Alastair Crooke: Possono aspettare con calma, mentre Netanyahu si affanna e sbaglia
Possono aspettare con calma, mentre Netanyahu si affanna e sbaglia
di Alastair Crooke – strategic-culture.su
Netanyahu è nel bel mezzo di una “campagna”. Ma non è una campagna elettorale, perché non avrebbe alcuna possibilità di sopravvivere alle elezioni
In una piccola stanza poco illuminata di Gaza, era stato possibile distinguere prima la vecchia sedia a rotelle da museo e poi la figura accartocciata e avvolta in una coperta del paraplegico che la occupava. All’improvviso, dalla sedia a rotelle era arrivato uno stridio acuto; l’apparecchio acustico del suo occupante era impazzito e avrebbe continuato a strillare a intervalli regolari per tutta la durata della mia visita. Mi ero chiesto quanto potesse sentire l’occupante della sedia, con un apparecchio acustico così mal regolato.
Durante la discussione, mi ero reso conto che, disabile o meno, il suo stato mentale era più affilato di una lama. Era duro come il ferro, aveva un ottimo senso dell’umorismo e i suoi occhi brillavano in continuazione. Chiaramente si stava divertendo, tranne quando lottava con i fischi e gli strilli del suo apparecchio acustico. Com’era possibile che un tale carisma fosse racchiuso in una figura così esile?
Quest’uomo sulla sedia a rotelle e con l’auricolare sgangherato – lo sceicco Ahmad Yasin – era il fondatore di Hamas.
E ciò che mi aveva detto quella mattina è arrivato a sconvolgere il mondo islamico di oggi.
Mi aveva detto: “Hamas non è un movimento islamico. È un movimento di liberazione e chiunque, sia esso cristiano o buddista – persino io [Alastair Crooke] – avrebbe potuto farvi parte. Siamo tutti benvenuti”.
Perché questa semplice formula è così significativa e collegata agli eventi di oggi?
L’ethos di Gaza, a quel tempo (2000-2002), era prevalentemente quello dell’Islamismo ideologico. La Fratellanza Musulmana egiziana era profondamente radicata.
Alessio Galluppi: La violenza di genere nel vortice della crisi e il j’accuse di Elena Cecchettin
La violenza di genere nel vortice della crisi e il j’accuse di Elena Cecchettin
di Alessio Galluppi
In molti si sono domandati perché il femminicidio di Giulia Cecchettin abbia trovato maggiore eco rispetto agli altri che si moltiplicano con aumentata frequenza in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, in India, Cina e in America Latina. La differenza risiede che in questo caso la crisi generale di un modo di produzione che si ripercuote nella sfera della riproduzione sociale e nel rapporto di specie ha trovato nella persona e nella voce di Elena Cecchettin il riflesso agente dell’impersonalità delle contraddizioni che vengono a maturare con la crisi e che si ripercuotono nella sfera della riproduzione sociale. In sostanza la vicenda è divenuta la punta dell’iceberg di una crisi più generale che sta solcando nel profondo anche la relazione di genere per come essa è stata determinata da un movimento storico causato da necessità impersonali.
Così, Giulia Cecchettin è divenuta icona vittima della violenza sulla donna nella marea umana rabbiosa e commovente nel vento di tramontana della manifestazione di Roma del 25 novembre, una marea composita di giovani ragazze, donne di diverse età e di alcuni giovani ragazzi. Una “icona” che viene usata anche in modo strumentale e ruffiano da altre parti sociali per far precipitare nel dimenticatoio generale il j’accuse della sorella Elena.
Il j’accuse di Elena Cecchettin, aggredendo i nodi generali della questione che il femminicidio sottende, ha suscitato una immediata reazione contraria da parte di quella pancia sociale diffusa e sensibile ai valori di famiglia, di servizio alla procreazione della vita e della proprietà privata dei figli. Ma ha anche ricevuto quella solidarietà paternalistica da parte del pensiero dell’establishment liberale e del centro sinistra, che nel tentativo di conciliare gli interessi generali del capitalismo italiano alle prese con una inarrestabile crisi di natalità e quelli più generali delle donne, ridotti a diritti per sole poche, equiparati alle istanze più corporative che la stessa crisi del rapporto sociale della famiglia e della decrescita della popolazione stanno determinando.
Toni Negri: Poetica dell’essere vero: metafisica dei costumi
Poetica dell’essere vero: metafisica dei costumi
di Toni Negri
Toni Negri è stato tante cose. Tra queste – tra l’operaismo e la militanza politica – è stato, forse in maniera più silenziosa, un lucidissimo studioso di Leopardi. Su Scenari, vogliamo ricordarlo con un estratto di Lenta Ginestra*. Saggio sull’ontologia di Giacomo Leopardi, opera monumentale che ha aperto nuove prospettive sull’intero corpus leopardiano.
“Non cerco altro più fuorché il vero, che ho già tanto odiato e detestato. Mi compiaccio di sempre meglio scoprire e toccar con mano la miseria degli uomini e delle cose, e d’inorridire freddamente, speculando quest’arcano infelice e terribile della vita dell’universo” [1]. È questo un programma filosofico? Taluno ha insistito a dismisura su questo e analoghi passi leopardiani. Una volta, Leopardi e Schopenhauer, era lo stereotipo che si usava per liquidare la portata sovversiva della critica leopardiana [2]. Ora la moda è cambiata: Leopardi e Kafka per qualche altro menagramo… [3] Leopardi, ovvero il grande vinto, il pessimismo cosmico, ecc. Nulla di meno vero.
Questo andare di citazione in citazione, scegliendo le più disperate e tirandone conclusioni definitorie, è solo un malvezzo: d’altra parte Schopenhauer e Kafka hanno la loro propria grandezza e non si comprende davvero come possano essere chiusi nella fattispecie leopardiana. Niente in Leopardi c’è della schopenhaueriana fenomenologica progressiva teologia del nulla e tanto meno il gusto, affatto dialettico, della negazione e della devoluzione della realtà nelle figure dell’evanescenza l’uomo “vede, ovunque guardi, la sofferente umanità e la sofferente animalità e un mondo evanescente”, non gli basta più quindi “amare gli altri come se stesso e fare per essi quanto fa per sé; ma sorge in lui un orrore per l’essere di cui è espressione il suo proprio fenomeno, per la sua volontà di vivere, per il nocciolo e l’essenza di quel mondo riconosciuto pieno di dolore”[4]: in Leopardi il reale è sempre fuori discussione e lo sfondo del suo materialismo è irriducibile. Né di Kafka vi sono in Leopardi l’allucinazione, una gnoseologia machiana: “nel mondo di Babele c’è come un’asfissia della parola” – poi quella kafkiana, appunto, fenomenistica analitica della psiche: “una fine apparente causa un dolore reale” [5]; in Leopardi la psiche è continuamente riportata al meccanismo del senso – e si fonda e si ricostruisce materialmente.
Caitlin Johnstone: La reazione quando leggo dei crimini di Israele
La reazione quando leggo dei crimini di Israele
di Caitlin Johnstone – ConsortiumNews*
Secondo quanto riferito, le forze israeliane hanno lanciato i bulldozer sui pazienti dell’ospedale nelle tende e hanno sepolto le persone vive. I funzionari palestinesi chiedono un’indagine urgente sulle accuse di un attacco con bulldozer dell’IDF contro i pazienti dell’ospedale Kamal Adwan, nel nord di Gaza, che ha ucciso una ventina di persone.
Questa è una di quelle cose che, anche dopo tutto quello che è successo, si guarda ancora e si dice: “Devo aver letto male”. Se si uccidesse del bestiame in questo modo, si verrebbe considerati dei mostri.
* * *
Le truppe dell’IDF hanno ucciso ostaggi israeliani in fuga che sventolavano una bandiera bianca, apparentemente perché li hanno scambiati per civili palestinesi che tenevano una bandiera bianca (le forze israeliane hanno una lunga e ben documentata storia di uccisioni di gazawi mentre sventolano bandiere bianche).
Pierluigi Fagan: A capodanno attenti al colesterolo geopolitico
A capodanno attenti al colesterolo geopolitico
di Pierluigi Fagan
Alte concentrazioni di molecole di colesterolo, possono portare a infiammazioni e occlusioni delle vie venose e arteriose con conseguenze gravi. Il colesterolo geopolitico è l’innalzamento dei livelli di attrito e conflitto della transizione multipolare in cui il sistema circolatorio sono le vie del commercio mondiale.
Bab al-Mandab è uno stretto, già di suo con un nome infausto (Porta del lamento funebre), che collega il Golfo di Aden e prima l’Oceano Indiano e il Mar Arabico col Mar Rosso-Suez. Vi passa tra il 12 e il 14% del commercio mondiale (quasi tutto quello euro-asiatico), tant’è che nel paesotto affacciato sullo stretto, Gibuti, hanno basi navali militari Stati Uniti, Francia, Italia, Arabia Saudita e sia il Giappone che la Cina, queste ultime due, uniche basi extraterritoriali per i due asiatici. I russi se ne stanno costruendo una poco più a nord sulla costa sudanese.
Giusto di fronte c’è lo Yemen e nello Yemen del nord, ci sono gli Houthi, sciiti, i quali pare stiano da un po’ di tempo lanciando razzi e droni armati contro alcune navi mercantili di passaggio.
Piccole Note: Gaza: la tregua e forse la svolta della guerra
Gaza: la tregua e forse la svolta della guerra
di Piccole Note
La pausa nei combattimenti consente un rinnovato impegno diplomatico. L’impossibilità di eliminare Hamas. In calo le quotazioni di Netanyahu degli ultraortodossi.
La tregua a Gaza sembra alle porte. Lo denota il viaggio di Ismail Hanyeh, capo politico di Hamas, in Egitto, al quale ha dato grande risalto la stampa israeliana. Il cessate il fuoco dovrebbe durare una settimana e consentire il rilascio degli ostaggi israeliani in cambio di detenuti palestinesi. Una pausa di sollievo per gli sventurati palestinesi, anche se le loro sofferenze saranno solo attutite: lo sradicamento, la fame e le malattie continueranno a flagellare.
La pausa dei combattimenti probabilmente vedrà un rinnovato impegno diplomatico per porre fine al conflitto, ma grande è l’incertezza sul futuro e l’ipotesi che Tel Aviv dismetta la mattanza dei palestinesi resta remota. Inutile, a oggi fare previsioni, dal momento che può accadere di tutto, sia a Gaza che altrove (il Times riferiva di un piano israeliano per invadere il Libano e altre criticità possono aprirsi a causa della flotta a guida Usa inviata nel Mar Rosso contro gli Houti).
Pasquale Vecchiarelli e Leila Cienfuegos: Aspetti della putrefazione capitalistica
Aspetti della putrefazione capitalistica
di Pasquale Vecchiarelli e Leila Cienfuegos
Nella sua fase imperialista il capitalismo spinge le proprie politiche predatorie sulla pelle dei lavoratori fino alle estreme conseguenze, basta guardare come abbiano iniziato a introdurre subdolamente la sanità privata in regioni apripista come la Lombardia
Supponiamo che hai lussato la clavicola o hai ingerito un corpo estraneo, o hai un’intossicazione acuta, o un altro qualsiasi maledetto accidente che non sia troppo grave da poter essere considerato di massima urgenza ma che comunque necessiterebbe di un soccorso, potremmo dire “pronto”. Bene, in Lombardia – e presto forse anche nel resto d’Italia – giunto in ospedale, all’accoglienza troverai un cartello che ti invita a scegliere tra due opzioni: pagare e quindi essere visitato o non pagare e attendere un controllo per un tempo indeterminato sperando che il corpo estraneo non sia troppo pericoloso.
La sanità lombarda sta sperimentando infatti una soluzione veramente all’avanguardia nel diritto alla salute… dei ricchi! Non è una novità dell’oggi che chi ha i soldi può curarsi meglio di chi non ne ha ma la sete di profitto della sanità privata si sta spingendo fino a raggiungere livelli mai visti prima, e questo è il caso appunto dei pronto soccorso privati.
Giorgio Gattei: Dal prestito alle “tavolette” dei Sumeri (con le equazioni di Dgiangoz)
Dal prestito alle “tavolette” dei Sumeri (con le equazioni di Dgiangoz)
Cronache marXZiane n. 13
di Giorgio Gattei
1. Sul pianeta Marx (quell’insolito corpo astrale comparso nel cielo della economia politica nel XVIII secolo e studiato da astronomi capaci come Adam Smith, David Ricardo e infine da Karl Marx che gli ha dato il nome) io sono stato trascinato nel 1968 dai marXZiani dell’astronave “la Grundrisse”, che mi hanno letteralmente rapito, e nella mia lunga esplorazione di quel pianeta, che sto raccontando in queste “Cronache marXZiane”, sono alla fine approdato alla terra di Saggio Massimo (del profitto) nella quale non si pagano salari. Ma non è paradossale che non si remuneri il lavoro che pure s’impiega nella produzione delle merci? Niente affatto se si segue l’acuta osservazione del cosmonauta (non astronauta!) Piero Sraffa, che ha visitato personalmente quel pianeta prima di me dandone un resoconto preciso in Viaggio di merce per merce (1960), che il salario va considerato come composto di due parti distinte: un “salario di necessità” e uno “di sovrappiù”, con il primo che è dato esogenamente e deve essere necessariamente pagato per la sopravvivenza dei lavoratori «sulla stessa base del combustibile per le macchine o del foraggio per il bestiame», mentre il secondo partecipa in competizione con il profitto alla spartizione del sovrappiù prodotto attraverso il sistema della contrattazione sindacale tra le parti sociali di capitalisti e lavoratori ed è variabile potendo andare da “tutto il prodotto al lavoro” (come recitava la rivendicazione politica di un tempo) a zero quando la forza del lavoro sia così indebolita (per qualsiasi accidente storico, compreso il maledetto fascismo) da dover lasciare l’intero sovrappiù alla parte avversa. Così in quella estrema periferia del pianeta Marx il fatto che non si paghino salari significa soltanto che non si paga il “salario di sovrappiù”, dato che quello “di necessità” rimane, eccome, dentro ciò che in gergo è chiamata la “matrice della tecnica” ad indicare quali e quanti input, ovvero fattori produttivi compresi quindi i beni-salario “necessari”) servono per produrre ogni output.
Gaspare Nevola: Re-inquadrare. Funzione intellettuale, cornice e istigazione (in una società di like e influencer)
Re-inquadrare. Funzione intellettuale, cornice e istigazione (in una società di like e influencer) (Seconda parte)
di Gaspare Nevola
1. Sulla funzione intellettuale critico-provocativa e sulla solida persistenza della cornice acquisita
La funzione intellettuale critico-provocativa, va detto, è fisiologicamente esposta all’insuccesso. Questo tende a condizionare la figura dell’intellettuale che la interpreta, portandolo a interrogarsi su quale senso possa mai avere lasciarsi scivolare nella corrente dei “predicatori nel deserto”. La “cornice”, che la funzione intellettuale intende “provocare” mettendola in discussione, trae la sua tendenza a persistere da una solidità che non deriva da fattori banali[1]. Questo argomento merita un minimo di approfondimento.
Filosofi, psicologi, antropologi e sociologi hanno cercato, da tempo immemore, di spiegare le profonde, buone o comprensibili ragioni del perché gli esseri umani e le società siano inclini ad adagiarsi in schemi di pensiero e pratiche di vita accomodanti e dati-per-scontati, evitando di spezzarli almeno fino a quando tali schemi e pratiche non arrivano a opprimerli o a soffocarli[2]. Per dirla in termini semplici, individui, gruppi e società nel suo complesso vivono (perlopiù) di routine a automatismi. Non potrebbero presumibilmente vivere e sopravvivere se dovessero continuamente inventare, ripensare e pensare ex-novo in che modo fare o vedere una cosa: ciò sarebbe poco sostenibile nella vita quotidiana. Ma altro dovrebbe essere il beruf intellettuale (e che qui interessa).
Come ha efficacemente sintetizzato Etzioni con diretto riferimento alla sfera delle idee, all’interno di una società gli individui conducono la loro vita facendo riferimento a idee e conoscenze “stabili” e sono normalmente poco inclini a consentire a idee e conoscenze “trasformative” di mettere in discussione i presupposti di base e “dati per scontati” su cui sono fondate le loro idee e le loro conoscenze sul mondo, sui molteplici aspetti della vita (di ciascuno e collettiva).
Fosco Giannini: Il regime di destra in costruzione, l’assenza dell’opposizione e il ruolo dei comunisti e delle forze anticapitaliste. Editoriale
Il regime di destra in costruzione, l’assenza dell’opposizione e il ruolo dei comunisti e delle forze anticapitaliste. Editoriale
di Fosco Giannini*
In uno scenario in cui manca una reale opposizione alle forze reazionarie e neofasciste, in cui destra e “sinistra” hanno la stessa agenda politica imperialista, filoatlantista e neoliberista, i comunisti hanno il compito di costruire il nuovo protagonismo delle masse di sfruttati oggi senza voce e depredati della coscienza politica, restituendo loro la speranza in un futuro di liberazione.
* * * *
Il governo Meloni entra in carica il 22 ottobre 2022 (la marcia su Roma è dell’ottobre 1922, che assonanze!). Quali sono gli elementi essenziali che lo caratterizzano? Parliamo di elementi essenziali, non di quelli fenomenologici, di superficie, come le apparenti discrasie tra Meloni, Salvini, Tajani, ma di quelli che ne determinano la natura politica e ideologica di fondo, che ne evocano la strategia, anche quella indicibile.
Cerchiamo di portare alla luce queste “essenze” del governo Meloni e dell’alleanza di centrodestra, di cui le forze più importanti sono Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, attraverso i principali fatti concreti che si sono concatenati in questa prima fase governativa, i principali “grumi” politico-ideologici che sono apparsi, come pustole in via di crescita sul corpo ripugnante del centrodestra e capaci di svelare la natura strategica di questa alleanza di governo.
Piccole Note: La barbarie di addossare ad Hamas la tragedia di Gaza
La barbarie di addossare ad Hamas la tragedia di Gaza
di Piccole Note
“…si possono incolpare 10.000 bambini e neonati per la propria morte senza che Israele abbia nemmeno il minimo accenno di una qualche responsabilità o colpevolezza…”
Il 14 dicembre, una corrispondente della CNN, Clarissa Ward, ha fatto un reportage di Gaza. Un evento in sé: è la prima volta che la più importante Tv americana manda un suo corrispondente a documentare quanto si sta consumando nella Striscia. Sintomo di una nuova sensibilità nell’Impero, che potrebbe essere foriera di sviluppi o soffocata.
Gaza: la colpa? Solo di Hamas…
Il servizio ha ovviamente destato un certo scalpore in Israele, uso a ben altro trattamento da parte dei media mainstream USA. Molto interessante quanto scrive in proposito Gideon Levy su Haaretz.
Dopo aver salutato con gratitudine il reportage della CNN, che ha “aperto una finestra sull’inferno” di Gaza, Levy riferisce il commento postato su X di Breaking the Silence, movimento israeliano che si oppone all’occupazione dei territori palestinesi: “Non distogliere lo sguardo”.
Alessandra Ciattini: Giacomo Leopardi. Poesia e “Ultrafilosofia”
Giacomo Leopardi. Poesia e “Ultrafilosofia”
La dialettica tra ragione, sentimento e immaginazione
di Alessandra Ciattini
Recensione al libro di Antonio Catalfamo, Giacomo Leopardi. Poesia e “Ultrafilosofia”. La dialettica tra ragione , sentimento e immaginazione (Solfanelli, Chiesti 2023)
Per noi italiani Giacomo Leopardi è associato ai ricordi scolastici e a un non sempre comprensibile pessimismo. Eppure la profondità e la complessità del suo pensiero è dimostrata e sviscerata da numerose organizzazioni non solo italiane, ma anche internazionali come il Leopardi Studies at Oxford, il Leopardi Centre di Birminghman, il progetto “L’eredità di Leopardi” portato avanti dal Dipartimento Culture e Civiltà dell’Università di Verona, il Laboratorio della Sapienza di Roma etc. A quest’ultimo si deve una Bibliografia leopardiana, aggiornata al 2012, curata da Giuseppe Manitta. E ovviamente da un’ampia e variegata lettura critica.
Questo rinato interesse nel mondo anglosassone è scaturito dalla prima traduzione integrale dello Zibaldone, opera capitale per comprendere a fondo la concezione del mondo del grande poeta, avvenuta nel 2012.
Gigi Roggero: Per Toni, che ci ha insegnato a cercare l’aurora dentro l’imbrunire
Per Toni, che ci ha insegnato a cercare l’aurora dentro l’imbrunire
di Gigi Roggero
Un ricordo di Toni Negri scritto da Gigi Roggero.
Sì, io temo – che processioni e mausolei, – con la regola fissa dell’ammirazione, – offuschino d’aciduli incensi – la semplicità di Lenin; io temo, – come si teme per la pupilla degli occhi, – ch’egli venga falsato – dalle soavi bellezze dell’ideale
Vladimir Majakovskij, Vladimir Ilic Lenin (1924)
Era l’alba del nuovo millennio. Il millennio che si apre con la globalizzazione sulla bocca e la crisi nel grembo. Il millennio inaugurato, nel novembre del 1999, dalla manifestazione di Seattle: è un nuovo ciclo di movimento globale a inquietare i sonni di chi pensava di aver vinto definitivamente la lotta di classe e chiuso i conti con la storia, altro che millennium bug. In quello snodo, Toni Negri insieme a Michael Hardt formula l’ipotesi del formarsi dell’impero: non più l’imperialismo degli Stati-nazione, ma un nuovo ordine mondiale senza centro, in cui si mescolano poteri democratici, monarchici e aristocratici. E ipotizzano, innanzitutto, il formarsi del soggetto che a quell’ordine resiste e si contrappone, la moltitudine che sembra riempire le piazze del movimento no global.
Emiliano Gentili e Federico Giusti: L’economia non cresce, i sindacati perdono potere di contrattazione e i salari potere di acquisto
L’economia non cresce, i sindacati perdono potere di contrattazione e i salari potere di acquisto
di Emiliano Gentili e Federico Giusti
Stando ai dati Ocse, con l’odierna legislazione chi è entrato da poco nel mercato del lavoro andrà in pensione a 71 anni di età. L’estensione dell’anzianità lavorativa necessaria per il pensionamento, inoltre, con le regole attuali diventa anche una necessità per poter maturare un assegno previdenziale che non sia da fame.
Da alcune ricerche pubblicate a metà gennaio (dal centro studi di Confindustria alla Confcommercio, dal rapporto Istat a quello Inapp e altre ancora, che troverete nelle note finali) si evince il grave ritardo dell’economia italiana rispetto ad altri paesi a capitalismo avanzato. Un ritardo che ha prodotto la riduzione del potere di acquisto della forza lavoro da 40 anni ad oggi e il progressivo smantellamento del sistema di welfare, ormai inadeguato ai reali bisogni.
Basti pensare che una delle proposte più gettonate, fra quelle al momento in circolazione, parla esplicitamente di ridurre le risorse destinate al sistema previdenziale pubblico per rafforzare la previdenza integrativa, non al fine di rafforzare la tutela degli ex-lavoratori anziani ma di sgravare il bilancio dell’INPS.
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