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Toni Iero: Crisi bancaria negli USA: ci risiamo?

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Crisi bancaria negli USA: ci risiamo?

di Toni Iero

Premessa

Ci aspetta il decoupling, ossia il “disallineamento di sistema”? Quelli che si erano illusi che con la globalizzazione il mondo fosse diventato per sempre “uno” si devono ricredere perché invece corre velocemente verso il “due”, verso il West and the Rest, l’Occidente contro il Resto, come dal titolo di un del libro di Niall Ferguson. Colpa certamente della guerra russo-ucraina, ma pure degli alti tassi d’interesse della Federal Reserve che manda in default le banche e spinge il dollaro alla “de-dollarizzazione”.

Per capirci qualcosa pubblichiamo l’articolo di Toni Iero appena comparso sulla rivista bolognese “Cenerentola” (Aprile 2023, n. 262) [Giorgio Gattei].

* * * *

Il recente fallimento di Silicon Valley Bank (SVB) ha riportato alla memoria quello avvenuto nel settembre del 2008 della Lehman Brothers. Fino a che punto si tratta di episodi simili? Siamo di fronte ad un’altra tempesta finanziaria in grado di scuotere i sistemi economici mondiali? Cominciamo col dire che, in realtà, il dissesto di SVB ha origini diverse da quello che travolse la Lehman. Circa quindici anni fa, la banca d’affari americana venne messa in ginocchio dall’insolvenza dei clienti cui aveva prestato il suo denaro. Oggi la banca californiana è stata colpita dal ritiro di ingenti quantità di dollari depositati sui suoi conti correnti. Nel primo caso il problema sorse dal lato dell’attivo (prestiti), questa volta dal lato del passivo (depositi). Per chiarire, in estrema sintesi, una banca raccoglie denaro (conti correnti, depositi) e lo presta (finanziamenti alle imprese, mutui), guadagnando sulla differenza dei tassi di interesse applicati (quello su conti correnti e depositi è, usualmente, molto minore di quello sui prestiti).

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Fulvio Bellini: La Gran Bretagna si propone per affiancare gli Stati Uniti nella guida dell’Occidente

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La Gran Bretagna si propone per affiancare gli Stati Uniti nella guida dell’Occidente

di Fulvio Bellini*

“Marx aveva avuto ragione una prima volta, l’aristocrazia aveva ceduto il passo alla borghesia, ma aveva avuto ragione una seconda, la borghesia si dimostrò immediatamente incapace di ricoprire il ruolo di classe dirigente egemone, non essendo stata in grado di soffocare sul nascere la rivoluzione bolscevica in Russia prima e quella comunista in Cina poi”

Immagine per home articolo Bellini.jfif 1Premessa: la rivoluzione borghese ha fallito

Una rilevante parte dell’opera di Karl Marx si è imperniata sulla descrizione della rivoluzione borghese ai danni dell’aristocrazia di origine feudale, che ancora nel XIX secolo occupava posti di comando in Europa, e con la quale la borghesia trionfante della Rivoluzione francese e della successiva epopea napoleonica doveva ancora spartire il controllo dello stato. Lo abbiamo sottolineato in passati articoli, sotto un certo punto di vista, nel vecchio continente il delicato equilibrio tra borghesia ed aristocrazia, tipico ad esempio dell’élite britannica, ha determinato la nascita della Banca d’Inghilterra prima e del Gold Standard poi; negli Stati Uniti, dove la classe aristocratica con le sue patenti regie ed i suoi privilegi derivanti era inesistente, la borghesia poté esprimere liberamente la propria visione politica e quindi, nonostante due tentativi, una Banca degli Stati Uniti paragonabile a quella inglese non esistette mai, ed il “dollar standard” fu il modello finanziario per la conquista dell’ovest, fatta cioè con carta moneta. In Europa, l’equilibrio tra borghesia ed aristocrazia si ruppe definitivamente a favore della prima con la fine della Grande Guerra, ed il tramonto di antiche dinastie come quella degli Asburgo, degli Hohenzollern e dei Romanov portò con sé la classe che aveva governato dai tempi della caduta dell’Impero romano.

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Joshua Clover: Riot. Una nuova epoca di rivolte

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Riot. Una nuova epoca di rivolte

di Joshua Clover

Claire Fontaine STRIKE K. font V.III 2005 2007 2000x1500 1628x1221Nella collana «Culture radicali» (a cura del Gruppo Ippolita) delle edizioni Meltemi, è appena uscito il saggio «Riot Sciopero Riot. Una nuova epoca di rivolte» di Joshua Clover (traduzione di Lorenzo Mari e postfazione di Into the Black Box). Secondo l’autore la lotta del popolo contro lo stato è scesa in strada inaugurando una nuova epoca di rivolte. Queste sono state la principale forma di protesta nel XVII e XVIII secolo. Soppiantate dagli scioperi all’inizio del XIX secolo, sono prepotentemente tornate alla ribalta a partire dalla crisi economica globale del 1973. Il libro sarà presentato mercoledì 19 aprile alle 19.00 al CSOA Forte Prenestino (via Federico Delpino, Roma), con il Gruppo Ippolita e il Duka. Qui ne anticipiamo un estratto per i nostri lettori, ringraziando l’editore, l’autore e i curatori per la disponibilità.

* * * *

I riot stanno arrivando, alcuni sono già qui e altri sono in preparazione. Non c’è dubbio. Ci vuole una teoria adeguata. Una teoria del riot è una teoria della crisi. Questo è vero, in una dimensione locale e specifica, nel momento in cui i vetri vanno in frantumi e scoppiano gli incendi, quando il riot significa l’irruzione sulla scena, per la durata di poche ore o pochi giorni, di una situazione disperata, di un impoverimento estremo, della crisi di una certa comunità o amministrazione cittadina. Tuttavia, il riot può essere compreso soltanto se lo si considera dotato di valenze interne e strutturali e, per parafrasare Frantz Fanon, nella misura in cui possiamo discernere il movimento storico che gli dà forma e contenuto. A quel punto, ci si deve spostare su altri livelli nei quali la chiamata a raccolta tipica dei riot risulta inscindibile dall’attuale crisi sistemica del capitalismo.

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Paolo De Prai: Unione popolare tra guerra e politica

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Unione popolare tra guerra e politica

di Paolo De Prai

La notizia dell’elezione di Nicoletta Dosio, candidata con Unione Popolare, è sicuramente una ottima notizia per tutti i comunisti, perché frutto di lotte radicate nel territorio, ma sono necessarie alcune riflessioni.

La vacanza romana di Zelenski, poi andato in pellegrinaggio a Parigi, Berlino e Londra dimostra che il viaggio è stato in funzione di qualcosa di grosso che “bolle in pentola” nella NATO e non soltanto la necessità per i nazi-ucraini di chiedere ancora più soldi e armi sempre più sofisticate.

L’atteggiamento da bullo dimostrato da Zelenski nel colloquio con il papa in cui brutalmente gli ha detto di non avere bisogno di mediazioni significa che si sta preparando un salto di qualità nella guerra tra NATO e Russia.

È in preparazione l’invio di aerei militari con tanto di piloti occidentali?

Ci vogliono preparare all’invio di truppe NATO sul fronte ucraino?

Non sono farneticazioni perché per quanto la propaganda main-stream nasconda la realtà l’esercito russo sta operando per la distruzione sistematica sia delle truppe ucraine (R.F. Kennedy J. ha affermato una settimana fa che i soldati ucraini morti sono 300mila!

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Jeffrey D. Sachs: Le guerre americane e la crisi del debito statunitense

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Le guerre americane e la crisi del debito statunitense

di Jeffrey D. Sachs

Per superare la crisi del debito, l’America deve smettere di alimentare il Complesso Militare-Industriale, la lobby più potente di Washington

Nel 2000 il debito pubblico degli Stati Uniti era di 3,5 trilioni di dollari, pari al 35% del prodotto interno lordo (PIL). Nel 2022 il debito ha raggiunto i $ 24 trilioni, pari al 95% del PIL. Il debito degli Stati Uniti è alle stelle, da qui l’attuale crisi del debito americano. Eppure sia ai repubblicani che ai democratici manca la soluzione: fermare le guerre scelte dall’America e tagliare le spese militari.

Supponiamo che il debito del governo sia rimasto a un modesto 35% del PIL, come nel 2000. Il debito odierno sarebbe di 9 miliardi di dollari, invece di 24 trilioni di dollari. Perché il governo degli Stati Uniti ha contratto l’eccesso di $ 15 trilioni di debito?

L’unica grande risposta è la dipendenza del governo degli Stati Uniti dalla guerra e dalle spese militari.

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Fabrizio Poggi: Polonia, servizi Usa e Zelensky. Cosa si cela dietro le nuove rivelazioni di Seymour Hersh?

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Polonia, servizi Usa e Zelensky. Cosa si cela dietro le nuove rivelazioni di Seymour Hersh?

di Fabrizio Poggi

Cominciamo col riportare le affermazioni di una persona che, a differenza di tanti “leccazampe” (il mio babbo usava questa parola per non essere volgare) di produzione nostrana, il giornalista lo fa davvero e da diversi decenni: come minimo, da quando scriveva delle stragi yankee nei villaggi vietnamiti. Basandosi su propri contatti tra i Servizi americani, il premio Pulitzer Seymour Hersh dice che alcuni paesi dell’Europa orientale – tra l’altro, tra i più sfacciati russofobi – cominciano ad averne abbastanza del conflitto in Ucraina e cercano tacitamente di convincere il nazigolpista-capo a trattative di pace.

RIA Novosti riferisce la frase completa di Hersh: «Ora si parla solo della possibile offensiva di ognuna delle parti per fine primavera o estate. Ma si sta preparando anche qualcos’altro, come hanno riferito in segreto funzionari dell’intelligence americana, sulla base di voci di rappresentanti a vario livello dei governi di Polonia, Ungheria, Estonia, Rep. Ceca, Lettonia e Slovacchia. Tutti paesi alleati dell’Ucraina e nemici dichiarati di Vladimir Putin».

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Marta Mancini: E l’uomo creò l’uomo

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E l’uomo creò l’uomo

di Marta Mancini

La recente controversia sui diritti negati ai figli di coppie omogenitoriali apre l’ennesima polemica a matrice binaria tra i sostenitori e gli oppositori della causa, rendendo di fatto interdetta al pensiero la facoltà del dubbio a favore di pretese risolutive quanto sommarie: sui diritti è vietato discutere così come non è ammesso dubitare della triade “dio, patria e famiglia”. Il paradosso di questi veti incrociati porta ad una insana contrapposizione tra la legittimità dei diritti e la liceità dei valori ma soprattutto porta alla confusione di piani che rendono impossibile sondare la complessità della procreazione eterologa da cui nasce la controversia.

Le società sono di per sé organismi dinamici e conflittuali. Ciò che muta è il ritmo e la velocità del cambiamento, mai come oggi sollecitato da un’accelerazione tale che l’introduzione di nuove pratiche sociali anticipa la percezione della loro presenza e del loro bisogno. Al confronto, le trasformazioni che hanno riscritto il costume italico nei decenni passati, hanno avuto un periodo di incubazione che sarebbe incompatibile con l’attuale compressione del tempo.

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Mario De Gaspari: I conti col fascismo

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I conti col fascismo

di Mario De Gaspari

La destra al governo riporta d’attualità una vecchia e irrisolta questione. “In Italia non abbiamo fatto fino in fondo i conti col fascismo”. Per la verità non è che dalla considerazione scaturisca poi chissà quale discussione. Non li abbiamo fatti e fine della discussione. Ad essere precisi c’è ancora qualcuno che impreca sull’amnistia di Togliatti o che rimpiange il mancato “lavacro” inutilmente invocato da Concetto Marchesi. Immancabile, ma anche a questo proposito non si va troppo per il sottile, il confronto con l’esperienza tedesca. In Germania hanno sistemato la questione, forse in maniera tardiva, ma alla fine ci sono arrivati. In Italia invece, dove pure abbiamo avuto una fase di guerra civile che per certi versi è proseguita anche dopo il 25 aprile, ci siamo un po’ fermati, non siamo andati in fondo e la questione del fascismo è rimasta lì in sospeso, o meglio è stata derubricata nel campo della morale o al più della giurisprudenza.

È innegabile che in Germania la condanna del nazionalsocialismo sia entrata nelle coscienze in maniera più profonda, a prescindere dal ricorrente riemergere di raggruppamenti dichiaratamente nazisti.

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Douglas MacGregor: “La verità è che l’esercito ufficiale ucraino è stato cancellato”

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“La verità è che l’esercito ufficiale ucraino è stato cancellato”

Clayton Morris intervista il colonnello Douglas MacGregor

Qui l’intervista su Youtube

bombaIl colonnello Douglas MacGregor rivela la devastante verità sull’esercito permanente dell’Ucraina: è stato cancellato. Il Presidente Zelensky questo fine settimana ha detto che ci sono lunghe file ai centri di reclutamento dell’Ucraina, ma non ci sono prove. La Russia continua a decimare la difesa aerea in tutta l’Ucraina in vista dell’offensiva di giugno.

* * * *

Morris: Poche ore fa, la Russia ha scatenato un massiccio attacco aereo sull’Ucraina. L’Ungheria è arrabbiata perché l’Ucraina ha progettato di far saltare il proprio gasdotto verso la Russia. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania hanno intenzione di inviare altri miliardi di armi all’Ucraina. E Rishi Sunak ha abbracciato Zelensky ieri nel Regno Unito. Quindi tutto questo denaro, tutte queste armi, cambieranno qualcosa? Se non cambierà nulla e cosa è successo durante la notte, lo faremo con il colonnello Douglas McGregor che ci fornirà la sua analisi e i suoi approfondimenti… Colonnello, è un piacere vederti, amico mio. Bentornato alla trasmissione.

MacGregor: Il piacere è mio.

Morris: Parliamo prima di tutto di quello che è successo durante la notte, della strategia e della tattica di quello che è successo durante la notte con Putin che ha lanciato una raffica di attacchi. I rapporti dicono che si è trattato di un attacco devastante da parte ucraina. Gli ucraini però dicono di averli abbattuti tutti. Anche sei missili Kinzhal, i missili ipersonici. Quindi l’Ucraina dice: “Non preoccupatevi, abbiamo tutto sotto controllo”. La Russia dice che hanno colpito tutti e hanno centrato i loro obiettivi. Cosa ne pensate di quest’ultima raffica di missili contro la capitale?

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Alessandro Visalli: Carlo Formenti “Guerra e Rivoluzione”

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Carlo Formenti “Guerra e Rivoluzione”

di Alessandro Visalli

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Il libro di Carlo Formenti è diviso in due testi, la prima parte, “Le macerie dell’impero[1], introduce una profonda rilettura della tradizione marxista, in particolare guidata da una rilettura di autori come Costanzo Preve, Lukacs ed Ernst Bloch. Quindi ricostruisce sinteticamente quegli scenari di guerra di classe dall’alto che nel ventennio abbondante dagli anni Ottanta alla crisi finanziaria aperta (ma non chiusa) nel 2007-8 hanno profondamente ristrutturato il campo dei conflitti sociali in Occidente e nel mondo. Termina il secondo capitolo un bozzetto della ‘mobilitazione totale’ che chiude, per ora, il quindicennio della crisi di sistema degli anni Dieci con la rapida successione della mobilitazione pandemica, prima, e militare, poi. Il primo volume definisce, infine, i “nemici”: il liberalismo tutto, l’impero e le ‘sinistre de capitale’.

Il secondo volume, “Elogio dei socialismi imperfetti[2], parte con gli esempi (come il primo aveva chiuso con i ‘nemici’): la rivoluzione paziente cinese, il socialismo reale e la sua damnatio memoriae, il postneoliberalismo dell’America Latina. Nella seconda parte entra finalmente nel tema della costruzione di un partito di classe, muovendo dall’enorme problema di definire la composizione di questa e passando per una serrata discussione sui fenomeni morbosi del presente, il populismo e sovranismo, le tante facce della ‘libertà’.

Completano il testo una postfazione di Vladimiro Giacché, e alcune appendici affidate a Onofrio Romano (“Un’alternativa di civiltà”), Alessandro Somma (“Il mercato delle riforme. Come l’Europa è divenuta un dispositivo neoliberale irriformabile”), Alessandro Visalli (“Le teorie e la realtà della dipendenza. Una panoramica storica”).

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Paolo Ercolani: “Il transumanesimo è erede dei progetti nazisti”

lantidiplomatico

“Il transumanesimo è erede dei progetti nazisti”

Giulia Bertotto intervista Paolo Ercolani

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5be40f06a9e9bPaolo Ercolani insegna filosofia all’Università di Urbino. Fra i suoi ultimi saggi “The West Removed. Economics, Democracy, Freedom: A Counter-History of Our Civilization” (2016), “Contro le donne. Storia e critica del più antico pregiudizio” (2016), “Figli di un io minore. Dalla società aperta alla società ottusa” (2019), “Nietzsche l’iperborea. Il profeta della morte dell’uomo nell’epoca dell’intelligenza artificiale” (2022). Le sue riflessioni non restano “imbalsamate” nel mondo accademico, ma si calano nell’attualità per cercare di interpretare i cambiamenti della nostra società.

Ercolani si definisce portatore di “Un pensiero critico, rompipalle, contro”: proprio per questo lo abbiamo intervistato.

* * * *

Professore, parliamo di uno dei temi più complessi e destabilizzanti del nostro presente: L’intelligenza artificiale. Di recente lei ha scritto che questo potentissimo -e in fin dei conti sconosciuto mezzo- deve servire l’uomo, non distruggerlo: “La specie più evoluta comparsa su questo pianeta – rischia di estinguersi a causa di (…) un’intelligenza in grado di soppiantare quella umana”. Secondo il suo ultimo saggio “Nietzsche l’iperboreo” il filosofo che demolisce idoli con il martello è ancora tra noi e c’è il suo zampino se siamo passati dall’aspirazione alla vita eterna all’affidarla ad un dispositivo artificiale.

L’intelligenza artificiale, con la sua capacità di creare immagini fittizie e notizie totalmente false sembra realizzare quel concetto nietzschiano per cui “non esistono verità ma solo interpretazioni”.

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Francisco Soriano: Modelli alluvionali

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Modelli alluvionali

di Francisco Soriano

Basterebbe affermare con onesta e olimpica tranquillità che, in cima alle regioni per consumo di suolo anche in territori protetti, c’è l’Emilia Romagna. Sempre più copiosamente i nostri mezzi di informazione mainstream non possono non ammettere l’enorme tragedia: la devastazione che ha colpito in particolar modo la Romagna assume contorni biblici mai visti prima. Dire che la natura è matrigna, anche in questo caso, è semplicistico, fuorviante e disonesto. I numeri hanno la caratteristica di essere estremamente dolorosi, talvolta drammatici: la cementificazione come modello di sviluppo, nella regione muscolare di Stefano Bonaccini, si innalza al 9% di suolo impermeabilizzato, sopra la media italiana già inverosimilmente attestata al 7,1%.

Come di solito capita in questo Paese dopo il verificarsi di una tragedia, si scoprono quelle cause che, in realtà, qualcuno già conosce nei dettagli. Questa drammatica situazione è la prova di quanto siano superficiali le politiche ambientali. Molto spesso, viene da pensare, si è consapevolmente “flessibili” nei confronti di quelle norme che sono state emanate a tutela dell’ambiente.

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F. R.: Il PNRR nelle scuole non guarda alle urgenze. Una scuola dice no, scoppia il putiferio

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Il PNRR nelle scuole non guarda alle urgenze. Una scuola dice no, scoppia il putiferio

di F. R.

Il totem della “digitalizzazione” delle scuole ritenuto il focus dei fondi del PNRR può nascondere un grande omissione sulle urgenze delle scuole pubbliche. A svelare che non è tutto oro quello che luccica, è stato il Consiglio di istituto del liceo romano “Pilo Albertelli” che hanno detto no al PNRR sulla base dei criteri che il ministero intende imporre a tutte le scuole scatenando un vero e proprio putiferio.

Ieri all’Albertelli si è tenuta una assemblea aperta. Gli studenti di Opposizione Studentesca d’Alternativa hanno convocato una conferenza stampa per lunedì 22, alle 7.30, fuori l’Albertelli per far esprimere gli studenti sulle recenti vicende legate ai progetti del PNRR rifiutati dal Consiglio di Istituto.

In una lettera aperta insegnanti, genitori e studenti del Liceo Pilo Albertelli di Roma difendono la scuola pubblica. Anche gli studenti di OSA, molto attiva nella scuola in questione, hanno preso posizione con un comunicato (vedi più sotto).

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Leandro Cossu: Ritorno al vagone ristorante

lafionda

Ritorno al vagone ristorante

di Leandro Cossu

«… Cosa c’è di più glorioso che mangiare filetti di sogliola Bragation attraversando Laroche-Migennes?»

Si è ironizzato molto sulla proposta di Fratelli d’Italia riguardante una multa fino a 100mila euro per l’uso di parole straniere nella pubblica amministrazione. Come da uso italico, il sarcasmo si è però rivolto contro una lettura di questa iniziativa che non solo non era quella dei proponenti, ma avrebbe finito, paradossalmente, per nobilitarla. Per quella minoranza (sottolineiamo: minoranza) di giovani plasmati dall’Anglosfera, e desiderosi di ostendere il capitale simbolico a essa correlata, si tratterebbe di un sacrilegio pagare cashless senza poterlo chiamare cashless, partecipare a un global climate strike senza poterlo chiamare global climate strike, e simili. Significante e significato diventano a loro volta il significante di qualcos’altro: a essere ostentata è la sudditanza culturale e politica agli Stati Uniti, e simili proposte minerebbero in sé la possibilità di una simile προσκύνησις (proskýnesis) spirituale e della totale abnegazione della propria volontà a favore di quello che l’algoritmo di Instagram indicherà loro come verità numinosa e urgenza improrogabile[1].

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Roberto Gabriele: Comunisti alla prova

lantidiplomatico

Comunisti alla prova

di Roberto Gabriele

Una rifondazione inesistente e un identitarismo facilone, attraversato da tentativi corsari di rianimare un soggetto politico scomparso, hanno condannato per decenni l’area comunista, quella storica e quella di nuova generazione, alla ghettizzazione.

Per porre fine a questo stato di cose bisogna riportare il ragionamento (e l’autocritica) a quelli che sono i pilastri di una possibile discussione che appare quanto mai necessaria.

In premessa bisogna dire, e ricordarlo a chi ci ha provato, che la costruzione di un partito, e in particolare di un partito dei comunisti, ha bisogno di individuare e svolgere un ruolo storico su cui la sua azione possa fondarsi. Sembra una considerazione ovvia ma, dati i risultati, non pare faccia parte del DNA di almeno una generazione di rifondatori del comunismo italiano. Il ruolo storico di un partito, infatti, non si basa solo su principi generali, ma anche e soprattutto sulla capacità di affrontare la situazione in cui ci si trova concretamente ad operare. La prima domanda da porsi perciò è questa: i comunisti italiani, se vogliono uscire dal ghetto in cui si sono cacciati dopo l’esperienza Cossutta-Bertinotti, in che modo devono ‘rifondarsi’?

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Paolo Ferrero: Guerra in Ucraina, le scelte Nato rappresentano un criminale salto di qualità

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Guerra in Ucraina, le scelte Nato rappresentano un criminale salto di qualità

di Paolo Ferrero

Le scelte assunte nell’ultima settimana dai paesi occidentali disegnano uno scenario di aggravamento della guerra in Ucraina con rischi drammatici per il nostro futuro. Dieci giorni fa la Gran Bretagna ha annunciato che consegnerà all’Ucraina missili a lungo raggio denominati Storm Shadow e tre giorni fa, al G7, Biden ha annunciato che gli Usa addestreranno piloti ucraini sugli F16 che qualche altro paese appartenente alla Nato darà all’Ucraina. Per avere idea della scelta, i missili Himars che gli Usa avevano dato nei mesi scorsi all’Ucraina avevano una gittata inferiore ai 100 km, mentre i missili inglesi arrivano a 300 km e quindi possono essere lanciati senza problemi sul territorio russo. Per quanto riguarda la fornitura degli F16, è opportuno ricordare che la Nato si è sempre rifiutata di fornire cacciabombardieri all’Ucraina nella consapevolezza che questo sarebbe stato da un lato una chiara scelta di entrare in guerra a fianco dell’Ucraina, dall’altra di un immediato innalzamento del livello dello scontro.

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Sinistrainrete 20230526

Enrico Tomaselli: Aspettando Stranamore?

giubberosse

Aspettando Stranamore?

di Enrico Tomaselli

photo 2023 03 30 17 09 37Non è soltanto questione di mancanza di volontà. A rendere complicato l’avvio di un processo negoziale e di pace in Ucraina sono le condizioni oggettive. O meglio, la posizione soggettiva degli attori in campo (USA/NATO, Russia, Ucraina), i loro obiettivi. Che al momento sono ancora troppo lontani ed inconciliabili perché si dia un terreno di mediazione possibile. Ad essere in stallo, quindi, non è la guerra ma la diplomazia. Ed è in questo che risiede il rischio vero, più che nella volontà dell’una o dell’altra parte: perché qualcuno potrebbe convincersi che è meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine…

* * * *

Vittoria o negoziato

Sostanzialmente, le guerre possono finire solo in due modi: o con la vittoria di una parte, che impone agli sconfitti le sue condizioni (vedi alla voce WWI e WWII), o con un negoziato. Ovviamente, questa seconda ipotesi si dà solo quando il proseguimento del conflitto, e per entrambe le parti, risulta non essere più conveniente. Stiamo parlando di una convenienza complessiva, a 360°, non semplicemente, sul terreno. Deve insomma verificarsi quella particolare congiuntura in cui tutti i soggetti coinvolti, magari per motivi diversi, giungono alla conclusione che una trattativa offra maggiori vantaggi del proseguimento delle attività belliche.

A questo punto, si apre il negoziato, che può anche essere lungo e complesso e necessita non solo di una mediazione forte ed autorevole, ma anche di una effettiva e salda volontà di trovare un accordo. Poiché, è chiaro, tutti cercheranno di ottenere il massimo in cambio del minimo.

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Eisenhower Media Network: “Vedere la guerra attraverso gli occhi della Russia”

lantidiplomatico

“Vedere la guerra attraverso gli occhi della Russia”

Un appello

di Eisenhower Media Network

Pubblichiamo la traduzione completa ad opera di Nora Hoppe dell’appello comparso su una pagina del New York Times ad opera Eisenhower Media Network

Arnold Marshall Leahy KingLa guerra tra Russia e Ucraina è stata un disastro senza attenuanti. Centinaia di migliaia di persone sono state uccise o ferite. Milioni di persone sono state sfollate. La distruzione ambientale ed economica è stata incalcolabile. La devastazione futura potrebbe essere esponenzialmente maggiore, dato che le potenze nucleari si avvicinano sempre più alla guerra aperta.

Deploriamo la violenza, i crimini di guerra, gli attacchi missilistici indiscriminati, il terrorismo e altre atrocità che fanno parte di questa guerra. La soluzione a questa violenza sconvolgente non è rappresentata da più armi o più guerra, con la garanzia di ulteriore morte e distruzione.

Come americani ed esperti di sicurezza nazionale, esortiamo il Presidente Biden e il Congresso a usare tutti i loro poteri per porre fine rapidamente alla guerra tra Russia e Ucraina attraverso la diplomazia, soprattutto alla luce dei gravi pericoli di un’escalation militare che potrebbe andare fuori controllo.

Sessant’anni fa, il presidente John F. Kennedy fece un’osservazione che oggi è fondamentale per la nostra sopravvivenza. “Soprattutto, pur difendendo i propri interessi vitali, le potenze nucleari devono evitare quegli scontri che portano l’avversario a scegliere tra una ritirata umiliante o una guerra nucleare. Adottare questo tipo di approccio nell’era nucleare sarebbe solo la prova del fallimento della nostra politica, o di un desiderio di morte collettiva per il mondo.

La causa immediata di questa disastrosa guerra in Ucraina è l’invasione della Russia. Tuttavia, i piani e le azioni per espandere la NATO ai confini della Russia sono serviti a provocare i timori russi. I leader russi lo hanno ribadito per 30 anni.

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Pierre Dardot, Haud Guéguen, Christian Laval, Pierre Sauvêtre: Macron e la guerra civile in Francia

machina

Macron e la guerra civile in Francia

di Pierre Dardot, Haud Guéguen, Christian Laval, Pierre Sauvêtre

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ab2c4bc16f8346aaa1fb079196c6ffe2mv2Nell’articolo che pubblichiamo, i quattro autori ricostruiscono la parabola di Macron all’interno del più ampio contesto di imposizione della «rivoluzione neoliberista» in Francia, di cui il Presidente francese è espressione. La peculiarità del macronismo, ci dicono gli autori, è «quella di radicalizzare la logica neoliberista nel momento sbagliato, in un periodo in cui tutti i segnali sociali, politici ed ecologici sono in rosso, così da non poter che aggravare tutte le crisi latenti o aperte.

A settembre è prevista l’uscita per DeriveApprodi di «Dominare», l’ultimo testo scritto da Dardot e Laval.

Qui è possibile trovare la versione in francese https://diacritik.com/2023/05/01/pierre-dardot-haud-gueguen-christian-laval-et-pierre-sauvetre-macron-et-la-guerre-civile-en-france/ . La traduzione in italiano è a cura di Davide Blotta.

* * * *

La recente approvazione forzata della riforma delle pensioni non è avvenuta senza critiche. Di Macron si dice quanto sia egoista, arrogante e tutt’altro che intelligente. Ma dimentichiamo che è l’uomo giusto, la cui funzione storica oggi è quella di portare avanti un progetto che va al di là della sua persona. È infatti necessario uscire dalla piccola analisi «psicologica» per considerare con obiettività una politica che, per quanto brutale e a volte tragicamente irrazionale, ha un significato preciso nella storia delle nostre società. Le caratteristiche personali e persino sociologiche di un individuo contano ovviamente, ma solo per aver fatto di Macron questo «signore della guerra» che ammiriamo o odiamo. L’odio, persino la rabbia, che egli ispira in molti, si spiega con l’astuzia delle motivazioni e gli effetti delle sue azioni politiche. Certamente Macron non è Napoleone, e nemmeno Putin. Questa guerra non mobilita aerei o carri armati, è silenziosa, diffusa, a lungo termine, politica e di polizia, ideologica e di bilancio, parlamentare e fiscale.

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Fabio Mini: Biden mente all’America ma la vittima è l’Europa

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Biden mente all’America ma la vittima è l’Europa

di Fabio Mini

Il presidente Usa Joe Biden in discesa nei sondaggi e l’ex presidente Donald Trump in salita verso nuove condanne hanno già cominciato la campagna elettorale. Ognuno a modo suo, ma entrambi senza un argomento decisivo in materia di politica estera e di sicurezza, o di politica economica o di politica sociale. Entrambi sanno però che la prima, la politica di difesa, sarà ininfluente sul voto.

Biden ha cercato di accreditarsi come il presidente che ha ricompattato la Nato, ripristinato l’egemonia sull’Europa e quindi ottenuto il supporto per la guerra in Ucraina. Sono dichiarazioni che hanno convinto quasi tutti gli alleati europei e quasi nessuno in casa propria. Non perché non siano vere ma perché “lontane” dalla geografia e dai pensieri degli americani. Paradossalmente, Biden può contare sul sostegno alla guerra in Europa grazie al fatto che non ha mai spiegato chiaramente ai cittadini americani cosa significhi la guerra in Ucraina e quali siano gli interessi e il coinvolgimento degli Stati Uniti. Si è sempre limitato alla retorica antirussa e alla presunta difesa della libertà e dell’ideologia occidentale.

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Giovanni Iozzoli: Gli sradicati

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Gli sradicati

di Giovanni Iozzoli*

La sera accendi il telegiornale e senti parlare della terza guerra mondiale – così, come uno scenario plausibile, una notiziola tra le altre.

Alle volte, noi persone normali, abbiamo l’idea che le élite del mondo siano composte da pazzi criminali; e più o meno è vero: in mezzo alla gente che conta – presidenti, generali, amministratori delegati, intellettuali – la percentuale di sadici, psicopatici o cleptomani è evidentemente altissima. Altrimenti non si spiegherebbe l’andamento schizofrenico con cui conducono i loro affari, nell’epoca in cui l’irrazionalismo imperialista trionfa su ogni interesse o istanza dell’umanità reale.

Ma la cosa strabiliante non è che i lobbisti d’armi diventino ministri o che gli speculatori siedano ai vertici delle multiutility – in una coerente società capitalistica è normale sia così. No, la cosa che lascia basiti è la passivizzazione di massa a cui è giunta la nostra società davanti a questi moderni assetti di comando; la mancanza di reattività davanti ai nodi tremendi del presente – guerra, futuro dei figli, sopravvivenza, cioè le coordinate basiche, biopolitiche, dell’esistenza umana.

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comidad: Il caso TAV e le coperture giudiziarie dell’affarismo

comidad

Il caso TAV e le coperture giudiziarie dell’affarismo

di comidad

Neppure i media mainstream sono del tutto impermeabili al filtraggio di notizie scomode, perciò il “debunking”, la demolizione delle cosiddette “fake news”, finisce per colpire persino informazioni diffuse dagli organi di stampa che fanno da riferimento al cosiddetto mainstream.

Stavolta è toccato al quotidiano “la Repubblica”, che aveva dato conto della riottosità delle autorità francesi nell’attuare la parte loro spettante per realizzare la Tratta ad Alta Velocità tra Torino e Lione; che, come è noto, prevede un devastante traforo in Val di Susa. Il debunking operato dal solito sito “Open” in realtà non demolisce un bel nulla, in quanto non può bastare una mezza dichiarazione rassicurante da parte di una ministra francese per concludere che la notizia sia esagerata o inattendibile. Non soltanto si dà la possibilità che queste mezze smentite siano state sollecitate dai nostri politici, ma c’è anche da considerare quella prassi comunicativa di lasciar intendere che ci si sta ritirando da un’iniziativa senza però esplicitarlo troppo, in modo da stemperare le eventuali reazioni.

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Leo Essen: Intelligenza Artificiale. Il Creatore di ChatGPT parla di possibile “danno significativo al mondo”

lantidiplomatico

Intelligenza Artificiale. Il Creatore di ChatGPT parla di possibile “danno significativo al mondo”

di Leo Essen

Martedì 16 maggio, Sam Altman, CEO di OpenAI, azienda che ha lanciato ChatGPT, in una audizione al senato di Washington, ha dichiarato che l’intelligenza artificiale può interferire con il regolare svolgimento della vita civile e politica e che, pertanto, il suo uso deve essere regolamentato da parte dei governi. Sono ormai troppe le aziende coinvolte e i soldi spesi. L’IA è ormai entrata in molti processi aziendali. Non c’è più modo di rimettere il genio nella bottiglia. L’unica strada aperta è quella della regolamentazione statale. (Reuters)

Per adesso lo Stato si limita a considerare le ripercussioni che l’IA potrebbe avere sulle elezioni politiche, con la Creazione di false immagini, con la Creazione di falsi discorsi, la Creazione di falsi storici, eccetera.

Anche l’UE si è mossa con prontezza, approvando, giovedì 11 maggio, una proposta di regolamento sull’Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence Act) che punta, entro il 2024, a varare la prima normativa organica sulla materia a livello mondiale.

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Enrico Maria Massucci: “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina”, una recensione

la citta
futura

“Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina”, una recensione

di Enrico Maria Massucci

Recensione del libro di Benjamin Abelow, con prefazione di Luciano Canfora, edito da Fazi, Roma,2023.

Andando oltre le retoriche democraticistiche e le enfasi “wilsoniane”, qualunque storico contemporaneista ben conosce le reali ragioni per le quali gli Stati Uniti entrarono nel Primo conflitto mondiale. A parte la prosaica volontà di recuperare gli ingentissimi crediti accordati all’Intesa, la minaccia non peregrina di una leadership mondiale della Germania e la guerra sottomarina indiscriminata promossa il 31 gennaio 1917 dallo Stato Maggiore tedesco (che direttamente danneggiava i traffici marittimi della potenza d’oltreoceano), una funzione cruciale nell’accelerare l’intervento svolse il celebre “telegramma Zimmermann”, del giorno 16 dello stesso mese e anno. In quel documento, intercettato dai servizi britannici e opportunamente “girato”, il neo-ministro degli Esteri del Reich guglielmino sollecitava l’ambasciatore tedesco Heinrich von Eckardt a proporre al governo del Messico un’alleanza contro gli Stati Uniti (da estendere potenzialmente al Giappone) in cambio della riacquisizione degli ex-territori del Texas, del Nuovo Messico e Arizona, persi nel conflitto del 1846-1848 contro il potente vicino del nord.

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Hauke Ritz: La Guerra contro il mondo multipolare

comedonchisciotte.org

La Guerra contro il mondo multipolare

di Hauke Ritz*

Politici di spicco suggeriscono che si potrebbe rischiare una continua escalation della guerra in Ucraina perché una vittoria russa sarebbe peggiore di una terza guerra mondiale. A cosa è dovuta questa enorme volontà di escalation? Perché sembra non esistere un piano B? Per quale motivo l’élite politica degli Stati Uniti e quella della Germania hanno legato il proprio destino all’imposizione di un ordine mondiale a guida occidentale?

mondo
multipolareNon si può ignorare che il mondo occidentale sia in preda a una sorta di frenesia bellica nei confronti della Russia. Ogni escalation sembra portare quasi automaticamente alla successiva. Non appena è stata decisa la consegna di carri armati all’Ucraina, si è parlato della consegna di jet da combattimento. Un drone spia americano era appena stato abbattuto vicino al confine russo dal passaggio ravvicinato di un caccia russo, quando la Corte penale internazionale dell’Aia ha pubblicato un mandato di arresto per Vladimir Putin. Criminalizzando il presidente russo, l’Occidente ha deliberatamente distrutto il percorso verso una soluzione negoziale e ha portato l’escalation a un nuovo livello. Ma come se il livello così raggiunto non fosse abbastanza alto, la Gran Bretagna ha annunciato la consegna di munizioni all’uranio, considerate armi “convenzionali” che lasciano una contaminazione radioattiva sul luogo dell’esplosione. La risposta di Mosca non si è fatta attendere ed è consistita nella decisione di posizionare armi nucleari tattiche in Bielorussia a stretto giro.

La rinuncia al controllo dell‘escalation

Da dove deriva questa disposizione quasi automatica all’escalation da parte dei politici al potere oggi? È un fenomeno di decadenza? Qualcosa di analogo si verifica quando l’adattamento allo Zeitgeist (lo spirito del tempo) è diventato più importante dell’adattamento alla realtà. Oppure la disponibilità all’escalation può essere spiegata razionalmente? È forse l’espressione di un certo obiettivo politico che è stato minacciato ma che non può essere abbandonato dalla classe politica al potere e che quindi sembra raggiungibile solo attraverso un azzardo?

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Paolo Virno: L’ambivalenza di tre sentimenti del disincanto

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L’ambivalenza di tre sentimenti del disincanto

di Paolo Virno

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3f29a64b6502428bada6dd311ba41d0fmv2Nell’ambito del lavoro sui «decenni smarriti» che stiamo portando avanti, pubblichiamo questo significativo articolo di Paolo Virno, originariamente pubblicato il 3 marzo 1988 su «il Manifesto» e che oggi è possibile leggere in Negli anni del nostro scontento. Diario della controrivoluzione (DeriveApprodi, 2023), che poi sarà sviluppato nel testo «Ambivalenza del disincanto» contenuto in Sentimenti dell’aldiqua. Opportunismo paura cinismo nell’età del disincanto, di cui uscirà a breve una nuova edizione per DeriveApprodi. Intorno a questo libro si articolerà il Festival di DeriveApprodi, che si terrà a Bologna il 9-10-11 giugno.

Lo pubblichiamo su «Transuenze» perché è un testo capace di riassumere bene le trasformazioni nella produzione, nel lavoro e nelle soggettività che si sono determinate negli anni Ottanta.

Per Virno la formazione di soggettività si compie ormai per l’essenziale fuori dal lavoro. Dunque, nell’analizzare la situazione emotiva e il suo rapporto sempre più stretto con le nuove forme di vita, del lavoro e della produzione individua tre sentimenti prevalenti in quegli anni (l’opportunismo, la paura e il cinismo) che combaciano con la versatilità e la flessibilità delle moderne tecnologie elettroniche e che dunque, entrano in produzione.

Inoltre, se è vero che in questa costellazione sentimentale non c’è nulla di buono, essa rappresenta il dato di fatto irreversibile da cui pensare le nuove istanze di trasformazione.

* * * *

Una disamina della situazione emotiva degli anni Ottanta non è svagata peripezia letteraria, né pausa ricreativa posta a mezzo di ricerche ben altrimenti rigorose. Tutt’al contrario, questo approccio ha di mira questioni preminenti e concretissime: rapporti di produzione e forme di vita, acquiescenza e conflitto. È un «prologo in terra» sordo a ogni stormire angelico, inteso a regolare i conti con il decennio in corso, con il senso comune e l’ethos che ne sono scaturiti, con le categorie prevalse nella sua autocomprensione.

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Piccole Note: Ucraina. I proiettili all’uranio impoverito: un pericolo per tutti

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Ucraina. I proiettili all’uranio impoverito: un pericolo per tutti

di Piccole Note

L’Agenzia polacca per l’energia atomica ha smentito le voci su un innalzamento del livello di radiazioni sul proprio territorio. Tale allarme si è propagato in rete dopo le due potenti esplosioni registrate il 13 maggio a Khmelnytskyi, in Ucraina, che hanno distrutto altrettanti depositi di munizioni.

La paura era dilagata a motivo della forma delle esplosioni, il minaccioso fungo atomico, che ha creato la suggestione che a essere presi di mira dai russi fossero i proiettili all’uranio impoverito inviati dalla Gran Bretagna a Kiev, destinati a bucare i carri armati russi. Ma l’esplosione di tali proiettili non avrebbe prodotto funghi atomici.

Fake, ma pericolo reale

Inoltre, l’Agenzia atomica polacca ha spiegato che sì, “c’è stato davvero un aumento delle radiazioni elettromagnetiche in città [a Khmelnytskyi], due giorni prima dell’attacco. Ma, stiamo parlando di un piccolo incremento, del tipo che a volte si può osservare nei giorni di pioggia”. E ha concluso spiegando che non si registra nessuna anomalia radioattiva sul suolo polacco.

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Giacomo Marchetti: Guerra e pace: piromani e pompieri

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Guerra e pace: piromani e pompieri

di Giacomo Marchetti

Il rappresentante permanente cinese all’ONU, Zhang Jun, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 15 maggio, ha fatto appello per una soluzione politica della crisi ucraina che sia il più urgente possibile.

La Comunità Internazionale, per il rappresentante cinese, deve impegnarsi a fondo e fare significativi passi in avanti per mitigare gli effetti umanitari e “fare sforzi congiunti per la de-escalation della situazione ed prossima cessazione delle ostilità”, riporta il canale cinese in lingua inglese CGTN.

Prima di tutto dev’essere compiuto uno sforzo per ridurre la situazione dei civili, secondariamente “la linea rossa della sicurezza nucleare non dev’essere mai attraversata”.

Zhang Jun ha aggiunto che “le armi atomiche non devono essere usate” e che “una guerra nucleare non dev’essere combattuta“.

Un monito asciutto, per nulla retorico.

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Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli: La tendenza alla guerra contro la Cina, con il pretesto di Taiwan

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La tendenza alla guerra contro la Cina, con il pretesto di Taiwan

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

I fatti si rivelano molteplici e indiscutibili, anche prendendo in esame solo i primi mesi del 2023.

“Duecento militari statunitensi risultano ormai presenti ufficialmente a Taiwan dall’ inizio dell’anno. Gli Stati Uniti aumentano le loro truppe a Taiwan Saliranno dalle 30 di un anno fa a 100-200, con l’obiettivo di addestrare le forze armate dell’isola a resistere alla minaccia cinese. Gli Stati Uniti stanno considerevolmente aumentando il numero di truppe dispiegate a Taiwan. Nello specifico, stanno quadruplicando il numero attuale per rafforzare un programma di addestramento per le forze armate dell’isola in risposta a una crescente minaccia da parte della Cina. Secondo i funzionari americani, nei prossimi mesi gli Stati Uniti dispiegheranno sull’isola tra le 100 e le 200 truppe, rispetto alle 30 circa presenti un anno fa. L’aumento delle forze militari espanderà un programma di addestramento che il Pentagono si è premurato di non rendere pubblico, in quanto gli Stati Uniti lavorano per fornire a Taipei le capacità necessarie per difendersi senza provocare Pechino.”

L’alto rappresentante dell’Unione Europea, J. Borrell, ha proposto a sua volta nell’ aprile di quest’anno che tutte le marine militari della UE pattuglino proprio lo stretto di Taiwan.

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Michele Manfrin: Si pensava fosse scienza, invece era Speranza

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Ucraina le ragioni

Indicazioni di lettura di Gian Luigi Betti
Come l’occidente ha provocato la guerra in Ucraina / Abelow 2023.
Contiene
Indice del volume con l’indicazione dei contributi
la prefazione di Luciano Canfora (compreso il file pdf da scaricare)
La premessa dell’A.
L’Introduzione dell’A. con ampia bibliografia
Il link ad una serie di recensione on line del libro
Il link ad un articolo di Marco Travaglio che sintetizza la questione Ucraina.
La guerra di Ucraina è la naturale conseguenza della politica americana che, dopo la caduta dell’Urss, ha preferito proseguire in una Guerra fredda al fine della totale distruzione della Russia come potenza mondiale. Lo storico americano Abelow riporta in questo saggio tutti gli elementi essenziali alla comprensione dei fatti odierni

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Trigilia C. / Capitalismi e democrazie, 2020

Capitalismi e democrazie. Si possono conciliare crescita e uguaglianza? di Carlo Trigilia (Autore) Il Mulino, 2020 EAN 9788815290687
Dossier, contiene
Indice
Descrizione IBS
Recensione di Floridia su Il Manifesto del 15/11/2021

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Hello world!

Salvatore Tinè: Appunti su A. Mazzone, Per una teoria del conflitto. Scritti 1999-2012

marxdialectical

Appunti su A. Mazzone, Per una teoria del conflitto. Scritti 1999-2012

di Salvatore Tinè

Copertina MazzoneAl centro della riflessione di questi saggi raccolti in un volume significativamente e giustamente intitolato Per una teoria del conflitto è il tema gramsciano dell’egemonia che Mazzone riprende e sviluppa sulla base di una interpretazione della teoria marxiana del modo di produzione capitalistico come «modello di processo», ovvero come base economica e materiale ma anche nello stesso tempo parte e momento per quanto centrale e fondamentale del più vasto e concreto processo storico di quella che lo studioso marxista definisce «riproduzione sociale complessiva». Si tratta di una nozione centrale nella riflessione di Mazzone. A partire da essa, egli riformula infatti in una chiave non più economicistica o materialistico-volgare il rapporto tra base economica e sovrastruttura ideologico-politica su cui si basa la dottrina marxista sia come critica dell’economia politica che come concezione materialistica della storia. Mazzone intende infatti per «riproduzione sociale complessiva» proprio il complesso di tutte quella attività umane vitali non solo lavorative che costituiscono la cosiddetta sovrastruttura, senza le quali non potrebbe realizzarsi la riproduzione di quei rapporti di produzione nel cui ambito soltanto operano e si trasformano le forze produttive del lavoro umano associato. È questo nesso inscindibile, sempre storicamente determinato, tra produzione e riproduzione, questo blocco storico per dirla con Gramsci tra struttura e sovrastruttura, che Mazzone identifica con la stessa egemonia, intesa perciò sempre come lotta per l’egemonia, come rapporto di forze mai statico ma sempre in sviluppo e dinamico tra le classi fondamentali della società in lotta tra loro, capitalisti da un lato e lavoratori salariati dall’altro.

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Vincenzo Comito: Le nuove mosse di Biden contro la Cina

sbilanciamoci

Le nuove mosse di Biden contro la Cina

di Vincenzo Comito

Iniziata da Trump, la strategia anticinese americana prosegue con Biden e crescenti pressioni verso alleati europei e imprese restii a recidere i legami con il paese asiatico. Ursula von der Leyen esegue, passando però dal “decoupling” – sganciamento economico – al “derisking”

I risultati del decoupling di Trump

Secondo le informazioni pubblicamente disponibili, è stato a suo tempo sotto la presidenza Obama, di cui ricordiamo il suo slogan Pivot to Asia, che il governo statunitense ha cominciato a preoccuparsi fortemente per la crescita cinese e da allora i tentativi di bloccare, o almeno di frenare, l’emergere del paese asiatico sulla scena mondiale sono diventati sempre più aggressivi, mentre ancora oggi non mostrano certo segni di indebolimento.

È con Trump che apparentemente si comincia a tentare di fare sul serio; il presidente, mentre invitava, peraltro con molto scarso successo, le imprese Usa a lasciare la Cina, introduceva dazi rilevanti su una parte consistente delle merci cinesi, mentre cercava al contempo di bloccare le tecnologie Huawei e ZTE nel 5G, spingendo i paesi alleati a fare altrettanto.

Ma le sue azioni non hanno portato apparentemente a grandi risultati, come mostrano ad esempio le cifre e le valutazioni tratte da un recente articolo apparso sul South China Morning Post (Yukon Huang, 2023). Il deficit commerciale Usa – secondo le cifre avanzate dall’autore – è stato nel 2022 superiore a quello dell’anno in cui Trump si è insediato. Il peso delle importazioni cinesi sul Pil è passato dal 31% del 2017 al 34% del 2022. È vero che la quota della Cina è scesa nel periodo considerato dal 22% al 17%, ma le esportazioni complessive della Cina verso il mondo sono sempre cresciute e in particolare verso quei paesi (Vietnam, Messico, India ed altri) che hanno sostituito la Cina su alcune tipologie di merci. Nella sostanza questi paesi hanno riesportato verso gli Usa semilavorati forniti loro da Pechino. Incidentalmente molte imprese cinesi hanno aperto delle fabbriche in tali paesi, da dove esportare poi negli Stati Uniti.

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Silvia Guerini: Chi finanzia il movimento LGBTQ

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Chi finanzia il movimento LGBTQ

di Silvia Guerini

LGBTQ
headerA livello internazionale stiamo assistendo a una saturazione mediatica delle rivendicazioni trans ed LGBTQ+, ma è davvero una questione di diritti per una molto piccola anzi piccolissima parte della popolazione globale o c’è un’agenda più ampia e più profonda? La causa LGBTQ+ si trova oggi tra i primi posti nell’agenda dei potenti e i suoi sostenitori sono ai vertici dei media, del mondo accademico e soprattutto del Big Business, della Big Philanthropy e del Big Tech.

I finanziamenti del movimento transfemminista LGBTQ provengono da determinate fondazioni e organizzazioni, come la Open Society Foundations (OSF) di George Soros, per citare la più conosciuta. Meno conosciuta, ma particolarmente significativa è la Terasem Movement Foundation del transumanista Martine Rothblatt, “transessuale MtF”, ceo di United Therapeutics, multinazionale farmaceutica e biotecnologica, impegnata in nuove tecnologie biomediche e xenotrapianti, nel cui consiglio di amministrazione siede il noto transumansta Ray Kurzweill. Rothblatt possiede la più grande azienda per la clonazione di maiali per xenotrapianti in un progetto di ricerca in partnership con la Synthetic Genomics, multinazionale che opera nel campo della biologia sintetica del noto Craig Venter[1]. Rothblatt è anche membro della National Academies of Science, Engineering and Medicine, finanziato dal DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency[2]).

Rothblatt, come altri transumanisti impegnati anche in opere divulgative, ha scritto svariati libri per il largo pubblico in merito alla mappatura del DNA, screening genetici, riproduzione artificiale dell’umano.

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Federico Fioranelli: Andre Gunder Frank: sottosviluppo o rivoluzione

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Andre Gunder Frank: sottosviluppo o rivoluzione

di Federico Fioranelli*

“Frank, in “Capitalismo e sottosviluppo in America Latina”, dimostra che il sottosviluppo dei “satelliti” (i Paesi sottosviluppati) viene generato da quello stesso processo storico che genera anche lo sviluppo delle “metropoli” (i Paesi sviluppati), cioè il processo storico mondiale di espansione e crescita del capitalismo”

Andre Gunder Frank, pseudonimo di Andreas Frank, nasce a Berlino il 24 febbraio 1929.

Nel 1941 emigra con la sua famiglia negli Stati Uniti, nel 1950 si laurea in economia presso lo Swarthmore College e nel 1957 consegue un dottorato con una tesi sull’agricoltura sovietica presso l’Università di Chicago e sotto la supervisione di Milton Friedman.

Dal 1957 al 1968 insegna in varie università degli Stati Uniti, del Brasile, del Messico e del Canada.

Dal 1968 al 1973 lavora come professore di sociologia ed economia all’Università del Cile. In questo periodo viene coinvolto nelle riforme del governo di Allende e scrive le sue opere più importanti: Capitalismo e sottosviluppo in America Latina (1969) e America Latina: sottosviluppo o rivoluzione (1971).

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Sergio Cararo: Il governo “balla”, sul MES ma non solo

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Il governo “balla”, sul MES ma non solo

di Sergio Cararo

La giornata di ieri ha visto il governo entrare di nuovo in seria difficoltà, soprattutto sulla questione Mes – il Meccanismo Europeo di Stabilità – che l’Italia non ha ancora ratificato. E meno male, aggiungiamo noi.

Ieri addirittura la maggioranza ha disertato il voto in Commissione Esteri alla Camera, facendo parlare la stampa di “inedito Aventino governativo”. Lo stesso Consiglio dei ministri previsto per ieri è stato rinviato a martedì, per “sopraggiunti impegni personali” di Giorgia Meloni.

La ratifica del MES da parte dell’Italia deve passare al vaglio dei pareri delle altre commissioni prima di approdare alla Camera il prossimo 30 giugno.

Proprio in quella data la Meloni sarà a Bruxelles per il Consiglio europeo – che si annuncia come un passaggio pericoloso per il centrodestra. Da Bruxelles si guarda “con attenzione al dibattito italiano”, fanno sapere fonti europee, e non è un mistero che alla fine ci si attenda alla fine la capitolazione del governo italiano alla ratifica del Mes.

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Andrea Zhok: I quattro indizi che in occidente qualcuno lavora per il “casus belli” nucleare

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I quattro indizi che in occidente qualcuno lavora per il “casus belli” nucleare

di Andrea Zhok

Indizi:

1) Due giorni fa Zelensky ha messo in guardia contro un’operazione russa contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia, richiamando come un precedente (sic!) il caso della diga di Nova Kakhovka.

2) Quasi simultaneamente i senatori americani Lindsay Graham (Repubblicani) e Richard Blumenthal (Democratici) hanno proposto una risoluzione che considera ogni spargimento di materiale nucleare in Ucraina come un atto lesivo per i paesi confinanti e dunque come equivalente ad un’aggressione a paesi Nato, sufficiente a fare scattare l’art. V dell’alleanza.

3) Ieri sono stati arrestati dal servizio di sicurezza russo alcune persone che stavano contrabbandando un chilogrammo di Cesio radioattivo. Al netto dei sospetti russi – dunque di parte – che la destinazione fosse l’Ucraina, è significativa la possibilità stessa che un chilogrammo di un materiale di tale pericolosità fosse disponibile per il mercato privato.

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Piccole Note: Il golpe fallito rafforza Putin, come avvenuto per Erdogan e Maduro…

piccolenote

Il golpe fallito rafforza Putin, come avvenuto per Erdogan e Maduro…

di Piccole Note

Nel fallito golpe russo si possono rinvenire topos narrativi già noti. Uno tra i più gettonati è che in realtà Putin fosse d’accordo con Prigozhin, che cioè il golpe fosse finto, brandito per far venire allo scoperto i traditori in seno all’apparato russo. Si disse anche per il fallito golpe che nel 2016 avrebbe dovuto spodestare Erdogan. Ed erano sciocchezze, come le attuali.

Il golpe era vero ed è stato gestito in maniera intelligente dallo zar, tanto da farlo rientrare in meno di 24 ore senza versare una goccia di sangue (qualche scaramuccia, qualche vittima, ma azioni più che isolate). Si può immaginare se fosse accaduto in America: un’armata ribelle prende il controllo di un’importante città e marcia sulla capitale.

L’aviazione avrebbe decimato l’armata in marcia e l’esercito preso d’assalto la città. Decina di migliaia di morti, lo spettacolo di una lotta fratricida che Putin non ha voluto regalare ai suoi nemici.

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Alastair Crooke: L'”impossibilità di fare altro”: l’Occidente è entrato in una trappola (mortale) senza uscita

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L'”impossibilità di fare altro”: l’Occidente è entrato in una trappola (mortale) senza uscita

di Alastair Crooke

La tragedia che affligge l’Occidente oggi consiste, da un lato, nella pura e semplice impossibilità di continuare a fare ciò che ha fatto – ma dall’altro nell’impossibilità di fare altro.

E perché è così? Perché non esistono più le condizioni che hanno dato origine all’Epoca d’oro che ha creato la “Generazione Comfort”: Credito a tasso zero, inflazione zero, media collusi, energia a basso costo che “sovvenziona” una base manifatturiera sempre più ridotta e sclerotica (almeno in Europa).

Quei decenni sono stati il fugace “momento di gloria” dell’Occidente. Ma è finito. La “periferia” può farcela da sola, grazie! Se la cava bene – anzi, meglio del centro imperiale di questi tempi.

Il paradosso più profondo è che tutte le scelte facili sono alle nostre spalle. E i venti contrari del debito, dell’inflazione e della recessione ci stanno colpendo violentemente. Il “disfacimento” del sistema è già presente sotto forma di debolezza governativa e istituzionale: al “sistema” è mancata la volontà di prendere decisioni difficili quando poteva farlo. Le scelte facili erano ancora disponibili, e la via più facile era invariabilmente quella scelta.

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Fabio Ciabatti: La silenziosa coazione verso il baratro

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La silenziosa coazione verso il baratro

di Fabio Ciabatti

Søren Mau, Mute compulsion. A marxist theory of the economic power of capital, Verso Book, London 2023, edizione kindle, pp. 511, € 8,36 (edizione cartacea p. 340, € 24,29)

Marx 4Il modo più comune per spiegare la riproduzione delle relazioni sociali capitalistiche fa riferimento al potere delle classi dominanti di fare leva sulla forza e sull’ideologia. L’importanza di queste dinamiche non sarà certo negata da chi scrive su una rivista che parla di immaginario e che da tempo insiste sulla deriva bellica del nostro presente. Se però vogliamo dare una spiegazione storicamente determinata di queste due dimensioni del dominio, esse devono essere messe in relazione con i fondamenti materiali del nostro mondo e dunque con un altro tipo di potere che Marx definisce la “silenziosa coazione dei rapporti economici”, vale a dire con il potere economico del capitale. Quest’ultimo, contrariamente a quanto accade con la forza e l’ideologia, si rivolge ai soggetti solo indirettamente, riconfigurando in continuazione le condizioni materiali, le attività e i processi necessari per la loro riproduzione sociale e per assicurare la continuazione dell’esistenza della vita collettiva.

Potrebbe sembrare fuori luogo fermare l’attenzione su questo aspetto in un momento storico caratterizzato dall’esplosione della violenza statale nella sua forma più estrema, la guerra, e dall’assordante volume della fanfara ideologica connessa alle vicende belliche. Ma ci troveremmo a questo punto se il sistema capitalistico non fosse in grado di esercitare un potere astratto, impersonale, semiautomatico che spinge i soggetti, anche al di là delle loro convinzioni, a mantenere immutati i comportamenti quotidiani legati alla loro riproduzione materiale nonostante questi ci stiano portando con ogni evidenza sull’orlo del baratro?

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Di Justin Podur: Stiamo vivendo una de-dollarizzazione?

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Stiamo vivendo una de-dollarizzazione?

di Di Justin Podur* – Globetrotter

dedollarizzazioneLa de-dollarizzazione sembra arrivata, “che ci piaccia o no“, come afferma un video del maggio 2023 del Quincy Institute for Responsible Statecraft, un think tank orientato alla pace, con sede a Washington.

Il Quincy non è l’unico a parlare di de-dollarizzazione: gli economisti politici Radhika Desai e Michael Hudson ne hanno illustrato i meccanismi in quattro trasmissioni tra febbraio e aprile 2023 nel loro programma quindicinale su YouTube, “Geopolitical Economy Hour“.

L’economista Richard Wolff ha fornito una spiegazione di nove minuti su questo argomento sul canale Democracy at Work. Dall’altra parte, media come Business Insider hanno assicurato ai lettori che il dominio del dollaro non è destinato a scomparire.

Il giornalista Ben Norton ha riferito di un’audizione bipartisan di due ore tenutasi al Congresso il 7 giugno: “Dollar Dominance: Preserving the U.S. Dollar’s Status as the Global Reserve Currency“, sulla difesa della valuta statunitense dalla de-dollarizzazione. Durante l’audizione, i membri del Congresso hanno espresso sia ottimismo che ansia per il futuro del ruolo supremo del dollaro. Ma cosa ha spinto questo dibattito?

Fino a poco tempo fa, l’economia globale accettava il dollaro come valuta di riserva mondiale e valuta delle transazioni internazionali. Le banche centrali di Europa e Asia avevano un appetito insaziabile per i titoli del Tesoro americano denominati in dollari, che a loro volta conferivano a Washington la capacità di spendere denaro e finanziare il proprio debito a volontà.

Se un Paese avesse sgarrato politicamente o militarmente, Washington poteva sanzionarlo, escludendolo dal sistema di commercio globale denominato in dollari del resto del mondo.

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comidad: La contestuale criminalizzazione della Russia e del metano

comidad

La contestuale criminalizzazione della Russia e del metano

di comidad

Come è noto, il casus belli dell’ingresso degli USA nella guerra del Vietnam, fu il famoso “incidente del Golfo del Tonchino”. Con tale espressione ci si riferisce ad una serie di episodi segnalati dalla US Navy e datati tra il 2 ed il 4 agosto del 1964. A distanza di pochi anni l’intera ricostruzione dell’accaduto si sgonfiò; in particolare si accertò che non vi era stato alcun attacco da parte nord-vietnamita contro le navi statunitensi. L’aspetto interessante della vicenda non sta tanto nello stabilire se l’incidente fu “cercato” o meno dagli USA, quanto invece nel rilevare come un “non evento” possa assumere le caratteristiche di una narrazione enfatica con effetti reali, come quelli di mobilitare un’intera opinione pubblica a favore della guerra.

A distanza di soli tre anni dal presunto “incidente del Golfo del Tonchino”, alla US Navy toccò invece di subire un attacco vero. Fu il più grave e sanguinoso attacco mai verificatosi dalla fine della seconda guerra mondiale ad un’unità navale statunitense, con trentaquattro morti ed oltre un centinaio di feriti nell’equipaggio della USS Liberty, una nave con compiti di rilevamento elettronico.

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Fabio Mini: Ucraina, la controffensiva si è già impantanata

fattoquotidiano

Ucraina, la controffensiva si è già impantanata

L’avanzata si limita a pochi chilometri

di Fabio Mini

Quanto potrà durare la retorica degli aiuti militari per far vincere Zelensky? Biden punta a ritrovare l’egemonia economica Usa

In genere le prime dieci ore e i primi dieci giorni sono indicativi dello sviluppo delle operazioni. Le prime ore indicano le linee di approccio facendo capire quali sono le principali e le sussidiarie; i primi dieci giorni danno l’idea degli obiettivi, della consistenza dell’attacco e delle sue potenzialità. In Ucraina, le prime ore non hanno chiarito nulla e anzi hanno sollevato molte perplessità: un attacco, o tre o cinque, su 800 chilometri di fronte non consente di capire molto sulla ratio dell’intera operazione. E anche ammesso che ciò sia voluto per sorprendere l’avversario occorre valutare il rischio che nemmeno i propri comandanti sul terreno la capiscano e siano i primi ad essere sorpresi.

Dopo dieci giorni la situazione non è migliorata. Il New York Times cerca di rassicurare sui successi ucraini della “estenuante, ma promettente controffensiva ucraina anche se a caro prezzo”.

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Marinella Mondaini: Nuove armi nucleari Usa in Europa. Il grido di allarme dell’ICAN (totalmente censurato)

lantidiplomatico

Nuove armi nucleari Usa in Europa. Il grido di allarme dell’ICAN (totalmente censurato)

di Marinella Mondaini

Gli Stati Uniti, senza dichiarazioni ufficiali, hanno piazzato segretamente circa 150 nuove bombe nucleari in Europa e precisamente nelle basi aeree americane di cinque paesi europei: Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Turchia. Lo ha annunciato lunedì 12 giugno Alicia Sanders-Zakre, coordinatrice delle politiche della ricerca per la Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN), in una conferenza stampa a Ginevra con i giornalisti accreditati dall’ONU dell’associazione ACANU. “Sebbene non ci siano conferme o smentite ufficiali, sappiamo che ci sono armi nucleari dispiegate in cinque paesi in Europa e in Asia: Germania, Belgio, Paesi Bassi, Italia e Turchia. Secondo gli esperti della società civile, ci sono circa 150 testate dispiegate in questi stati nelle basi aeree statunitensi”, ha affermato Alicia Sanders-Zakre.

L’ICAN, per chi non lo sapesse, significa “Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari”, una coalizione di organizzazioni non governative fondata nel 2007 a Melbourne, in Australia. Mira al completo disarmo nucleare e nel 2017 le è stato conferito il Premio Nobel per la Pace.

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Leo Essen: Rogue State. Il 18 Brumaio di Marx

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Rogue State. Il 18 Brumaio di Marx

di Leo Essen

Nel 1851 Joseph Weydemeyer chiede a Marx di scrivere alcuni articoli su Filippo Bonaparte per un settimanale newyorkese. Marx scrive e invia settimanalmente, fino al febbraio del 1852, una serie di articoli che saranno raccolti nel libro Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte.

Giorgio Giorgetti, nell’introduzione all’edizione Editori riuniti, dice, giustamente, che gli articoli del 18 brumaio andrebbero letti insieme a quelli raccolti in Lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, scritti da Marx da gennaio e novembre del 1850, i quali trattano gli stessi temi ma con maggiore ricchezza di considerazioni e di dettagli.

La verità è che Il 18 brumaio è strepitoso. È un catalogo di personaggi, soprattutto sottoproletari – la Bohème.

Siamo nel 1850 in Francia. Ma potremmo essere in Italia nel 1994, al tempo del Presidente Ciampi. Oppure nel 2014, al tempo della troika in Grecia. Oppure in Argentina, o in Russia al tempo di Boris Eltsin.

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Prabhat Patnaik: Le insidie della crescita guidata dalle esportazioni

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Le insidie della crescita guidata dalle esportazioni

di Prabhat Patnaik

Dopo lo Sri Lanka e il Pakistan, il Bangladesh è diventato il terzo Paese del nostro vicinato ad essere afflitto da una grave crisi economica. Ha chiesto un prestito di 4,5 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale, oltre a un miliardo di dollari alla Banca Mondiale e 2,5-3 miliardi di dollari alle agenzie multilaterali e alle nazioni donatrici. Sebbene il governo abbia fatto buon viso a cattivo gioco, il Bangladesh si trova ad affrontare un crescente deficit commerciale, una riduzione delle riserve valutarie, un rapido deprezzamento della valuta, un’inflazione record e una crisi energetica che ha reso necessarie massicce interruzioni di corrente.

Ironia della sorte, solo pochi mesi fa il Bangladesh veniva salutato come una storia di successo nello “sviluppo” e in effetti, secondo molti indicatori di sviluppo, aveva compiuto notevoli progressi. L’alfabetizzazione femminile era salita al 73%, il tasso di mortalità infantile era diventato la metà di quello del Pakistan, da cui si era separato nel 1971 e il suo “Indice di sviluppo umano” era superiore a quello dell’India, del Pakistan e di molti altri Paesi della regione.

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