terroriste e antisemite. Questa sorprendente affermazione, quasi una macabra boutade, ci viene suggerita dal titolo di un quotidiano nazionale – “L’ONU dichiara guerra a Israele” – tutt’altro che clandestino, Libero, che è solito lanciarsi nell’avventura della provocazione. Non ci si faccia però trarre in inganno, perché il giornale fondato al cambio di millennio da Vittorio Feltri – di proprietà di un imprenditore stimatissimo in campo sanitario, edile ed editoriale, peraltro eletto ben quattro volte al parlamento italiano, Antonio Angelucci – esprime, anche in questo caso, il pensiero di molta gente autorevole: dal Ministro degli Esteri di Israele al Vicepresidente del Consiglio dell’Italia tricolore Matteo Salvini. Mica robetta. Dice: ma si tratta solo delle dichiarazioni deliranti del Segretario Generale: si dimette Guterres e tutto torna a posto. Magari.

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Redazione: “La verità fa male in un mondo di pupazzi. Israele bombarda i palestinesi, non Hamas”

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“La verità fa male in un mondo di pupazzi. Israele bombarda i palestinesi, non Hamas”

di Redazione

“Israele uccide i palestinesi per punirli del consenso che esprimono ad Hamas e indurli a voltargli le spalle massacrando i loro bimbi a Gaza e in Cisgiordania in perfetto stile Isis”

Alessandro Orsini prosegue indefessamente la sua battaglia social contro la disinformazione mediatica nella crisi in Medio Oriente.

Scrive il professore in uno dei suoi quotidiani attacchi alla propaganda a reti unificate: “Tutte le volte che scoppia una guerra ecco che si diffonde una “pupazzata” sui media italiani, cioè una frase fatta che nessuno sottopone al vaglio della ragione critica nel rispetto del progetto illuministico. Le pupazzate della guerra in Ucraina sono note. Ora è il turno della guerra in Palestina. Direttori di quotidiani, conduttori televisivi, speaker radiofonici, si trasformano in pupazzi e dicono: “Hamas non è i palestinesi!”.

Ah no, mio bel pupazzo? Davvero?”

Orsini prosegue con un altra domanda retorica: “E allora perché, pupazzi miei, Israele bombarda i palestinesi invece di bombardare Hamas?

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