Newsletter Sinistrainrete 20231114

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Michele Castaldo: W la guerra

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W la guerra

di Michele Castaldo

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ansaNon me ne vogliano i pacifisti, ma dopo aver letto l’editoriale, annunciato da una “civetta” in prima pagina, di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera di lunedì 6 novembre, e avendo deciso di scrivere un commento, non sono riuscito a trovare un titolo diverso che ne sintetizzasse al meglio il contenuto.

Il lettore si chiederà: perché questa “ostinazione” di una critica politica alla stampa dell’establishment?Perché nel cosiddetto mondo dei militanti della sinistra si preferisce mirarsi nelle proprie idee contrapponendo modelli ideali al modo di produzione invece di analizzare i fatti e come sono utilizzati da parte di chi si prefigge di consolidare le leggi che regolano gli attuali rapporti sociali incentrati sulla legge del valore e dell’accumulazione capitalistica, ritenuta fulcro dell’Occidente. [Nota 1]

Veniamo così al dottor Ernesto Galli della Loggia e del suo ultimo scritto « La storia figlia delle guerre (che si vuole dimenticare) ».

Innanzitutto c’è un primo svarione fin dal titolo, perché la storia non è figlia delle « guerre », perché queste sono espressione di effetti causali determinati dallo spirito di concorrenza generato a sua volta da necessità. Dunque volendo ricostruire certe “ragioni” storiche – come il nostro editorialista intende fare – dovrebbe risalire alle cause originarie non dei due ultimi conflitti mondiali, ma riandare un “poco” più indietro nel tempo dello « scambio » e intrattenersi sul periodo tanto caro ai nostri rinascimentalisti occidentali, ovvero a quella decantata impresa della « Scoperta dell’America » che permise il grande balzo agli europei.

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Alessandro Bartoloni: Sulla “punizione collettiva” sofferta dai palestinesi

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Sulla “punizione collettiva” sofferta dai palestinesi

di Alessandro Bartoloni

gaza 8.jpgSul fronte palestinese si levano numerose le voci di condanna per i morti patiti dalla popolazione civile. La “punizione collettiva” inflitta dal governo israeliano agli abitanti della Striscia di Gaza sarebbe una violazione dei diritti umani.“Un conto sono gli attacchi diretti contro Hamas, un conto la rappresaglia sui civili inermi…”, si dice.

Come analizzato in un altro contributo, solamente chi crede nelle guerre “umanitarie” può stupirsi per quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza.

In questo articolo proverò a spiegare perché tale modo di fare è, dal punto di vista della classe dominante israeliana, paradossalmente legittimo, legale e razionale. Occorre ricordare in tal senso come perfino i nazisti abbiano argomentato a Norimberga, di aver seguito la legalità e una ben precisa “razionalità” tecnico-economica, il che serve a ricordarci la necessità di un punto terzo di osservazione, capace di considerare l’abisso che può separare la legalità borghese e imperialista dalla giustizia sociale internazionalista.

I. La legittimità del male

La concezione che legittima gli attacchi contro formazioni militari e condanna quelli contro i civili presuppone una separazione netta tra l’organizzazione politica che comanda nella striscia di Gaza dal 2007 e i disgraziati che da questa organizzazione sono governati. Un presupposto irrealistico, che è stato più volte messo alla berlina sia dal governo sionista sia dagli analisti più attenti, i quali riconoscono il forte radicamento e consenso di cui godono gli estremisti islamici responsabili della controffensiva del 7 ottobre.

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Dante Barontini: Antisionismo, antiebraismo, antisemitismo

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Antisionismo, antiebraismo, antisemitismo

di Dante Barontini

antisemitismo antiebraismo
antisionismo.jpgScriviamo spesso che essere a favore della libertà della Palestina, del diritto del popolo palestinese a vivere sulla terra in cui vive da sempre, non ha nulla a che vedere con l’”antisemitismo”. Una di quelle parole-stigma che chiudono ogni discussione e lasciano, perciò, la parola alle mazzate oppure al lasciar perdere.

Per fortuna non mancano ebrei capaci di spiegare meglio di noi – per internità a quell’universo culturale – che le cose stanno in tutt’altro modo. E che la religione, anche in quel mondo, viene usata strumentalmente dai “sionisti” per giustificare una politica di colonizzazione e apartheid.

Sono “sionisti” coloro che hanno voluto e costruito uno Stato confessionale – Israele è per legge, oggi, uno “stato ebraico”, che per noi atei non è diverso da uno “stato islamico” o uno “cristiano” – ben poco parente delle “democrazie liberali”.

Sono “ebrei” quelli che condividono quella religione, tradizione, cultura, che ha dato grandi menti all’umanità, in tutti i campi (Marx ed Einstein su tutti).

Sono “semiti” coloro che invece appartengono ad un ceppo linguistico che “che in origine occupava la regione compresa fra i monti Tauro e Antitauro a nord, l’altopiano iranico a est, l’Oceano Indiano a sud, il Mar Rosso e il Mediterraneo a ovest”. E dunque parlano “siriaco, aramaico, arabo, ebraico e fenicio”. Cinque lingue, non una sola. Cinque etnie, almeno, non una sola.

Si può insomma essere ebreo ma non sionista, semita ma non ebreo (i palestinesi lo sono, e gli arabi anche), e così via. Così come si può essere arabi ma non islamici; e soprattutto “terroristi” sia da islamici che da ebrei o anglosassoni.

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Aldo Milani: Il SI Cobas sciopera venerdì 17 novembre a sostegno del popolo palestinese, per fermare il genocidio a Gaza

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Il SI Cobas sciopera venerdì 17 novembre a sostegno del popolo palestinese, per fermare il genocidio a Gaza

Intervista al compagno Aldo Milani*

L’Esecutivo nazionale del SI Cobas ha preso ieri sera una decisione della massima importanza: organizzare uno sciopero venerdì 17 novembre in solidarietà con la lotta del popolo palestinese, per contribuire a fermare immediatamente il massacro che l’esercito israeliano sta portando avanti a Gaza con l’appoggio totale degli Stati Uniti e dei paesi dell’UE, tra cui in prima fila l’Italia di Meloni e Mattarella. Ne chiediamo la ragione al compagno Aldo Milani, coordinatore nazionale del SI Cobas.

* * * *

Aldo Milani – Questa nostra decisione non cade dal cielo. Da sempre il SI Cobas sente di avere obblighi di solidarietà nei confronti dei proletari di tutti i paesi del mondo. Il nostro sindacato è composto da lavoratori e lavoratrici di più di 35 diverse nazionalità. Molti di loro provengono dai paesi arabi e di tradizione islamica. Perciò posso affermare che il SI Cobas ha l’internazionalismo proletario nel suo dna.

Da più di un anno, poi, siamo impegnati, con i compagni della Tendenza internazionalista rivoluzionaria (TIR) ed altri, in una serie di iniziative contro la guerra in Ucraina che ci hanno portato il 21 ottobre ad un grosso corteo davanti alla base militare italiana di Ghedi, dove sono depositate decine di bombe atomiche della Nato. In quella manifestazione abbiamo denunciato l’azione genocida dello stato di Israele, che data da decenni ma ha raggiunto in questi giorni una violenza sanguinaria spaventosa contro la popolazione di Gaza. Abbiamo fatto comunicati, indetto assemblee, partecipato a tante manifestazioni, ma – vista l’estrema urgenza di fermare questa mattanza – è venuto il momento di far fare un salto di qualità alla nostra azione. Lo sciopero è l’arma di lotta più efficace a nostra disposizione. E abbiamo deciso di usarla venerdì 17 in tutti i magazzini della logistica, nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro in cui siamo presenti.

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Andrea Zhok: L’era della menzogna manipolativa e le coscienze dei giovani

lantidiplomatico

L’era della menzogna manipolativa e le coscienze dei giovani

di Andrea Zhok

“Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.”

(Niccolò Machiavelli)

Stavo pensando al continuum di bugie, manipolazioni, finzioni strumentali in cui siamo immersi.

Nel dibattito pubblico e nei giornali il tentativo di fare spazio a posizioni plurali, documentate e dialettiche è sostanzialmente estinto.

I giornali non ci provano neppure a dare informazioni di prima mano: ricevono i comunicati di una manciata di agenzie di stampa internazionali a guida Nato e ci fanno sopra una poesia gradita all’azionista di maggioranza.

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Pepe Escobar: La Russia si schiera dalla parte della Palestina

comedonchisciotte.org

La Russia si schiera dalla parte della Palestina

di Pepe Escobar

Mentre il sostegno dell’Occidente alla guerra di Israele contro Gaza diventa indifendibile, Mosca si allinea alla maggioranza globale in difesa della Palestina

La complessa e sfumata questione della neutralità geopolitica della Russia nella tragedia israelo-palestinese è stata finalmente chiarita la scorsa settimana, senza mezzi termini.

La prova A è quello del Presidente russo Vladimir Putin che si è rivolto personalmente, il 30 ottobre, al Consiglio di sicurezza del suo Paese, agli alti funzionari governativi e ai capi delle agenzie di sicurezza.

Tra gli altri, erano presenti il Primo Ministro Mikhail Mishustin, il Presidente della Duma Vyacheslav Volodin, il Segretario del Consiglio di Sicurezza Nikolai Patrushev, il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov, il Direttore dell’FSB Alexander Bortnikov e il Direttore dell’SVR (intelligence estera) Sergei Narishkin.

Putin non ha perso tempo a spiegare la posizione ufficiale della Federazione Russa nell’attuale incandescenza geopolitica di due guerre intrecciate, Ucraina e Israele-Palestina. Il discorso era rivolto tanto al suo pubblico di alto profilo quanto alla leadership politica dell’Egemone occidentale”.

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comidad: Esche razziali e falsi protagonismi

comidad

Esche razziali e falsi protagonismi

di comidad

Il caso Soumahoro ha fornito all’opinione pubblica l’occasione di liberarsi finalmente dalle costrizioni del politicamente corretto; anzi, è diventato improvvisamente politicamente corretto partecipare al grande evento ludico del linciaggio del negro, come nel caro vecchio Alabama dei tempi d’oro. L’esca razziale ha funzionato talmente bene che persino l’opinione anti-establishment è stata pienamente coinvolta nel linciaggio, tanto da farsi trascinare dalla bolla mediatico-giudiziaria e dall’euforia forcaiola, deponendo di colpo l’abituale diffidenza nei confronti dei giornalisti e dei magistrati. Il problema sorge però quando qualche raro giornalista non mente su tutta la linea, ma mischia concrete evidenze insieme con affermazioni irrealistiche. Piero Sansonetti descrive correttamente e dettagliatamente gli abusi e le coercizioni illegali a cui sono sottoposte la moglie e la suocera di Soumahoro, salvo poi concludere, in modo del tutto irrealistico, che in Italia la magistratura è un corpo separato in grado di fare tutto quello che vuole. Ancora una volta si evoca il mito della magistratura; un mito che può presentarsi spesso in chiave ideologizzata, cioè nella versione devozionale della magistratolatria, cara alla ex sinistra, oppure nei babau agitati dalle destre: le “toghe rosse” e la “via giudiziaria al socialismo”.

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Stefano Baudino: La tragedia di Gaza attraverso i numeri pubblicati dalle Nazioni Unite

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La tragedia di Gaza attraverso i numeri pubblicati dalle Nazioni Unite

di Stefano Baudino

Le immagini che arrivano dalla Striscia di Gaza, dove da oltre un mese va in scena un autentico massacro, lasciano senza parole. I raid israeliani d’aria e di terra stanno radendo al suolo abitazioni, ospedali, centri per rifugiati, ma soprattutto migliaia di vite umane. A offrirci lo spaccato più completo della situazione sono i numeri diramati dalle Nazioni Unite sulla crisi umanitaria in corso a Gaza, che vengono aggiornati ogni giorno. Al 10 novembre 2023, scrive l’Onu basandosi sui dati forniti dal Ministero della Sanità di Gaza, sono 11.078 i morti palestinesi, tra cui si contano 3.027 donne, 4.506 bambini e 678 anziani. Ben 1.130 famiglie vedono molteplici vittime: 549 famiglie ne contano da 2 a 5, 189 nuclei familiari da 6 a 9 e 312 famiglie addirittura più di 10. I feriti risultano essere 27.490, con un incremento costante dallo scorso 7 ottobre. Altre 2.700 persone, tra cui 1.500 bambini, sono attualmente disperse e potrebbero essere intrappolate sotto le macerie. Gli sfollati interni a Gaza sono 1,6 milioni, rappresentativi del 70% della popolazione totale.

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Luca Busca: L’urlo di rabbia

sinistra

L’urlo di rabbia

di Luca Busca

step into your place propaganda
poster 1915 low.jpgUn “urlo” questo che prolunga l’urlo di dolore, un post pubblicato su Facebook circa un mese fa in cui piangevo la scomparsa della mia amata compagna di vita. Un grido di sofferenza che esprimeva l’impotenza nei confronti dell’ingiustizia di veder morire chi è ancora troppo giovane per andarsene. Un dolore che stravolge con forza l’intera sfera privata soprattutto in virtù della condivisione di una figlia di appena tredici anni. Il poco tempo passato è del tutto insufficiente a placare il dolore, ma è stato abbastanza per indurmi ad urlare di nuovo al fine di manifestare, però, una diversa emozione, l’ira. Una rabbia profonda che valica i confini del privato per irrompere nella sfera sociale, luogo dove il senso di impotenza assume caratteristiche diverse, ma altrettanto devastanti. Nel piano personale l’incapacità di affrontare l’impari lotta metafisica con la morte è comune all’intero genere umano. Anche chi si appella a vite ultraterrene o a reincarnazioni cicliche finisce per soffrire la perdita dei propri cari, né più né meno degli atei come me. Sul piano pubblico, però, per chi non crede in alcuna forma postuma di giustizia divina, perdere la battaglia contro l’iniquità sociale non è sopportabile, e per questo genera collera, ira, indignazione.

Per comprendere bene l’entità e le ragioni di questa rabbia è necessario ripercorre il percorso della malattia di mia moglie. La prima diagnosi di tumore alla mammella arrivò a fine settembre del 2011. Il percorso fu quello classico dell’epoca: chemioterapia neo-adiuvante, intervento chirurgico (aprile 2012) e lunga radioterapia postoperatoria. Sono seguiti anni di terapia ormonale, molto pesanti in virtù della giovane età (34 anni). Proprio in considerazione di questa l’equipe medica preferì effettuare un intervento conservativo.

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Andrea Fumagalli: La democrazia del reddito universale | Prefazione

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La democrazia del reddito universale | Prefazione

di Andrea Fumagalli

Pubblichiamo un estratto della prefazione di Andrea Fumagalli alla nuova edizione di “La democrazia del reddito universale”, Manifestolibri, 2023 – a cura di Andrea Fumagalli e Cristina Morini. Questa nuova edizione del primo testo organico sul tema del reddito di base in Italia, ora diventato un classico del pensiero politico, avviene in un momento particolare, che segna il ritormo di politiche oscurantistiche nei confronti della necessità di rinnovare in senso estensivo il modello di welfare.

* * * * *

A più di 25 anni di distanza, la tematica del reddito è diventata centrale. Quando questo libro uscì, erano veramente pochi coloro che, da sinistra, propugnavano l’introduzione di un reddito di base. Oggi il panorama è decisamente diverso, anche se più complesso e caotico. Il confronto nazionale ed internazionale sul basic income ha conosciuto un vibrante sviluppo ed al tempo stesso uno straordinario arricchimento. Il ragionamento collettivo sul tema ha trovato ulteriori connotazioni negli anni nei quali sono divenute egemoni condizioni e modalità produttive che caratterizzano il capitalismo contemporaneo: condizioni che hanno travalicato le classiche dicotomie tipiche del paradigma taylorista-fordista, in particolare quella tra tempo di lavoro e tempo di non lavoro e tra produzione e riproduzione. Il Basic income è diventato, in questo modo, il fulcro attorno al quale diveniva possibile ridisegnare il nuovo statuto delle garanzie non solo del lavoro, ma della vita.

Nei primi anni del Duemila, prende corpo quello che possiamo definire, sino a ora, l’appuntamento più importante e numericamente significativo, che i movimenti del precariato metropolitano abbiano mai realizzato, non solo in Italia, ma in tutta Europa.

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Costantino Ragusa: Il biolaboratorio mondo

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Il biolaboratorio mondo

di Costantino Ragusa

“L’ingegneria genetica è una tecnologia tanto radicale quanto quella nucleare, non solo perché entrambe affrontano gli elementi costitutivi “estremi”della materia e della vita, disintegrando ciò che era ritenuto fino ad allora “insecabile”(l’atomo o la cellula), ma anche perché nell’uno e nell’altro caso non si tratta più di vere e proprie prove, dato che non c’è più l’insularità del campo di sperimentazione, e che il laboratorio diviene suscettibile di avere la stessa estensione del globo”.

Enciclopédie des nuisances

Recentemente in Italia, seppur ancora in contesti molto marginali, si è iniziato a discutere dei pericoli legati alle ricerche di ingegneria genetica e più in generale alle ricerche con agenti biologici, soprattutto dopo le recenti mobilitazioni a Pesaro contro l’apertura di un Istituto Zooprofilattico con classificazione di pericolosità biologica di livello 3.

Per forza di cose per comprendere quello che sta effettivamente avvenendo bisogna fare un passo indietro, anche abbastanza lungo, ma fondamentale per non sbagliare pensando che sia stato il clima di emergenza degli ultimi anni ad aver portato questi nuovi Biolaboratori, quando al contrario sono invece sempre i laboratori a creare le emergenze.

Intanto, per cominciare, le ricerche condotte in questi nuovi Biolaboratori non rappresentano certo una novità, sia per l’Italia, ma ancora di più per tanti altri paesi per il mondo.

Sono decenni che, segretamente, poi ufficialmente e poi di nuovo segretamente, vengono effettuate ricerche ed esperimenti senza sosta in questa direzione, ogni paese con le proprie caratteristiche e i propri diritti umani e animali da tenere in considerazione.

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Piccole Note: Gaza: la mattanza e il corridoio umanitario

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Gaza: la mattanza e il corridoio umanitario

di Piccole Note

Le vittime civili di Gaza superano quelle della guerra ucraina. L’apertura di un corridoio umanitario aiuta, ma non basta

“La morte di decine di operatori umanitari negli attacchi aerei su Gaza nell’ultimo mese ha reso il conflitto il più mortale di sempre per gli operatori delle Nazioni Unite”.

“Almeno 88 persone che lavoravano per l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, l’UNRWA, sono state uccise dal 7 ottobre. Quarantasette dei suoi edifici sono stati danneggiati”.

“Inoltre, secondo le Nazioni Unite, a Gaza sono stati uccisi almeno 150 operatori sanitari – 16 mentre prestavano servizio – e 18 operatori dei servizi di emergenza per la protezione civile di Gaza. Più di 100 strutture sanitarie sono state danneggiate”. Tanto riportava il Guardian il 6 novembre.

Inoltre, “un terzo di tutti gli edifici nel nord di Gaza sono stati danneggiati o distrutti, secondo un’analisi delle immagini satellitari New York Times, ma le bombe non hanno ovviamente risparmiato il Sud, come rilevano i satelliti suddetti.

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Salvatore Bravo: Dieci anni con / senza Costanzo Preve

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Dieci anni con / senza Costanzo Preve

di Salvatore Bravo

Sono dieci anni che Costanzo Preve ci ha lasciati. Ogni essere umano è eterno nelle parole e nei gesti, in cui continua a esserci come in una silenziosa fioritura. Nel caso dei filosofi non vi sono eredi diretti, che dunque obbligatoriamente sono costretti a ereditarne il lascito teoretico ed etico, perché gli eredi dei filosofi sono tali per libero arbitrio e per ragioni di affinità elettiva che trascendono ogni sclerotizzazione giuridica e temporale. La filosofia è dunque gesto di libertà che diviene stile di vita. La biografia coincide gradualmente con le idee, il filosofo pratica il lavoro dello spirito che gli consente di trasformare la sua carne, le sue parole e le sue relazioni. La filosofia è dunque questo lavoro lento e certosino che conosce avanzamenti e regressioni. Per poter imparare il difficile compito di acquisire “uno stile di pensiero” necessitiamo di un modello. Si sceglie il modello a cui ispirarsi per superarlo. In questo processo già la filosofia si connota per la sua struttura libertaria, relazionale e dialettica.

In un momento storico in cui conformismo e omologazione sono la normalità asfissiante che ritmano e cadenzano i giorni e le parole, Costanzo Preve osò devertere dal conformismo del politicamente corretto.

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Elena Basile: La passività e l’ipocrisia dell’Occidente

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La passività e l’ipocrisia dell’Occidente

di Elena Basile

Il 2 novembre le immagini della carneficina a Gaza scompaiono dalla maggioranza dei giornali occidentali. Si piangono i morti, non quelli palestinesi. Il Paese “Indispensabile” che “tiene il mondo insieme” (come afferma il Presidente Biden, il politico che dovrebbe incarnare rispetto al suo avversario nelle elezioni del 2024, la parte più progressista degli Stati Uniti) si oppone a un cessate il fuoco e trascina con sé le democrazie occidentali, il bel giardino di Borrell. E’ incredibile! Le autocrazie come la Russia e la Cina parlano un linguaggio di pace. Certo lo faranno per assecondare i loro interessi geo-strategici. Pronunciano tuttavia parole di saggezza politica intesa a fermare l’escalation in Medio Oriente, il massacro di innocenti a Gaza, i crimini di guerra in corso. L’Occidente invece nella sua passività e ipocrisia, rimane complice di una strage che alcuni analisti giuridici non esitano a denominare genocidio. Non sono un’esperta giuridica. Mi fido delle analisi di alcuni giuristi che si riferiscono alla convenzione per la prevenzione e la repressione del reato di genocidio del 1948. Sono stabiliti all’articolo 2 i parametri in grado di individuare casi di genocidio. Almeno tre dei 5 parametri in esso delineati sono soddisfatti a Gaza.

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Paolo Desogus: “Liberali per lo sterminio”: l’editoriale del Corriere che sdogana i crimini di guerra

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“Liberali per lo sterminio”: l’editoriale del Corriere che sdogana i crimini di guerra

di Paolo Desogus

Sul Corriere della sera fa il suo debutto una nuova corrente che potremmo definire “liberali per lo sterminio”, con l’editoriale di Galli della Loggia in cui il principe delle firme di via Solferino sostiene che i crimini di guerra, quando è il bene che combatte contro il male, sono necessari. E dunque, trattandosi di cose estremamente serie, non dovrebbero essere oggetto di cortei, moralismi e “pandette dei tribunali”. Insomma, basta tribunali internazionali, i buoni sono buoni a prescindere.

Nel suo editoriale di domenica, Ernesto Galli della Loggia afferma che la storia è fatta anche di stragi e morti innocenti. La morte è un fatto da accettare quando si lotta per la libertà. Prende come riferimenti i bombardamenti angloamericani in Germania della seconda guerra mondiale, senza mai esplicitare il parallelismo con l’opera di sterminio (quasi diecimila morti in un mese) che nell’indifferenza collettiva lo stato di Israele sta compiendo contro i palestinesi.

Le farneticazioni di Galli della Loggia hanno però poco a che fare con gli studi storici, anche per una sola e banale ragione di ordine logico.

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Chris Hedges: La soluzione finale di Israele per i palestinesi

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La soluzione finale di Israele per i palestinesi

di Chris Hedges

Quando gli estremisti ebrei, i sionisti intolleranti, i fanatici religiosi, gli ultranazionalisti e i cripto-fascisti dello Stato di apartheid di Israele dicono di voler cancellare Gaza dalla faccia della terra, credetegli

Ho seguito la nascita del fascismo ebraico in Israele. Ho raccontato dell’estremista Meir Kahane, a cui era stato impedito di candidarsi e il cui partito Kach era stato messo fuori legge nel 1994 e dichiarato organizzazione terroristica da Israele e dagli Stati Uniti. Avevo assistito ai comizi politici di Benjamin Netanyahu, che riceveva lauti finanziamenti dagli americani di destra, quando si era candidato contro Yitzhak Rabin, che stava negoziando un accordo di pace con i palestinesi. I sostenitori di Netanyahu cantavano “Morte a Rabin”. Avevano bruciato un’effigie di Rabin in uniforme nazista. Netanyahu aveva marciato davanti a un finto funerale di Rabin.

Il primo ministro Rabin era stato assassinato il 4 novembre 1995 da un fanatico ebreo. La vedova di Rabin, Lehea, aveva incolpato Netanyahu e i suoi sostenitori per l’omicidio del marito.

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